Eredità – parte 1
Serie: Una città di perdenti
- Episodio 1: Compiti
- Episodio 2: Presenza
- Episodio 3: Nella pietra
- Episodio 4: Eredità – parte 1
STAGIONE 1
Mary non se ne stupì nemmeno questa volta, ormai non lo faceva più. Una volta innescati, certi meccanismi erano destinati a rimanere immutabili nel tempo. Acquisivano vigore ad ogni ripetizione, come fanno gli uragani quando dal mare si spingono veloci verso la costa.
Di fronte alle scale che conducevano al piano superiore della casa immersa nel silenzio pomeridiano, come sempre accadeva quando si trovava in quel punto, Mary ritornò col pensiero all’estate del 1982, ai cinque giorni che aveva trascorso con il padre quando aveva 17 anni e avevano guidato attraverso quattro Stati, fino a Memphis, al solo scopo di visitare Graceland, la gigantesca casa coloniale che era stata l’abitazione in cui aveva vissuto e in cui si era spento Elvis Presley, il 16 agosto 1977.
Era stata un’idea di Letho quella di fare quel viaggio. Nell’accettare, in Mary aveva giocato un ruolo di non poco conto la promessa da parte del padre di dividere con lei le quasi duemila miglia da passare dietro al volante, andata e ritorno.
Per una ragazza della sua età, uno come Elvis faceva definitivamente parte del passato, biologicamente morto già quando sua madre era ancora in vita e artisticamente deceduto persino prima. Rappresentava il genere di musica che ascoltavano i vecchi che proprio non riuscivano a rassegnarsi all’idea di aver smesso di essere giovani, trasmessa su quelle radio fatte su misura per loro, mentre il resto del mondo andava avanti innamorandosi con i Journey, risorgendo con i Kiss, inciampando con gli Aerosmith, riscoprendosi in Bruce Springsteen.
Ma il padre aveva tenuto duro sul suo proposito, e dopo tanta insistenza alla fine Mary aveva ceduto.
«Dimmi un po’» le aveva detto una sera finito di cenare, mentre entrambi sparecchiavano la tavola e infilavano i piatti sporchi nel lavandino, «chi pensi che ascoltassero i musicisti che ti piacciono adesso quando ancora non erano nessuno? Quando se ne tornavano a casa in macchina dopo avere finito di suonare in qualche sala prove o in qualche bar di periferia, sognando di diventare famosi?»
«Non lo so» aveva risposto Mary scrollando le spalle, «loro stessi? Magari si registravano mentre cantavano sotto la doccia.»
«Spiritosa signorina. Quello che siamo è l’eredità che ci ha lasciato qualcun altro, non siamo i primi e nemmeno saremo gli ultimi. Vedi, non è soltanto per la sua musica. È perché è un pezzo di storia del tuo Paese, e tu la devi conoscere e rispettare. Dopodiché, sei libera di non fartela piacere. Vale sempre così nella vita. È una questione di sapere dove affondano le tue radici. E pure se un giorno te ne andrai di qua, da dove vieni lo devi sempre tenere a mente. Credi che…»
«Va bene, va bene papà, mi hai convinto. Ci vengo. Basta che mi prometti che non ti porterai dietro delle basette finte, e che terrai a freno gli ancheggiamenti.»
«Per le basette non c’è problema. Per gli ancheggiamenti non ti posso promettere niente. Lo sai che ho il rock’n’roll nel sangue.»
Erano partiti un venerdì mattina soleggiato e avevano guidato con tutta calma lungo strade che sembravano tagliare a metà una sola, gigantesca area boschiva, inframezzata da centri abitati più o meno estesi, evitando le grandi città, fermandosi per la notte a metà strada lungo il percorso, poco distante da Maysville, in Kentucky; raggiungendo Millington la sera di un ventilato e fresco sabato di fine giugno. Distavano meno di venti miglia da Memphis, e lì si erano fermati, nel parcheggio di un un motel lungo la Statale 51.
«Papà, perché ci fermiamo qui?» aveva chiesto Mary non appena il padre aveva spento il motore, le ruote del furgone perfettamente allineate nelle strisce bianche degli stalli riservati ai clienti.
«Perché c’è posto, lo dice il cartello.»
«Intendo dire perché ci fermiamo qui, in questo posto dimenticato dal Signore, e non arriviamo direttamente a Memphis. Mancherà sì e no mezz’ora. C’è ancora luce, per Dio.»
«Sei riuscita a tirare in ballo Dio due volte in una sola frase. Complimenti.»
«Pure Dio si tirerebbe in ballo da solo se fosse in questa macchina. Non possiamo cercarci un posto vicino a Graceland, con forme di vita che camminano sui marciapiedi e dove il rumore delle macchine in corsa non è l’unico suono che ci circonda? Così domani mattina siamo già lì.»
«Un hotel di sabato sera a Memphis? Hai idea di quanto ci verrebbe a costare?»
«Ti ricordo che l’hai proposto tu questo viaggio alla scoperta delle origini, non io. Almeno potresti non costringermi a dormire in una bettola come quella di ieri sera.»
«Non ti ho fatto dormire in una bettola ieri, e non lo farò nemmeno stasera. Perché devi essere così melodrammatica?»
«E tu perché devi essere così spilorcio?»
«Avanti Mary, non è così male qui. Guarda, là c’è il paese, ci possiamo arrivare a piedi. Senti cosa facciamo: ci riposiamo una mezz’ora e poi ce ne andiamo a cercarci un ristorante, quello che vuoi tu. Una bella cena con il tuo papone. Che ne dici?»
«Dico che non ho alternative. E che ti farò pentire di avermi fatto scegliere il ristorante» aveva risposto Mary spalancando la portiera e scendendo dall’auto. Aveva girato dietro al furgone, aperto il bagagliaio e tirato fuori la sua borsa da viaggio, lasciando dentro quella del padre e richiudendo il portellone con una spinta ben assestata. «Ricordati le mie parole: alla fine penserai che era meglio cercare un posto da dormire a Memphis» aveva detto Mary passando a fianco allo sportello ancora chiuso del padre, alzando la voce quel tanto che bastava per farsi sentire anche attraverso il finestrino alzato.
Non si era voltata a guardarlo, ma nonostante questo Letho aveva intuito il tentativo da parte di Mary di soffocare una risata mentre si avvicinava a passo svelto alla reception del motel col borsone su una spalla.
Era pronto a spendere quello che ci sarebbe stato da spendere per la sua bambina quella sera. Quello a cui non era preparato era accorgersi che quella camminata impettita non era più quella di una bambina, ma di una donna.
Serie: Una città di perdenti
- Episodio 1: Compiti
- Episodio 2: Presenza
- Episodio 3: Nella pietra
- Episodio 4: Eredità – parte 1
“Rappresentava il genere di musica che ascoltavano i vecchi che proprio non riuscivano a rassegnarsi all’idea di aver smesso di essere giovani,” perché mi sento chiamato in causa? Bella pagina ragazzo!
In realtà mentre lo scrivevo stavo pensando a me stesso, ma mi sembra di capire sia una sensazione comune😂. Grazie della lettura Giuseppe!
L’intero episodio è magistralmente costruito su quei battibecchi lievi che solo un genitore e un figlio sanno scambiarsi. Mary e Letho si punzecchiano, discutono, ironizzano, ma sotto ogni parola si avverte un affetto profondissimo, quasi timido.
Il viaggio verso Graceland diventa, a mio parere, un rito di passaggio mascherato da gita. Lui che vuole darle le sue radici, lei che sbuffa ma accetta, ancora sospesa tra adolescenza e età adulta.
Mi è piaciuto davvero tanto il momento in cui Letho si accorge che la camminata di Mary non è più quella di una bambina è una piccola, intensa stretta al cuore. Il brano diventa un attimo di consapevolezza in cui l’amore si mescola al tempo che passa, lasciando una dolce malinconia.
Grazie Cristiana, perché ti soffermi sempre su aspetti che a volte sfuggono anche a me.
Ciao Roberto, ho letto questo episodio due volte. Il dialogo tra padre e figlia è un gioiello. Complimenti 👏👏
Sono lusingato da una cosa del genere, non posso che ringraziarti ancora una volta.🙏🏻
“Quello che siamo è l’eredità che ci ha lasciato qualcun altro, non siamo i primi e nemmeno saremo gli ultimi.” e “È una questione di sapere dove affondano le tue radici. E pure se un giorno te ne andrai di qua, da dove vieni lo devi sempre tenere a mente” Se avessi un diario dove appuntare le frasi più belle che ho letto, queste le annoterei nella data di oggi. 👏👏👏
Mi emoziona quello che mi scrivi, grazie infinitamente.
Anch’io mi pongo spesso questa domanda: cosa ascolteranno, in macchina, i grandi musicisti?
Diciamocelo: chi non se l’è mai domandato nella vita? 😂
Grazie per la lettura Arianna!
Bellissimo il finale. Anche se credo che Letho a quella camminata da donna non si abituerà mai del tutto…anzi. Mi piacciono molto questi salti temporali. Ci hai presentato Mary da piccola, poi ci hai aperto una finestra sull’età adulta ed ora il mezzo, la giovinezza. Stiamo scoprendo questi personagg ie il loro bellissimo rapporto un pò come si scoprono i tasselli di un mosaico. Mi piace!
Bene, sono proprio felice che questa storia ti stia piacendo. Avanti così.
Questo botta e risposta tra padre e figlia è fantastico, mi ha fatto sorridere in diversi punti. Come sempre nelle tue storie, ironia ed emozioni sono perfettamente dosate. Bravissimo Roberto!
Cara Melania, i tuoi commenti sono benzina che mi fa andare avanti. Grazie davvero