I VERBI DIFETTIVI*

*I verbi difettivi sono quei verbi che non si lasciano dire del tutto. Ci inciampi parlando, ti tradiscono nel momento in cui cerchi di coniugarli e, alla fine, ti costringono a fermarti. È lì che il trucco del linguaggio si rompe — e si svela. Per un attimo, il parlare si fa visibile. Il linguaggio si accorge di se stesso.


È così che apri il libro: a mani nude.

La lettura è un’autopsia brutale: dissezione di un corpo vivo.

Il rumore lieve della carta, il peso che preme sulle dita. Un profumo intimo e viscerale di stampa.

D’inchiostro.

Fuori, il giorno scorre lento. Dentro, tutto è fermo.

La luce gialla sulla pagina, il silenzio della casa, i rumori calmi della strada.

T’immergi.


Stai leggendo queste parole.

Stai leggendo come chi attraversa uno specchio.

Dietro la pagina ci sei ancora tu.

Ti fermi un momento. Un trucco stilistico, pensi. L’ennesimo. Continui.


Ti vedi. Ti vedi mentre leggi. E nel vederti, inizi a scriverti.

Ogni parola ti racconta, affinché tu possa riconoscerti.

C’è un obliquo senso di scivolamento.

Come se il testo ti precedesse nei pensieri.

Lo senti uscire con la tua voce, ma è una voce futura.

I tuoi occhi scrivono ciò che leggi.

Ogni frase è tua prima di possederla.

Ti sei già letto. Ti stai leggendo di nuovo.

Respiri più piano. Qualcosa cambia, senza cambiare. Come un’eco.


Adesso immagini l’autore. Lo vedi scrivere queste stesse righe. Ma non è qualcuno fuori di te: è la tua immaginazione che lo genera.

Lo scrittore esiste solo se tu lo leggi scriverti.

Le parole diventano superfici riflettenti, frasi con occhi che ti fissano fissarli.

Ti senti osservato da dentro.

Tu sei il lettore che immagina lo scrittore che ti immagina.

E mentre lo immagini, lo rendi reale.

Ma il suo sguardo è preludio al tuo.

Un senso di discesa, senza movimento.

Solo un capogiro, precipitando nella pagina.


Tu che leggi, scrivi il tuo leggere mentre lo leggi.

Il testo non è stato scritto: accade ora.

Ciascuna frase nasce nel momento in cui l’accogli.

La realtà intorno si fa sottile. Ti chiedi da quant’è che sei nel libro, se ne sei mai stato fuori.

C’è qualcosa di vero, poi, là fuori?

Lì dentro ti senti al sicuro: nelle storie non esiste mai nulla che non sia vero, quasi vivessero dell’urgenza di sottrarsi alla finzione.

Non è il testo a parlare. È la tua voce che lo anima, frase per frase. Ma da dove viene quella voce?

Senti qualcosa aprirsi. Non un significato: una crepa. Una voragine nel pensiero.

Tu che ti pensi, sei pensato. Tu che leggi, sei letto. La parola t’attraversa. La scrittura ti dà forma.

T’accorgi di non ricordare più le prime righe.

Sono così lontane: frammenti di una vita passata.

Tua, ma di un te perduto.


Questa pagina non finisce: si curva come un orizzonte.

Ogni punto è un inizio. Accade.

Ora sai che sei immerso in qualcosa.

Non nel romanzo, ma nella lettura del fatto che stai leggendo di leggerti.

Interromperlo non ti farà uscire. Perché adesso lo porti in te.


Ed è così che chiudi il libro, e continui a leggerlo.

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Discussioni

  1. “Lì dentro ti senti al sicuro: nelle storie non esiste mai nulla che non sia vero, quasi vivessero dell’urgenza di sottrarsi alla finzione.”

    Quanto è vero! Le storie offrono un rifugio non perché siano immuni alla finzione, ma perché operano secondo una “coerenza interna” che le rende affidabili. A differenza della realtà caotica, nelle narrazioni ogni elemento, anche il più fantastico, è governato da regole precise, che creano un universo prevedibile. Un ordine che genera un senso di protezione, che nasce dalla capacità delle storie di trasformare l’inaffidabilità del reale in una “verità simbolica”, capace di risuonare con le emozioni e i valori di chi legge. Per questo ci sono storie che ci sembrano cucite addosso e altre che dimentichiamo velocemente.

    1. Ciao Tiziana! Grazie mille per la lettura🙏🏻 Sono felice che questo passaggio ti abbia colpita😊 Il testo è breve ma ho cercato di condensare più concetti possibile in poche, misurate frasi, e questo concetto mi stava particolarmente a cuore.

  2. “Stai leggendo come chi attraversa uno specchio.”
    Bellissima questa immagine. L’intero racconto mi è parso come un gioco di specchi, dove il rapporto tra chi scrive e chi legge si svela e si rivela, senza contorni precisi. Fino a chiudere il libro e accorgerci che è aperto di nuovo, da qualche parte dentro di noi, proprio come dici nel finale.

    1. Ciao Dea! Grazie mille per la lettura🙏🏻 Esatto! Lo specchio è uno dei miei temi preferiti (per fortuna/purtroppo Borges mi ha profondamente segnato😅) e ho voluto associare la lettura a una qualche forma di trascendenza.

  3. “Tu sei il lettore che immagina lo scrittore che ti immagina.”
    Un testo davvero brillante. Ti dico la verità, non so neanche bene cosa dire a riguardo di questa frase, se non che rappresenta una specie di gioco di immaginazione a cui non avevo mai pensato, ma che adesso vedo come ai limiti di un miracolo. È la consapevolezza di essere frutto di un’immaginazione altrui, in un certo senso, e di essere colui che sta generando un individuo immaginativo, lo stesso che ha immaginato te.
    Lateralmente, mi è piaciuta la considerazione iniziale sui verbi difettivi, quando dici “il linguaggio si accorge di se stesso”. Tuttavia devo ammettere di non aver colto al 100% il legame tra quelle prime righe e quello che viene dopo 😅

    1. Ciao Gabriele! Grazie mille per la lettura🙏🏻 Il legame in effetti è molto labile (confesso che mi piaceva l’idea di dare quel titolo a qualcosa, qualunque fosse l’argomento🤣) in questo caso, se vogliamo piegare il senso fino a farlo calzare almeno un minimo con la storia, sarebbe riferito alla magia di quel meccanismo ipnotico che si aziona nel momento della comunicazione. Il titolo è riferito alla comunicazione orale del parlante, la storia, invece, alla comunicazione non verbale del “leggente”. In entrambe i casi la magia si forma nel momento (molto zen) dell’abbandono. I verbi difettivi sono quell’intralcio che ti fa tornare cosciente dell’artificio della comunicazione, nei libri potrebbe essere un errore grammaticale, un errore di stampa, una scelta stilistica esagerate. Se avessi voluto essere coerente col titolo avrei dovuto parlare di questa immedesimazione a livello dialogico, ma non mi sentivo pronto a farlo. Tutto qui🤗 Spero di essermela cavata bene con questa arrampicata sugli specchi🤣

  4. “Questa pagina non finisce: si curva come un orizzonte.”
    Il concetto di tempo in letteratura, che sfugge e forse nemmeno esiste. Come si può fermare il tempo quando le parole si concatenano e, come le costruzioni dei bambini si uniscono a formare un ponte che attraversiamo per sapere cosa c’è nel ‘dopo’? Non potevi esprimere meglio di così questo concetto

    1. Esatto! A volte sembra di tradurre una lingua straniera. A volte capita, ad esempio, di perdere la connessione con una lingua ascoltata proprio perché si cerca di tradurla in tempo reale nella propria, invece che coglierne il senso complessivo, e questo fa perdere continuamente la poesia. Forse con la letteratura il processo è simile. Comunque grazie mille, Cristiana, per la lettura e per i bellissimi commenti🙏🏻😊

  5. “Tu sei il lettore che immagina lo scrittore che ti immagina.E mentre lo immagini, lo rendi reale.”
    Il tuo è un testo ‘illuminato’ e ‘illuminante’. Una sorta di casa degli specchi in cui non sai più cosa stai guardando e come ti vede chi ti sta osservando. Oppure un caleidoscopio che distorce la visione che si fa forma e colori, forse quelli che la tua stessa mente vuole immaginare per sé.

    1. Ciao Cristiana!🤗 E il labirinto dell’interpretazione. La comunicazione scritta è ancora più intima di quella visiva/orale, perché il lettore resta unicamente in balìa delle parole. Quindi ancora più in balìa di se stesso. Quando leggiamo un testo, leggiamo la storia contenuta in quel testo e, inevitabilmente, la struttura del testo che narra quella storia. Ciò spalanca un sacco di finestre nella nostra immaginazione, tutte interconnesse: perché il protagonista prende quella decisione? Perché l’autore fa prendere quella decisione al protagonista? Cosa è capitato nella vita dell’autore per far prendere questa piega ai fatti? Cosa lo ha portato a sviluppare questa tecnica narrativa? Cosa posso assorbire da questa tecnica? Come scriverei io questa storia? Mi è mai capitato qualcosa di simile a ciò che capita al protagonista? In pratica ci muoviamo costantemente (chi più, chi meno) su decine di livelli mentre leggiamo una storia. Questa è l’idea di fondo del raccontino: celebrare la magia😄

  6. E’ un testo brillante, profondamente riflessivo, e allo stesso tempo poetico. Potrebbe essere l’incipit perfetto di un romanzo sulla lettura, o un monologo teatrale, o persino l’apertura di un saggio narrativo. Un’esplorazione meta-letteraria che invita chi legge a perdersi, e a trovarsi. Bravo.

    1. Ciao Rocco! Grazie mille della lettura🙏🏻 Con questo tuo commento mi hai dato una serie di spunti interessanti, sai? In effetti questo testo è qualcosa di ibrido, che non saprei ben collocare. L’idea di usarlo come incipit (o – perché no? – addirittura come prefazione) non è assolutamente male😊 Grazie ancora, Rocco!

  7. “Ciascuna frase nasce nel momento in cui l’accogli”: questa è solo una delle tante verità presenti in questo testo. Hai descritto alla perfezione ciò che avviene durante la lettura e il rapporto che si crea tra lettore e autore. Complimenti!

    1. Ciao Maria Luisa! Grazie mille per la lettura e per le tue belle parole🙏🏻 Sto esplorando un genere a me sconosciuto, e sono contento questo piccolo testo riesca a trasmettere tanto🤗