
Esplorazione
Serie: Urbex
- Episodio 1: Esplorazione
- Episodio 2: Ho capito
- Episodio 3: LUCY
STAGIONE 1
«Come faceva a sapere che saremmo venuti qui, oggi?» domandò Sara parlando sottovoce.
«Non saprei» rispose Virginia. «Il gruppo social, forse.»
Da tempo le riunioni del circolo fotografico si tenevano ogni due settimane, il martedì sera. Molte delle discussioni proseguivano poi in un gruppo aperto che alcuni soci avevano avviato su Facebook. Molti partecipanti non erano soci del circolo, ma leggevano e commentavano in modo attivo.
«Non penso che Giacomo sarà felice sapendo che qualcuno di noi ha parlato di questa esplorazione in pubblico» commentò Sara.
«Appena avremo un momento di tranquillità lo chiederemo a Lucy.»
L’interno dell’edificio si presentava con la stessa maestosità. L’atrio di ingresso aveva soffitti altissimi, in pratica si trattava di due piani, un’ampia scala centrale portava verso una balconata da cui si poteva accedere ai piani superiori. Le finestre murate del piano terra non permettevano l’ingresso della luce, ma il locale era comunque illuminato a sufficienza dalle due ampie finestre ad arco al primo piano.
Il grande spazio era vuoto, tranne che per un enorme camino annerito da decenni di utilizzo, di fianco al quale c’era ancora una catasta di ceppi pronti a dare il loro contributo per riscaldare quella specie di cattedrale.
«Impressionante!» commentò Giacomo. «Fantastico!»
«Un posto dove non vivrei… anzi, dove non trascorrerei neppure un weekend» disse Virginia.
«Non è poi così tremendo» insistette Giacomo. «Immaginalo luminoso, caldo e arredato…»
«Sì… e con quattro domestici che accolgono gli ospiti» replicò Virginia.
«Abbiamo letto qualcosa della storia di questo posto» continuò rivolgendosi a Lucy. «Una specie di ospedale, giusto?»
«Una casa di cura, non un vero e proprio ospedale» rispose Lucy. «In realtà è un luogo dove venivano mandati i ragazzi difficili, quelli che non sottostavano alle regole delle famiglie.»
«Famiglie di un certo livello, mi sembra di capire» disse Sara.
«Sì, sì» rispose Lucy. «Non era certamente per tutti.»
«Una specie di casa-famiglia dei giorni nostri» continuò Sara. «Sono sicura che qui dentro è successo di tutto.»
«Non potete neppure immaginare…» disse Lucy. «Erano i metodi di cura di tanti anni fa, era normale.»
«Immagino che i tuoi genitori ti abbiano raccontato alcune cose, forse non tutto. Forse non conoscono neppure loro tutti i dettagli.» Sara era stupita dal fatto che a una ragazza così giovane, poco più che una bambina, fossero stati raccontati episodi di certo non piacevoli.
«Mio nonno» disse Lucy. «Mi raccontava molte storie su questo posto. Anche quando ero molto piccola. Ho anche visto… molte cose…»
Che stronzo, pensò Sara. «Tipo interessante, tuo nonno. È ancora vivo?»
Lucy sospirò. «No. È morto… anche lui.»
«Ragazze! È ora di muoversi!» Giacomo era davanti alla scalinata. «Vogliamo iniziare a fare qualcosa o restiamo qui a raccontarci le storie delle nostre vite?»
«Sì, andiamo» mormorò Lucy. «Non avete molto tempo.»
«Propongo di fare un giro di perlustrazione non armati» disse Giacomo. «Poi torneremo a prendere le macchine fotografiche e tutto il resto in auto, ok?»
Sul lato destro dell’ingresso si apriva un ampio salone adibito a mensa, da cui si poteva accedere a una grande cucina. Sul lato sinistro due corridoi paralleli portavano verso alcune stanze vuote, un tempo probabilmente utilizzate come uffici dai medici e dagli operatori della struttura.
«Lascerei il piano terra per dopo» propose Giacomo, che era già a metà della grande scalinata.
Salirono fino alla balconata del primo piano. Questa correva lungo tre lati del grande ambiente, tranne che nella parete dove era presente il portone di ingresso e le due finestre. Sulle pareti laterali si aprivano due porte che si affacciavano su altrettanti corridoi. Ognuno di questi ospitava sei stanze e un bagno.
«Queste sono le camere degli ospiti» disse Lucy. «Una volta erano molto belle, ognuna era dipinta con un colore diverso. A me piacevano soprattutto quelle lilla. Adesso, invece…»
«Le hai viste con il nonno quando eri piccola Lucy? Si vede ancora qualche colore?» domandò Virginia aprendo una delle porte centrali. La stanza che si svelò davanti a lei era buia. Non si scorgeva alcuna luce filtrare dalla parete di fronte a lei, dove avrebbe dovuto esserci una finestra. Virginia accese la sua torcia illuminando una piccola camera con due letti un armadio e una cassettiera. Un tavolino su cui era appoggiata una bacinella smaltata, ormai parzialmente arrugginita, separava i due letti. Un odore pungente di muffa la assalì.
Sentì il suo respiro diventare pesante. «Mio Dio!» esclamò.
«Che cosa succede, Virgi?» Odiava essere chiamata così. Gli altri si precipitarono verso di lei.
«La… finestra! Non è chiusa… semplicemente non esiste!» Virginia non era la sola a essere sconvolta.
«Come si può pensare di creare una camera così? È una tomba!» esclamò Filippo.
«Beh, puoi dormire in totale tranquillità, qui dentro» scherzò Giacomo, «di notte e di giorno…»
Senza aggiungere altro spinse Virginia fuori dalla stanza e chiuse la porta.
«Ragazzi! Buio pesto… No, solo una piccolissima lama di luce che filtra sotto la porta. Se spegnete le torce sono sicuro che…» si interruppe.
«Luce dalla parete… Oh merda! Si muove! Devono esserci crepe nel muro… Non c’è più. Puff! Spenta… Saranno i miei occhi…»
«Giacomo!» lo chiamò Filippo tentando di aprire la porta. La rotazione della maniglia non produsse alcun effetto. «Giacomo! Apri tu: da questo lato la maniglia non funziona.»
«Apro io, sì, ma qui è grande. Io… mi sono mosso, non riesco più a trovare la porta. Eccola! C’è di nuovo luce. Viene da… soffitto? Non c’è la maniglia! Ma che… NO! È lei! È LEI! Cazzo… qui gira tutto!»
Urlò. Un urlo che non sembrava avere nulla di umano. Crebbe di intensità e di frequenza per qualche secondo poi si interruppe di colpo.
Qualche istante di silenzio totale, finché si udì ancora la voce di Giacomo. «Ho capito», quasi sussurrò. «Ho capito.»
Poi di nuovo silenzio.
Filippo iniziò a colpire la porta con calci e spallate per tentare di farla cedere. Le ragazze chiamavano ad alta voce Giacomo, senza ottenere risposta.
«Si incastra, talvolta» la voce di Lucy era calma. Si fece largo tra gli altri e raggiunse la porta. La maniglia ruotò senza alcuna difficoltà.
Giacomo era in piedi, rivolto verso la parete di fronte alla porta. Lentamente sollevò la testa e si girò verso gli altri.
«Sono un coglione» disse. «Non prendetemi per il culo, ho sbroccato… un’allucinazione, non so.»
«Può succedere, Giacomo» disse Sara.
«Possiamo andare via, se volete» propose Virginia.
«Non se ne parla!» rispose Giacomo che iniziava a riprendersi. «Ne ho vissute di peggiori… Non so cosa mi sia successo. Una tremenda sensazione di stordimento, tutto che ruotava intorno a me…»
«Qualcosa che hai respirato entrando qui dentro? Muffe? È possibile che diano allucinazioni?» domandò Filippo.
«Magari!» rise Giacomo. «Sai che risparmio?»
«Dov’è Lucy?» domandò Virginia.
«Era qui» rispose Sara, «è lei che ha aperto la porta…»
Serie: Urbex
- Episodio 1: Esplorazione
- Episodio 2: Ho capito
- Episodio 3: LUCY
Davvero suggestiva l’atmosfera, amo questo tipo di ambiente.
“Che stronzo, pensò Sara. «Tipo interessante, tuo nonno. È ancora vivo?»”
Sara sembra avere le idee molto chiare 😂
Come diceva De André: “… la differenza tra idea e azione” 🙂
Molto vivide le descrizioni dei luoghi, hanno reso possibile immaginarli senza fatica.
Ciao Roberto! Descrizioni molto vivide, hai ragione… forse troppo vivide, perché adesso che rileggo a freddo mi sembrano adatte per un’agenzia immobiliare 🙂 Colpa del mio lavoro: chiudo gli occhi e vedo fotografie…
A presto!
Caspita, Antonio! Mi dici che sono due episodi e poi, fregatura 🙂 🙂 🙂
Mi piace molto questa tua miniserie. A partire da come è scritta: un linguaggio assolutamente moderno e dialoghi sciolti che contrastano di netto con l’ambientazione vetusta e spaventosa. I ragazzi, coloriti (o anche ‘colorati’) su uno sfondo grigio, nebbioso e cupo. Il ritmo veloce in contrasto con la staticità di lei che è come se, anziché muoversi con le proprie gambe, venga trasportata da un luogo all’altro senza toccare il terreno. Particolarmente bello il contrasto fra il colore del volto con quello dei capelli. Mi piace molto questo genere di storie, ha il sapore di quelle buone e spaventose di una volta.
Ciao Cristiana! Che dire? Non ho idea del perché abbia scritto due episodi, quando sapevo benissimo che erano tre… Lapsus (tutta colpa di Freud).
Sì, il mio pensiero è andato alle storie horror di una volta, trite e ritrite senza dubbio, ma che mi appassionano ancora oggi.
Ti ringrazio e prometto che il prossimo episodio sarà conclusivo!