
Il cane del professor Jones e un cane randagio
Dexter era un collie di tre anni e viveva in una bella villa con giardino di proprietà del professor Jones. La casa del professore si trovava in periferia di un piccolo paese ed era sempre chiusa con un elegante cancello di ferro battuto, dove da fuori si poteva guardare la bellezza del giardino ben curato del professore e Dexter poteva ammirare il mondo di fuori attraverso le sbarre. Verso l’ora del tramonto, il professore lo portava a fare delle belle passeggiate, durante le quali lo teneva al guinzaglio, ma arrivato nel campo dei noci, un campo aperto che si trovava in fondo alla strada che tagliava per il paese, lo lasciava libero di giocare. Dopo un po’ lo richiamava con un fischio e il cane tornava dal suo padrone che dopo avergli legato di nuovo il guinzaglio al collare, lo riportava a casa. D’estate trovava riparo dalla calura, all’ombra di un gelso, dove dormiva per molte ore del giorno, mentre nelle serate molto fredde d’inverno, il professore lo faceva anche entrare in casa e lo lasciavano stare sdraiato davanti al camino acceso. Dexter aveva tutto quello che si potesse desiderare nella casa del professore, ma forse non proprio tutto. Era attratto dal mondo di fuori che guardava con grande desiderio di esplorazione. Di notte abbaiava ad altri cani e quelle abbaiate notturne avevano portato fuori casa del professore un cane randagio tutto nero di nome Black Coffee. Ogni giorno si fermava davanti alla casa del professore e scambiava due chiacchiere con Dexter, raccontandogli delle bellezze del mondo di fuori.
Un giorno di inizio estate, Black Coffee disse: “Dexter, sono venuto per salutarti, questa sera parto.”
“No!… Dove vai?”
“Mi hanno raccontato che oltre questa valle c’è il Paese dei Croccantini, dove le persone danno cibo e acqua ai cani randagi”, disse, “ho anche sentito dire che in città i cani vivono liberi e felici e poi di sera si radunano tutti insieme in campagna e si raccontano storie al chiaro di luna”, aggiunse.
“Che bel paese!”, disse con aria trasognata, “non ci sono mai stato, ma me lo figuro!…”
“Se vuoi, puoi venire con me”, disse Black Coffee.
“Mi dispiace, amico, ma non posso venire con te, io amo il mio padrone, qui sono felice ed ho tutto quello che mi serve, anche spazio per correre e giocare!”
“Chiami spazio questo giardinetto. Non sai cosa si prova a essere veramente liberi e correre lungo i fiumi e tra i prati!”
“Ma davvero in quella città si passano le serate a chiacchierare al chiaro di luna?”
“Così si dice.”
“Che bella vita!…”, disse Dexter.
“Allora cosa hai deciso?”
“Mi dispiace, ma non posso!”
“Allora addio, amico e salutami il tuo padrone!”
“Addio, Coffee!…”, disse Dexter a mezza abbaiata, ma subito dopo aggiunse “aspetta un momento!”
“Cosa vuoi?”
“Ho cambiato idea, voglio venire con te!”, disse Dexter, mosso da un impulso di libertà mai sentito prima così forte, “aspettami stasera al campo dei noci”.
Quella sera il professor Jones portò il suo cane a fare la sua consueta passeggiata, fino al campo dei noci, ma quando il professore lo richiamò col solito fischio, Dexter non tornò indietro e scappò via con Black Coffee. Il viaggio fu lungo e i due fuggitivi arrivarono in città affamati e assetati e con loro grande meraviglia scoprirono che non c’era in giro né cibo né acqua. Ma se la fame si poteva tenere a bada ancora per qualche ora, per la sete non si poteva dire la stessa cosa. Entrambi camminavano, con le lingue penzoloni per le vie della città, in cerca di qualche pozzanghera d’acqua anche solo per potersi bagnare la lingua.
Dopo un po’ di cammino in giro per la città, incontrarono altri due cani randagi, Lulù ed Erik il rosso, chiamato così per via del suo manto rossiccio. Dexter e Black Coffee si unirono ai nuovi amici e si ritirarono con loro in campagna per passare la notte, dove mangiarono un po’ di erba gramigna per rinfrescarsi la gola. Quella sera si era parlato di rubare un po’ di cibo in un negozio in città e il giorno dopo così fecero, andarono fuori a una macelleria che aveva della carne esposta sul banco esterno e provarono ad afferrare un paio di bistecche, ma il macellaio che li vide, dopo una rabbiosa bestemmia, lanciò dietro ai cani un coltello falcetta che colpì la nuca di Lulù, uccidendola sul colpo. Lulù stramazzò a terra e non si alzò più.
Dexter era molto triste per la morte di Lulù e gli venne in mente il suo padrone e tutto il bene che aveva nella sua casa, lasciata per seguire i suoi deliri di libertà.
Quel giorno stesso, Dexter lasciò Coffee ed Erik il rosso e fece ritorno dal suo padrone. In cuor suo temeva che il professore non lo avrebbe più preso in casa, ma quando arrivò fuori al cancello, il professore lo accolse con grande felicità, lo lavò e gli diede cibo e acqua.
Qualche giorno dopo si presentò fuori casa del professore anche Black Coffee, con una corda spezzata legata al collo e la testa rotta da una bastonata, con il sangue che gli colava da un orecchio. “Coffee, che ti è successo!?”, gridò Dexter, ma Black Coffee non rispondeva e dopo un po’ cadde a terra. Dexter cominciò ad abbaiare per richiamare l’attenzione del professore che appena vide Black Coffee, lo prese in casa e chiamò un veterinario per farlo curare. Dopo una settimana, Black Coffee era bello e guarito e il professore decise di tenerlo con sé in casa sua. Per un po’ i due cani condivisero lo spazio in giardino, giocando insieme e Dexter era molto felice di avere il suo amico in casa con lui. Ma per Black Coffee non era lo stesso, perché era troppo abituato alla vita libera e anche se nella casa del professore aveva tutto, non poteva rinunciare alla sua libertà. Un bel giorno, durante una passeggiata serale al campo dei noci, Black Coffee abbaiò salutando il professore e Dexter e cominciò a correre verso il tramonto, allontanandosi oltre la valle. Da allora sparì e nessuno lo vide più.
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