Fiammeggiante

Serie: Un pessimo desiderio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Il gesto era infantile e stupido. Vendicarsi di un padre assente, distratto e severo, non le avrebbe portato alcun miglioramento alla sua condizione di disagio, ma forse avrebbe scaricato la tensione accumulata.

 Con quella antica e preziosa bottiglia in mano, Martina rigirò il liquido testandone la densità: non sembrava fango, il suono e la velocità di rotazione le davano una buona sensazione.
La stappò con l’intenzione di annusare  il contenuto per  giudicarne l’aroma, ma il telefono squillò nuovamente.
Martina ebbe un sussulto di panico immaginando che il padre avesse nascosto un sistema di sorveglianza video e adesso era stata presa con le mani nel sacco.

Corse in camera sua a prendere il cordless lasciato lì dopo la telefonata della segretaria.
– Pronto? – La voce le tremava leggermente.
– Casa Marini? Salve signora, sono l’insegnante di italiano di sua figlia, mi chiamo Nicoletta Micheletto. La disturbo? – La ragazza tirò un sospiro di sollievo, niente telecamere.
– Salve prof! Sono io, Martina. –
– Ciao Martina! Scusami pensavo fosse tua madre! Come stai? Come va con quell’occhio? –
– Assomiglio al pugile del film… quello degli anni settanta, come è che si chiama? –
– Rocky? – sorrise la professoressa.
– Sì, manca solo il paradenti e l’allenatore che urla di mirare al corpo. Cosa posso fare per lei prof? –
– C’ è tua madre? – chiese l’insegnante.
– È da un pezzo che non la vedo. Mia madre è morta quando ero piccola e mio padre tornerà a casa settimana prossima… forse ho il tempo di guarire, almeno parzialmente! Le avevo chiesto se per favore poteva evitare… –
– Lo so, lo so! Ma non posso far finta di niente, sei stata presa di mira… Oggi ti hanno fatto un occhio nero, ma domani? E niente, tu come stai? Come stai davvero. –
– Starò meglio fra un po’… non appena avrò bevuto la mia bibita zuccherata preferita, mangiato qualche patatina fritta al gusto di cipolla caramellata e ascoltato un paio di canzoni deprimenti. –
– Beh sì, anch’io avrei voglia di mangiare qualche schifezza per tirarmi un po’ su il morale… del gelato al cioccolato! – disse allegramente la professoressa.
– Non è mica una schifezza! Il cioccolato non ha mai fatto schifo! – 
– Tu ci parli con tuo padre? Cioè, parlate davvero voi due? – La professoressa voleva capire meglio la situazione di quella sua nuova e strana alunna.
– Grazie prof! La ringrazio davvero per la sua premura… Passi una bella serata. – Martina riagganciò senza rispondere, né attese il saluto di commiato e si diresse nuovamente nella camera proibita del genitore.

Riprese in mano la bottiglia nera vecchia di qualche secolo e fece ancora una volta girare il liquido ignoto che conteneva. La ragazzina non aveva dimestichezza con i superalcolici, conosceva solo qualche nome tipo il cognac o la vodka, il padre aveva nominato il brandy e la madre era un’amante delle grappe, ma personalmente aveva bevuto solo un mezzo bicchiere di uno spumante scadente durante un orribile compleanno e non le era piaciuto affatto, le era sembrato uno sciroppo per la tosse grassa, ma frizzante.
Tolse il vecchio tappo di sughero con il classico suono.
Avvicinò con prudenza il naso all’anello sul collo della bottiglia, pronta a scostarla rapidamente in caso di una zaffata di odore sgradevolmente putrido. Invece alle narici le arrivò un piacevolissimo profumo di vaniglia e caramello, guardò incredula le incrostazioni su quel vetro nero e opaco. Non sapeva che liquore fosse, ma aveva l’acquolina e avvicinò il cercine alla bocca.
Bussarono alla porta d’ingresso per poi suonare il campanello un paio di volte. Un altro sussulto di panico, ma il padre aveva le chiavi, non avrebbe mai bussato… Tappò la bottiglia e scese a controllare chi la stesse disturbando.
– Chi è? – Dallo spioncino vide un uomo vestito con una giacca fluorescente e catarifrangente: Posta.
– Un pacco per il signor… Marini Edoardo! –
Aprì la porta, firmò il tablet del postino con un dito e ritirò il pacchetto, lungo e cilindrico: un poster? Una mappa antica? Una carota di ghiaccio antartico? Onestamente le importava poco, posò delicatamente il cilindro di cartone a terra vicino l’ingresso.

Stappò ancora una volta la bottiglia, annusò con più sicurezza i vapori alcolici: vaniglia, caramello, legno e una qualche spezia… buono, doveva essere sicuramente buono. Ne bevve un piccolo sorso ancora incerta, aspettandosi un saporaccio amaro o comunque disgustoso, invece era…
– Puella parva est quae sigillum amphorae clausae fregit!! Mala fortuna haec est! – alle sue spalle una voce profonda, grave e perentoria la fece urlare di paura, un grido acuto, quasi stridulo.

– Ma che cazzo? Chi diavolo sei tu? Come hai fatto ad entrare in ca— – provò a dire girandosi con voce tremolante e con il cuore che aveva iniziato a correre scompostamente, ma s’interruppe osservando l’intruso.

La figura alle sue spalle sembrava umana, aveva però la pelle di un rosso scarlatto vivo, la peluria sulle braccia sembrava brillare e i suoi capelli erano di fiamma, un fuoco multicolore che si dimenava tra mille lingue saettanti che non emettevano fumo.

– Tu… tu sei uno djinn! – Martina indicò l’essere che le stava di fronte. Le tremavano le mani, ma non cedette al panico. – Sei un cazzo di genio della lampada! Com’era? “Fenomenali poteri cosmici, in un minuscolo spazio vitale” o qualcosa del genere. –

Un sopracciglio fiammeggiante dell’essere si sollevò quasi a manifestare uno strano sconcerto.

– Tu… – L’essere aggrottò la fronte come a setacciare i vocaboli giusti nel piccolo Bignami di lingua italiana moderna nella sua testa. – la mia natura comprendi? Ma le virtutes da te vantate io non le possiedo. Solo i… Creatori, possono mutare materiam rerum… la realtà. –

L’essere rosso non si muoveva dalla sua posa da copertina di rivista di moda orientale. Dava l’impressione di sforzarsi nel trovare delle parole adeguate a farsi comprendere. Martina notò le braccia, magre ma possenti e che evidenziavano ogni fibra muscolare. Ai polsi, due grossi bracciali argentei, perfettamente levigati a specchio sembravano far risaltare il suo status sociale, non aveva capezzoli, né ombelico, al collo indossava tre collane composte da una serie infinita di pietre tagliate a moneta di turchese, ciaorite e ossidiana, sull’ultima collana un pendente ovale dorato con incastonata una pietra nera dai mille riflessi guizzanti, scarlatti e dorati, catturava l’attenzione.

Serie: Un pessimo desiderio


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Discussioni

  1. Questo colpo di scena non l’avrei mai immaginato. Mi aspettavo una devastazione dello studio del padre, una sbornia memorabile…. adesso sono curiosa di leggere che tipo di legame s’instaura tra Valentina e il Genio. Complimenti questo episodio e molto bello 👏👏

    1. Ah! Agni e Martina sono due personaggi davvero problematici da gestire! Oltretutto Val… ehm, Martina ha delle sue idee molto particolari e una conoscenza ben strutturata sui jinn e sulla loro natura, grazie alla fissazione del padre archeologo. Ma staremo a vedere! Grazie mille del tuo commento! ♥

        1. Tranquilla! 😀 Sono io il primo a ridere, visto che l’altro giorno ho scritto un intero capitolo di Wiccats sbagliando completamente il cognome del protagonista principale! Oh, me lo ricordavo diversamente! Fortuna che mi era venuto il dubbio e sono andato a controllare! Però mi avevi sorpreso tirando fuori quel nome proprio oggi che l’ho utilizzato nella storia! 😀

  2. Un genio della lampada uscito dalla bottiglia di liquore! Fichissimo! devo provare anche io…:)
    Il modo in cui Martina decide di vendicarsi del padre mi ha fatto tenerezza. Forse suona strano, ma vedere una ragazzina ferita che si rifà su un oggetto caro mi ha ricordato episodi che forse un pò tutti abbiamo vissuto. Il padre non vedrebbe mai e poi mai il dolore della figlia, non credo per cattiveria, forse perchè è preso troppo dal suo…e allora, come fargliela capire? Profanando un oggetto a lui “caro”. È forse uno degli inciampi più comuni, tra i genitori…portare i figli a credere di essere meno importanti di un cimelio di valore. Portarli ad attirare l’attenzione nei modi più disperati. Commovente, dolce, magica e misteriosa questa storia. bravissimo Emi! ♥♥♥♥♥♥♥♥♥ (non mi ferma più nessuno ormai con questi cuoricini a pc ah ah ah

    1. Ahahahaha! I cuoricini fatti così hanno il loro fascino. Ma anche i fiori non sono male ♣♣♣ Dai! 😀
      Le reazioni di Martina sono tutte cose che ho avuto modo di sperimentare e saggiare sia su di me, che sui ragazzini che ho conosciuto ai tempi della scuola. Direi che è una soluzione abbastanza comune: non puoi picchiare un genitore, così ci si vendica su qualcosa a cui il colpevole del torto inferto è legato. È infantile, poco efficace e rischia soltanto di peggiorare le cose, ma vuoi mettere la soddisfazione non appena si esegue il danno? 😀