Dolci trappole

Serie: Wiccats.


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ci sono momenti in cui lo sconforto sembra soverchiante. I pensieri di resa si fanno prepotenti e il desiderio di lasciare tutto in balia di quel destino crudele e insensibile diventa invitante e quasi liberatorio. Si tende a chiudere gli occhi in attesa dell'onda di marea purificatrice.

Non erano fulmini che quel cielo scuro dalle inusuali formazioni di nubi a mammella stava scaricando sulle bocche senza fondo che masticavano una cittadina indonesiana con la noncuranza di un affamato davanti ad un banchetto luculliano. Quei dardi erano fotoni, ordinati e obbedienti, che seguivano una precisa direzione, con l’umico scopo di colpire con il massimo della concentrazione e forza.
La
luce si abbatteva senza preavviso, fasci dorati accecanti calavano come lance enormi colpendo con estrema precisione ogni bocca aperta nel terreno, ma a vuoto.
La risposta delle voragini non si fece attendere: due tentacoli trapassarono la rotula sinistra dell’enorme scultura mostruosa di terracotta che fu costretta a inginocchiarsi e ad appoggiare un gomito sul palazzo accanto per non perdere l’equilibrio. Il braccio sfondò la parete all’interno della quale alcune persone stavano osservando la scena di un combattimento tra mostri vista solo in vecchie serie giapponesi con Ultraman costretto a lottare contro poco mostruosi umani travestiti da esseri
spaziali.

L’ulna prese in pieno quelle persone ferme ad apprezzare un’azione  tanto irreale quanto spettacolare, ma l’arto le attraversò come fossero fatte solo d’aria, mantenendo quella stessa posa bloccata in un inquietante fermo immagine.
Il mago sorrise: l’incantesimo funzionava.
Idiota. Ti ho detto che la chiave è l’oscurità, la soluzione è l’evocazione.
«Pazu non sei tu? Chi ha parlato?»
Tre lame nere trapassarono la spalla della gigantesca gargolla e sfondarono altre pareti della palazzina.
Non sono io, è lo spirito con gli arcobaleni sulla testa. Compare a caso e dice qualcosa di criptico.
Nthoi. Lo spirito della luce.
L’enorme braccio sinistro di Davide-mostro si staccò cadendo nel parcheggio della palazzina e travolgendo almeno quattro macchine posteggiate una vicino all’altra.
La confusione mentale stava prendendo il sopravvento e pensieri di distruzione infuocata si fondevano con immagini di stampanti fotografiche e alle parole gentili che il fratello maggiore gli rivolgeva riparando il suo computer e si facevano largo tra il fischio di un acufene insistente e la risata di un folletto luminoso e coloratissimo.
Chiamala nel nero assoluto, nell’oscurità più vera.
Lo sguardo indugiò su uno dei tentacoli che gli stavano cancellando il fianco destro e si rese conto che così non aveva alcuna possibilità di vittoria.
Basta. È tutto inutile.
Scaricò tutto il mana accumulato, la mente ritornò traballando ad essere nuovamente lucida. Il commesso, esibendosi in un nudo quasi integrale, se ne stava carponi ad osservare l’assenza del braccio e della gamba sinistra troncata all’altezza del ginocchio. Addosso gli erano rimasti dei brandelli di pantalone, che formavano un boxer risicato, audace e provocante.
Davide! Che stai facendo? Non posso aiutarti così, fammi subentrare che riesco ancora ad allontanarmi!
«Perdonami Pazu, ma sono molto stanco… stanco morto.» sorrise, citando un film che aveva visto anni prima, un sorriso colmo di tristezza.
L’asfalto si aprì in un cerchio sbilenco e frastagliato.

La figura di un ragazzo barbuto, privo di due arti, venne inghiottita da una stradina vicino alla via principale di Jayapura. Gli spettatori rimasero immobili ad osservare una scena che non potevano più vedere. Una nuvola di polvere e terra si sollevò sazia e soddisfatta e una figura nera come una notte priva di stelle emerse da quell’intruglio di terreno e asfalto, cemento ed erba masticati.

Le braccia da otto scesero a due e i gomiti ritornarono al loro numero originario.

Buio e silenzio, era quello che rimaneva di tutta la magia e di tutto il potere di un venditore di computer gentile e molto educato.
Il nero che ricopriva il corpo della seppia oscura, si ritirò formando nuovamente una bellissima chioma riccioluta e libera da legacci o elastici costrittivi.

«Adesso andrò a divorarmi tutti i tuoi gatti, mi senti stregone? Uno ad uno, fin quando non salterà fuori quel cazzo di Libro magico.»

                                                               
   ***
  

Quando Nadine e Lilith iniziarono a studiare un sistema di difesa e attacco da mettere in pratica per affrontare la strega Spaccaossa, sul balcone dell’appartamento al terzo piano, quest’ultima aveva allestito una specie di banchetto fatto di leccornie e snack recuperati nel supermercato vicino casa di Davide.

La lingua parlata da Melanippe era con molta probabilità il tedesco e grazie all’ormai collaudato incantesimo di comprensione, ogni parola scambiata con il suo famiglio dell’orrore, il lemure aye-aye Otto, era chiara e limpida.

Non stava preparando alcuna strategia, nessun piano d’attacco, né preparazione di incantesimi per cogliere di sorpresa il nemico, niente.

Commentava ogni biscotto, ogni merendina e ogni dolciume che il lemure le passava sotto il naso, dava una descrizione dettagliata del gusto, un giudizio sulla consistenza ed infine un voto da uno a dieci come sentenza finale e definitiva. Per ora, il dieci pieno lo avevano ricevuto solo i Nocella PanReady: croccanti grissini a forma di mini filoncini di pane ripieni di crema al cioccolato alle nocciole.

«No, questi biscotti al limone hanno uno strano sapore. La crema al loro interno è stomachevole, nauseante. Voto due. Bocciati.» gettò il biscotto morsicato con diffidenza dal balconcino, il dolce si ruppe in tre pezzi nell’impatto con l’asfalto e fu subito preso di mira da un paio di piccioni spennacchiati.

«Passami quei bastoncini al cioccolato.» indicò con l’indice un’ampia area ricoperta di confezioni di varia misura.

Il lemure osservò il mucchio di sacchettini e scatole gettati alla rinfusa sul balcone, vide dei bastoncini chiamati WaferSticks che corrispondevano alla descrizione di Mele, le porse la scatoletta rettangolare 

«Mi piace la loro forma e il cioccolato non si sta ancora sciogliendo.»
Diede un bel morso mangiando più della metà del bastoncino.

«Sono croccantissimi. Ed il fondente è amaro al punto giusto. Mi piacciono. Voto otto, anzi nove.» Ne mangiò altri due rosicchiandoli come farebbe uno scoiattolo o un criceto. Otto le allungò una piccola confezione con la scritta Klinker Bondadoso.

Nadine piazzò altri due post-it dietro al divano a forma di fiore e sul pavimento vicino al tavolo della cucina. La gatta le indicava, sul libro risputato dalla furetta Juno, quale incantesimo disegnare e dove piazzarlo. Stavano andando avanti da ore… L’appartamento era una vera e propria bomba magica pronta ad esplodere.

Serie: Wiccats.


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