DeSidera
Serie: Le Disillusioni (serie di racconti)
- Episodio 1: Le disillusioni
- Episodio 2: Stupida
- Episodio 3: Andreas
- Episodio 4: Requiem
- Episodio 5: Balla per me
- Episodio 6: Saikebon (1/2)
- Episodio 7: Il cielo con le dita
- Episodio 8: Saikebon (2/2)
- Episodio 9: A cosa servono le mani
- Episodio 10: DeSidera
STAGIONE 1
Capita esageri con i carboidrati a cena, ordini legumi, bibite gassate a pranzo. Quel senso estraneo, rinnegato di gonfiore. Capita me lo vada a cercare. Allento la cintura, da sotto la tavola carezzo il ventre senza darlo a vedere. Un gesto puerile, da ragazzina. Eppure. Deve essere così, mi dico, essere piene. Deve essere così. Avere dentro qualcosa.
È l’unico vezzo. L’unico atto di debolezza che a me stessa concedo.
Per il resto non mi curo più di nulla, ho smesso d’indagare. Alle ragazze insegno l’ordine, la disciplina. La devozione. Hanno corpi giovani, ben fatti, menti plasmabili adatte al sacrificio che la danza richiede. Di fronte agli specchi le addestro a sopportare il dolore e la fatica al pari di una missione. Stiro gambe fino alle vertigini, punte tese al soffitto, ginocchia a sfiorare il naso. Sollevo fronti, raddrizzo scapole, premo sulle cosce senza preoccuparmi del male.
«Guardateli.» Durante le prove indico la platea ancora vuota, immaginaria. «Vengono per voi, pagano il biglietto. Si aspettano la perfezione.»
Il giudizio del pubblico le eccita e spaventa nella giusta misura. Le schiene s’inarcano, gli sguardi infiammano. I polpacci spingono ancora di più.
Vieto loro i rapporti. Al pari degli zuccheri, del fumo, dell’alcool, rinchiudo tutto ciò che è dannoso in un’unica frase: «state lontane dai guai». Il tono sacro di chi ha per le mani una parabola. Porto il mio corpo, la mia vita ad esempio. Le ore di sacrificio, i successi, le rinunce. L’abnegazione. Mi seguono incantate, non sanno che ometto da sempre la parte più semplice, quella in cui non ho dovuto scegliere.
Mi sfuggiranno comunque, lo so. Con un compagno di banco dentro i bagni della scuola o ad abbuffarsi di nascosto, la notte, sotto le coperte. Sono pur sempre ragazze, se la andranno a cercare. Ma sarà piacere rubato, goduto a metà.
Thiago viene ogni volta, non perde una prima. Siede nelle prime file, ma sempre in disparte. Osserva ogni passo, ogni movimento, è il mio critico più attento e severo. Dietro la tenda scura delle quinte sento la sua presenza, i suoi occhi soltanto per me. Dopo ogni spettacolo mi raggiunge con un mazzo di rose bianche, le mie preferite. Mi bacia senza curarsi dei giudizi, degli sguardi. La mia bellissima stella, mi chiama. Lo dice a voce alta, ogni volta.
Con le ragazze si congratula a malapena. Ha superato da poco la loro età, potrebbe essere uno zio, il fratello maggiore, eppure quando passa loro accanto non le vede nemmeno.
Mi porge il soprabito, apre lo sportello dell’auto, cammina sempre un passo dietro a me. Thiago è l’ombra che ogni donna vorrebbe avere.
Potrei dire di averlo scelto per molte cose – lo sguardo latino, la propensione al piacere, i quindici anni di meno – a conti fatti io credo di averlo sposato soltanto per il nome. Un nome lontano, di primitiva distanza. Un primo passo di lato, a proteggere la mia integrità.
La diagnosi, per me, è venuta presto. A soli sedici anni, subito dopo un brutto incidente. Non ho avuto modo di capire, sperimentare altro che non fosse quella che è diventata della mia vita la normale condizione.
Guardavo le altre. Le osservavo a scuola, in palestra, dentro gli spogliatoi. Le osservavo scambiarsi ricette, saltare a gambe aperte dopo il coito, scongiurare il pericolo con lavaggi alla Coca Cola – estranea da ogni fatto votavo alla danza il mio ventre già sterile.
Il mio essere donna l’ho scoperto così, costruito per sottrazione, alla luce di quell’ ovvietà biologica che le altre avevano, ma che a me era stata negata.
La prima volta è venuta tardi, non ho sentito nulla. Un tepore acerbo, un vago senso di intrusione. Ho accolto il mio primo orgasmo al pari di un qualsiasi altro traguardo raggiunto. Un’incombenza di meno, un pensiero levato. Subito dopo un sollievo, la sensazione che da lì in avanti sarebbe sempre e soltanto andata meglio. La paura del seme, l’insidia che tanto terrorizzava le altre, a me non è mai toccata.
Negli anni le ho viste, come si fa con gli uomini, a un certo punto smettere di fuggire il momento sbagliato per rincorrere – fiato alla gola – il momento giusto. Le ho viste districarsi tra fiale, stick per le urine, giorni buoni per la temperatura. Le ho viste pilotare il destino. Arrivare piene alla fine del mese come frutta matura o vuote come le stanze, mentre a me questa stramba malasimmetria della vita non toccava di un soffio. Ero già fuori, in disparte – ero un’eletta o un’aliena? La malasorte che m’aveva condannata era la stessa che ora mi levava dall’impiccio, da quel dover scegliere.
Thiago di queste cose non sa nulla, non se ne cura. Non ha famiglia, qui. Non ha nessuno. Una miriade di fratelli, svariati zii, nonni e genitori, ma tutti dall’altra parte del mondo. Della sua terra parla poco, o niente, ma dentro il sangue ne scorre il calore. Potrebbe avere chiunque, ha scelto me. Mi prende per pura passione, senza ambizione di stirpe, infrange i sogni di sua madre dentro il mio ventre inutile.
La mia bellissima stella. Fumo nuda sopra il balcone, lascio colare il suo sperma tra le cosce senza preoccuparmi che vada sprecato.
Mi raggiunge, bacia la nuca, cinge da dietro la schiena.
«La mia bellissima stella.»
Ed è vero. La mia carriera, la mia vita, il mio corpo non ha nulla da invidiare a nessuno, anzi. Per molti, l’invidia sono io. Il mio corpo intatto, esangue, preso ad esempio dalle ragazze e portato da Thiago sopra l’altare. Eppure. Quando mi bacia di nuovo, scompare. Sento l’acqua della doccia scorrere, ma non lo raggiungo subito. Resto a guardare la notte, le luci lontane del cielo, i suoi disegni strani.
Succederà, mi dico, un giorno le vedrà. Passerà loro accanto, per i corridoi o dentro i camerini. Ne prenderà qualcuna. Sono pur sempre ragazzi, se la vanno a cercare. Succederà, mi ripeto. E tu non potrai farci niente.
Serie: Le Disillusioni (serie di racconti)
- Episodio 1: Le disillusioni
- Episodio 2: Stupida
- Episodio 3: Andreas
- Episodio 4: Requiem
- Episodio 5: Balla per me
- Episodio 6: Saikebon (1/2)
- Episodio 7: Il cielo con le dita
- Episodio 8: Saikebon (2/2)
- Episodio 9: A cosa servono le mani
- Episodio 10: DeSidera
Stupendo come sempre Irene. La descrizione delle fatiche a cui la nostra protagonista sottopone le ballerine è fantastica, così come tutta la restante parte del racconto. Bravissima come sempre Irene 👏👏👏
Il vuoto del figlio mai venuto è incolmabile. Eppure, proprio in considerazione di tutte queste sofferenze, a volte penso che sia meglio non mettere al mondo nuove vite senza la certezza che tutto abbia un senso. Forse, però, questa è solo una personale e vana consolazione. Brava, Irene!