I casi umani della Brennero

Il mio calvario giornaliero inizia e termina sulla Brennero, la linea storica che collega il Sud Tirolo a Bologna.

Come in ogni linea ci sono i pendolari e tra essi si distinguono alcuni personaggi più o meno eroici che si stagliano variopinti e caratteristici contro il grigiore quotidiano.

Vi è tra essi il professore universitario di Bologna, vestito impeccabile con barba e capelli lunghi grigi e curatissimi, il fricchettone sportivo sempre in abbigliamento tecnico, il panzone che studia da agronomo, l’operaio già in tuta da lavoro, il gruppo di nigeriani abili a imboscarsi all’arrivo del controllore…

e poi ci sono alcuni elementi non proprio a posto di testa che salgono via via.

Non so i loro nomi, li ho ribattezzati per dar loro un senso.

A Poggio sale Miranda.

Può avere dai 35 ai 55 anni, a seconda di come si sveglia la mattina.

Capelli lunghi e grigi, occhio azzurro vacuo, vestiario sciatto.

E’ il terrore dei dormienti poiché cerca sempre qualcuno con cui attaccar bottone e poi parlar lei sola con voce alta, monocorde e ininterrottamente per tutto il viaggio.

Chi la conosce la evita (voltandosi dall’altra parte, fingendo di dormire,nascondendosi sotto il cappuccio, suicidandosi) poiché basta che lei ti si sieda nei paraggi, ti faccia una domanda incomprensibile a cui tu rispondi “Come scusi?” e sei fottuto.

Ho visto viaggiatori inesperti, compassionevoli prima, inchiodati e terrorizzati dalla sua parlantina poi, che cercavano disperatamente un appiglio qualsiasi per liberarsi dalla morsa mortale.

Inutilmente.

La tortura inizia da vicende insignificanti

(ieri ho comprato una borsa rossa, e ho visto anche una macchina verde che non se ne vedon molte eh, hai mai visto delle macchine verdi? ma non verde, scusa la parola, pisello eh eh, verde oliva, più scuro. che poi avevo un golf di quel colore….),

per proseguire con i racconti della sua vita banale, fino a esplodere improvvisamente verso un turpiloquio possente e aggressivo all’indirizzo di un suo ipotetico ex marito, fuggito con la sua amante dodicenne.

Per fare la sua conoscenza, basta per errore prestarle una volta attenzione per 4 secondi: si viene schedati come suoi confidenti intimi per sempre e poi non c’è scampo.

Una volta, in uno scomparto completamente vuoto, mi si è seduta davanti.

Fortunatamente avevo gli occhiali da sole e ho finto di dormire: per tutto il tempo immobile in una posizione che mi ha creato una cervicale biblica, ma mi sono salvato.

A Bologna, al ritorno, sale Mexico ’82.

Lo chiamo così perché è vestito in giacca e camicia (sempre la stessa, gialla) e sembra normale, ma ci ha ‘sta cintura con una fibbiona gigante (tipo quella da campione mondiale di pugilato) con inciso in rilievo Mexico ’82.

Estrae dalla sua valigia pezzi di giornale che finge di leggere (alle volte sono a rovescio) e poi strappa in frammenti minuscoli, scuotendo la testa.

Controlla ogni 3 minuti l’orologio e se il treno sta ritardando, secondo le sue stime, si lancia esclamazioni innocue come “Per Diana! Cribbio! Ma che Diamine! Non è tollerabile!” in contrasto però con una ferocia e un volume sonoro degni di un bestemmiatore professionista.

Immaginatevi uno che guarda l’orologio e urla “ACCIDENTIIIIIIIIII!!!!! E’ OLTREMODO INTOLLERABILE QUESTO COMPORTAMENTO DISDICEVOLE DA PARTE DELLE FERROVIE ITALIANEEEEEE!!!!!”.

Degno di Lewis Carroll, in un certo senso.

Sulla tratta, talvolta, Fritz.

Fritz sarà alto un metro e 70 e pesante 150 kg: il suo massimo splendore lo raggiunge nel periplo del girovita, perchè sembra che si sia ingollato la giostra dei cavallini intera.

Sostanzialmente il Gabibbo.

Ebbene, costui sale a inizio treno e lo prosegue alla ricerca spasmodica forse di un posto (purtroppo non ne esistono per contenerlo) fino in coda, in preda a un panico crescente e travolgendo tutto ciò che incontra se questo non viene spostato.

Una volta mi è capitato di vederlo in azione con una ragazza che aveva messo una valigia gigante e pesantissima (ma perchè le ragazze hanno sempre valigie giganti e pesantissime?) in mezzo al corridoio, non riuscendola a issare sul portabagagli.

Ah, Fritz ha la caratteristica di parlare con marcato accento tedesco e soprattutto in falsetto.

Da 15 metri di distanza ha cominciato a gridare sempre più forte:”Permezzo scuzi, defo passare, jà, può spoztare zua valigen jà?Defo passare, defo passare sposti sposti sposti sua faligen spostaa suaaaa faliciaaaaaaaa!!!!!!

(le ultime 8 “a” scagliate con un acuto degno di mandare in malora parecchie botteghe vetraie di Murano)

la ragazza terrorizzata ha sollevato disperatamente la sua valigia e se l’è tirata addosso facendosi scricchiolare varie ossa, ma giusto il tempo necessario a far passare il tifone altoatesino;

purtroppo per lei il tifone, arrivato alla fine del vagone e accorgendosi che il treno era terminato, con un impetuoso dietro-front si preparava a tornare alla carica con un tasso di panico in crescita esponenziale.

In quattro abbiam tirato su valigia, ragazza e per sicurezza un pechinese di una vecchia nelle vicinanze e li abbiamo riposti in salvo sul porta bagagli in alto, prima che il turbine travolgesse tutto e tutti

E insomma in genere questi son gli spettacoli che mi si snocciolano davanti gratis ogni santo dì che passo da pendolare.

E ho scritto tutto.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Francesco, il tuo libriCk mi ha fatto sorridere al ricordo dei viaggi in treno per andare all’Università. Quando si rispettano gli stessi orari è normale che si creino dei microcosmi e quello da te descritto mi ha fatto fare una risata (che oggi, ti assicuro, ci voleva proprio…) 😀