Gita nell’aldilà

Serie: L'eredità di Giacomo


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Thomas fa un po' di introspezione e cancella qualsiasi dubbio su come intende procedere

Avevo una lunga giornata davanti a me e un misto di tristezza, curiosità e paura che occupava i miei pensieri. Realizzai che se mi sentivo così alle otto di mattina, chissà in che stato d’animo sarei arrivato a sera, così decisi di distrarre la mia mente sfiancando il fisico: presi la vanga e dissodai quello che sarebbe diventato il mio orto. Fu una fatica immensa ma il risultato mi inorgoglì. Il sorriso compiaciuto che si era dipinto sul mio volto durò fino a quando sentii, all’improvviso, che avevo braccia e schiena irrigidite e dolenti per quella ripetuta sequenza di movimenti ai quali non erano abituate. Cercai conforto sotto la doccia nella speranza che il calore dell’acqua restituisse elasticità ai miei muscoli ma, rivestendomi, capii che per qualche giorno non mi sarei mosso con disinvoltura. Rinunciai all’idea di pranzare da Piero per non affrontare quei cento metri che mi separavano dal suo albergo. Mangiai pane e formaggio, accompagnando il misero pasto con un paio di birre.

Alla fine, ebbi pietà di me e mi concessi il letto: sdraiato non avvertivo dolore.

Accesi il televisore e cercai un film che potesse rendere meno penose le ore di attesa che avevo davanti.

Scelsi “I figli degli uomini”, film distopico che avevo visto senza la lucidità necessaria per apprezzarlo: Pino, quella sera, c’era andato giù pesante nel preparare le sue miste. Lo guardai volentieri ed ebbi conferma di un gran bel film ma troppo breve: le ore che mancavano all’appuntamento con Jurgen erano ancora molte.

Mi avviai, con estrema lentezza, all’albergo, nella speranza che i miei amici avessero bisogno d’aiuto.

Marisa, Piero non c’era, mi accolse a braccia aperte.

«Davvero vuoi renderti utile?» mi chiese stupita, «Ti va di pulire questo radicchio di campo?»

Posò sulla tavola due ceste piene di un’erba che non conoscevo e, dopo che le ebbi ribadito la mia disponibilità, mi spiegò come fare.

«Mi raccomando Thomas, c’è sempre qualche cliente che si lamenta per qualche granello di terra, poi mangiano porcherie del supermercato ma qua pagano e hanno tutto il diritto di reclamare.»

Ci misi una vita: misi i teneri germogli in ammollo, li lavai e risciacquai finché ritenni che il risultato fosse ottimale.

Quando Piero rientrò mi disse:

«Come ti ha convinto a farlo? Io mi sono inventato una scusa per evitarlo e tu… non è che ti interesserebbe diventare socio? Scherzo. Ma non troppo.»

Cenammo assieme, in cucina, come piaceva a me. Avrei voluto dire loro che li amavo, che ero grato mi avessero permesso di entrare nella loro vita ma quel maledetto pudore che ci frena nelle manifestazioni più vere me lo impedì.

Terminata la cena chiesi di pagare e mi mandarono gentilmente a quel paese.

Tornai a casa con la tensione che aumentava. Facile dire rilassati: avevo in programma una gita nell’aldilà senza sapere cosa avrei trovato e se sarei tornato. Vacillavo, inutile negarlo, la paura di avventurarmi nell’ignoto, di affidare la mia mente a una persona che neanche avevo mai visto mi turbavano profondamente.

Chiamai Jurgen con qualche minuto di anticipo:

«Ah, sei impaziente Thomas?»

«No, semplicemente terrorizzato.»

«Capisco, davvero. Nemmeno mi conosci…»

«Non so cosa mi aspetta, Jurgen, è peggio di un intervento chirurgico, almeno in quello hai l’anestesia.»

«Va bene Thomas, tranquillo, ho tale rispetto per la vita, tutta, che non metterò certo a repentaglio la tua. Se monitorandoti vedrò segnali pericolosi interromperò la simulazione e sarò il primo a sconsigliarti di andare oltre ma se vuoi fermarti subito ti capirò. Dimmi tu.»

«Siamo in ballo, balliamo», dissi poco convinto, «cosa vuoi che succeda, male che vada andrò a fare compagnia a Giacomo, ovunque si trovi.»

«Bene, posiziona due elettrodi sulle tempie, il terzo alla base della nuca.»

Seguii le sue istruzioni e gli diedi il via.

«Ora una musica dolce ti accompagnerà all’incoscienza e sul mio monitor vedrò quando iniziare. A dopo Thomas.»

Una dolcissima nenia, credo irlandese, mi tolse dalla Terra e mi portò nel nulla. Poi cessò dando il via a una sequenza di bassi che spingevano per farmi uscire il cuore dalla gola, un tam-tam ritmato introdusse mostri che strisciavano sul mio corpo ricoprendolo di bava, enormi lombrichi mollicci che si infilavano ovunque. Sentii solletico e mi sembrò di ridere nel sogno. I vermi lasciarono il posto a una moltitudine di scarafaggi che mi ricoprivano ovunque, provai un po’ di nausea per gli escrementi che depositavano sui miei occhi ma ero quasi annoiato. Avrei voluto dire a Jurgen che quando, diciottenne, mi facevo di acido vedevo cose ben peggiori, sperai leggesse il mio pensiero e probabilmente fu così perché cambiò l’ambiente: ora ero in mare circondato da squali che smembravano il mio corpo e poi nel Rio delle Amazzoni, preda dei piranha, sentivo il loro morso sui polpacci ma il loro insistere, come quello degli squali, non mi provocava la minima reazione. Mi vidi seppellito vivo e lo trovai banale e poi perso nello spazio dove mi mancava il fiato più per la meraviglia che per l’assenza d’aria. Dopo una breve pausa mi ritrovai davanti a un cancello sul quale la scritta inneggiante alla libertà data dal lavoro cancellava ogni dubbio di posizione. Ero una giovane madre a cui veniva strappato il figlio dalle braccia e sentii, profondo, il dolore. Fu un attimo, ed ero una ragazzina vietnamita, nuda e ustionata dal napalm e poi un uomo legato a una croce in mezzo al gelo di un gulag siberiano, le ginocchia spezzate e una muta domanda: perché?

Urlai, urlai il terrore e la rabbia di un’umanità incompresa, imbrogliata e violentata da chi avrebbe dovuto tutelarla. Sentivo lo strazio e le lacrime e implorai che tutto sparisse.

Poi fu il nulla, leggero, consolatorio e la nenia iniziale mi guidò al risveglio.

«Buongiorno Thomas,» Jurgen mi accolse così tra i vivi «come ti senti?»

«Sono contento di essere sveglio. Lo sono davvero?»

«Si. Sono stupito dalla tua mente. Non hai mai avuto sentore delle tue potenzialità?»

«Ma cosa stai a dire che avrei voluto morire piuttosto che provare tanta angoscia?»

«Tranquillo ragazzo, fossi uno scommettitore punterei tutto su di te.»

Serie: L'eredità di Giacomo


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Discussioni

  1. Attraverso una velocissima triade d’immagini hai sottolineato come il male non abbia ideologia. Nazismo, comunismo, democrazia occidentale… non si salva nessuno.

  2. “Avrei voluto dire loro che li amavo, che ero grato mi avessero permesso di entrare nella loro vita ma quel maledetto pudore che ci frena nelle manifestazioni più vere me lo impedì.” Bellissima frase. Con me, Jurgen, si sarebbe fermato alla prova degli scarafaggi, per me sono il vero Horror😳