Fessura Seconda

Serie: SID- Le Fessure


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Se siete a conoscenza di quanto accadde al Bambino, non potrete evitare la morte. Inutili le armature da cavalieri di cui vi siete rivestiti; verranno trasformate nel piombo che vi farà affondare negli abissi delle vostre responsabilità.

1

-Un cobra! È scattato fuori da quelle rocce – indicai, ancora ansimante– S’è sollevato quasi sino a guardarmi negli occhi, ha spiegato il cappuccio e le sue dimensioni sembravano quelle di un uomo.

– Hai appena toccato la potenza distruttiva di A.01; capisci ora il motivo della contenzione segreta  in cui l’ho relegato?- Mugghiò il Vecchio con voce quasi bassa – Il protocollo di sicurezza ti tiene lontano dalla morte, Maggiore- Bofonchiò il Vecchio, seccato dal mio scatto – Continuiamo il nostro discorso.  Ti sei fatto un’idea sul Soggetto in questa gabbia? Sulla sua specie, dico

Mi ripresi e raggiunsi il tavolo di lavoro, offrendo al Vecchio i risultati degli esami: – Il DNA è Alula, non vi sono dubbi. Ma tutto ciò che vedo non sembra appartenere ad alcuna cultura legata a questa specie. Ho analizzato soltanto tessuti del suo organismo, questo è stato l’unico contatto con A.01. Ma se volete che scopra altro, devo avvicinarlo ed entrare in relazione con lui. Avete tentato di comunicare in qualche modo, prima che arrivassi io?

Ricondussi il mio sguardo al pozzo,  l’ambiente di contenzione di A.01, una stanza all’interno dell’aula, divisa da essa con delle pareti  trasparenti. La lieve luminescenza nata dal pavimento riflettendosi all’interno, pareva aprirsi come i petali d’un fiore, lasciando un dolce riverbero nel quale  scorsi una forma scura muoversi in modo silenzioso. Aguzzai lo sguardo per coglierne i contorni.

-Per Dio!

Balzai indietro

Il Vecchio  aggrottò la fronte: -Fai troppo rumore, tieni bassa la voce!

-Cos’era quella…cosa?-

-Cosa hai visto?

– Ancora il cobra bianco! Ma dov’è adesso? Com’è apparso, s’è dissolto.

Il Vecchio indicò il tumulo di rocce e terriccio al centro della gabbia.

-Non lo vedo, una bestia grossa in quel modo e bianca come la neve dovrebbe risaltare fra la terra.

Dissi.

-Non lo vedi se cerchi ciò che hai  visto.

-Non seguo questi vostri giochi di parole, spiegatevi.

-Guarda senza pensare all’immagine del serpente.

La voce del Vecchio si fece imperiosa, quasi infastidita. 

Un’ombra minuta, immobile nel mezzo d’un lembo d’una foresta del Decimo Mondo, ricreata per mezzo di non so quali artifizi, visto che nessuno è mai riuscito a trapiantare arbusti o a far nascere semi di quel cielo alieno sulla Terra. Un gatto scivolò furtivo fra le sterpaglie, attirando la mia attenzione. Riuscii vagamente a coglierne il colore bruno del mantello, un’ombra più rapida della luce l’agguantò e lo divorò. Almeno credemmo che lo fece, visto che al posto del povero animale non rimase che un’impronta di sangue. Non fui testimone dell’uccisione, ma sapevo ch’era successo. L’ombra tornò sul luogo dove aveva macellato il gatto; riuscii a scorgere un sottile riflesso di luce che ne colpì il labbro, ancora lucido del sangue appena ghermito. Poi allenata la vista a quella semioscurità scorsi una testa emergere dall’ombra. Una grossa testa, dalla capigliatura incolta, zozza, nera come la notte senza stelle.

-Nessuno si avvicina più di quel che serve al pozzo..

Disse il Vecchio, indicando una feritoia nel muro di cemento e acciaio. In quel loculo era stato spinto lo sfortunato felino.

-Qualunque forma di vita entri in contatto con lui, muore. È odio puro, Maggiore, cosa potremmo comunicarvi?

Mi avvicinai, ancora scosso per la fine del gatto. Mia moglie amava i gatti, e, quand’era in vita, ne avevamo una coppia, assieme a un piccolo cane che avevamo trovato sulla strada durante una vacanza. Intanto, l’atmosfera sembrava rischiararsi, poiché i miei occhi stavano avvezzandosi a quelle condizioni.

-Si nutre di animali vivi?

-Non mi sono spiegato, Maggiore. Non è fame la sua. È odio – Replicò monocorde il Vecchio- Non ci da modo di conoscerlo, ho già tre uomini in ospedale e in fin di vita. Le sue aggressioni sono devastanti anche per i soldati più esperti. Inizia a scorticarti la mente. Fa presa sui nuclei più antichi della tua anima. Aggredisce le parti deboli e nascoste delle tue ansie. Ti rovescia, portandoti gli incubi al posto della pelle, per  finirti mentre i tuoi pensieri sono nel caos. Maggiore, tu conosci bene le forme di vita delle Foreste del Decimo Mondo. Non entrare in contatto diretto con il Soggetto; rispetta i protocolli che ho escogitato e non ti farai male. Dobbiamo cercare il suo misterioso e crudele popolo per evitare che entri in contatto con i nostri coloni, con le conseguenze che immagini. A.01 è l’unico soggetto vivo che siamo riusciti a catturare e a trascinare sulla Terra.

2

Mi apostrofarono con tutti i lemmi del manuale di diagnosi psichiatra, quando varcai il confine fra il mio lavoro e la malattia mentale, aprendo il pozzo  il Vecchio mi richiamò all’ordine, ruggendo, ma non prestai orecchio alle sue minacce. I miei colleghi e i soldati di turno nella sala scapparono oltre i confini di sicurezza, armando i laser ai bordi delle pareti. Il Soggetto A.01 non ne sarebbe uscito vivo da quel buco, qualora avesse pensato di farlo, e neppure io, visto che le braccia robotiche sparavano a qualunque cosa si muovesse aliena o terrestre che fosse.

-Matt, Santissimi Numi, smettila di fare il pazzo! 

Mugghiò con voce rasposa  il Vecchio.

-Mi volevi, vero? Non come un soldato. – 

-Matt torna in te, dannazione! 

La voce del Vecchio s’era fatta paternalistica.

Mi spogliai delle armi obbligatorie laggiù. Mi svestii la  tuta anticontaminazione. E rimasi volto a volto con la morte. 

-Eccomi. Possiamo parlare tra noi, non ho più barriere. Se il serpente lo vuole, può uccidermi anche subito, adesso. Non potrò difendermi. 

Il Cobra apparve senza preavviso, alzò la testa, aprendo l’immenso cappuccio immacolato. Mi fissò negli occhi con le sue pupille color rubino. Fra i lembi della sua testa, fusa in essa, eppure allo stesso tempo autonoma, apparve una sagoma piccola, sproporzionata. Le ali appena accennate sulle scapole, occhi troppo grandi per la testa. Un bambino Alula. Non era di una specie diversa quel pulcino. Pensai a quelli che furono gli ultimi istanti della mia vita. Mia Moglie mi chiamò, la vidi in un’aura luminescente della memoria. E mano nella mano lui, il bambino Alula. Era divertito, perché volavano aquiloni variopinti in cielo e il nostro piccolo cane abbaiava. Gli occhi rosso rubino del serpente erano nei miei. Sentii sibilare la sua lingua forcuta sul viso. Mi chiesi quando avrebbe soffiato, irrorandomi di veleno mortale. Nulla di quello che immaginai, accadde. Mia Moglie mi salutò lasciando andare un bacio nell’aria tersa del sogno, e il bambino corse da me. Tutto tornò a essere la realtà che stavo vivendo prima.

-Tu sei solo un bambino.

Parlai a A.01. Non mi rispose, ma sentii i suoi pensieri. 

-Il gatto…- pensai – Tu non hai fatto del male al cane quand’eravamo nel sogno. Non fu l’uccisione di un animale senza colpa, ciò che vidi il giorno che ti sei mostrato a me, non vero? 

Mia Moglie sterzò su un terreno viscido e senza installazioni di sicurezza, lo fece d’istinto. Un bimbo in preda alla disperazione per il suo gatto che gli era balzato dalle braccia. Il piccolo lo inseguì finendo nel mezzo della strada. Lei lo fece per salvare una creatura, senza pensarci. Salvò il bimbo, schivandolo; purtroppo non fece altrettanto con se stessa. Quando arrivai lì, in mezzo ai lampeggianti dei soccorsi, l’immagine del gatto sotto la ruota mi si ficcò dentro per evitarmi di ricordare quella di lei, devastata. Il Bambino legge le nostre memorie. E nonostante  questa sua caratteristica possa venir usata per difendersi, non è un’arma;  si tratta  del suo canale per entrare relazione con la realtà e comunicare con il resto degli esseri. 

Mi aveva fatto rivivere la bellezza di mia moglie; fino ad allora non ebbi più il coraggio di ricordarla, per evitare l’immagine del suo corpo coinvolto nell’incidente. Credo avesse voluto farmi un regalo estemporaneo, come fanno i bambini di solito, quando ti portano i loro disegni. Avevo risposto al suo bisogno di avermi accanto, senz’armi, affinché lo ascoltassi nel suo dolore.  Ho preso il coraggio di apparirgli inoffensivo e lui prese il suo, aprendomi la via della sua voce  interiore. 

-Conosco le Foreste del Decimo Mondo, avete detto bene. – Mi alzai dalla sedia, alla riunione con il Vecchio e i suoi accademici -So da dove viene A.01. Spero solo fra voi, nessuno lo sappia, perché se così non fosse, allora siete colpevoli al pari di quei macellai che hanno fatto a pezzi una famigli per rapire e abusare un bambino. Siete nudi innanzi a ciò che conosco, ovvero il motivo per cui state cercando di ‘addomesticare’ la potenza del fanciullo nel pozzo.- un brusio nervoso corse fra i dignitari dell’istituto –  Hngwan-Kan è una delle Sette Foreste Inviolabili e  nessun Alula vi metterebbe piede senza motivo. Coloro che lo abitano sono lì dall’alba dei tempi, custodi di quella foresta considerata Culla degli Sciamani da innumerevoli generazioni. Lì i morti e i vivi s’incontrano, i mondi entrano in relazione, qualunque siano le distanze e le dimensioni fra loro. Erano diversi dagli altri, ma erano Alula. Il Bambino è potente e voi non conoscete nulla della  sua anima.  Chiunque fra voi sappia di quel che accadde nella Foresta,  è meglio che si leghi un ceppo al collo e si getti nell’oceano. 

Serie: SID- Le Fessure


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi

Discussioni