Il cartolaio

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Gustav preferisce non comunicare a nessuno che la cantante non sia più partita con l’orchestra e che si trovi ancora in albergo. Unica testimone della sua presenza la cameriera che gli ha servito la colazione in camera, insieme al biglietto con il numero telefonico del trombonista Alex.

Prima di raggiungere il tribunale, mi recai in una piccola cartoleria, per acquistare diversi quaderni di computisteria, ciascuno con una copertina dal colore diverso.

«Me ne dia dodici, ma devono essere uguali per ogni quattro, d’accordo? Non mi interessa la fantasia, ma la tenuta del colore, mi spiego?» dissi al cartolaio.

«Sarà fatto, avvocato. Adesso le mostro le varietà. Abbiamo l’agata, il rosso mosaico e il giallo limone. Si tratta di tre sfumature ornitologiche importanti, legate ad alcuni schemi internazionali di canaricoltura di colore, che non possono confondersi tra loro. Dia pure uno sguardo con tutta tranquillità, la prego» mi disse il cartolaio, con gentilezza.

«Uhm» mi dicevo, guardando perplesso le copertine «… e invece una tinta che contrasti di più? Un rosso intenso con un bianco inglese e un bianco ghiaccio, per esempio? Se non un bel verde bosco, ancora morbido, fiabesco?»

«Vado a controllare in magazzino. Spero di poterla accontentare. Mi perdoni, qualche istante e sono da lei.»

Lo attesi, gustandomi l’odore della cartoleria appena aperta, che mi sedava all’istante, da quando ero piccolo e vi entravo con mia madre per acquistare le matite e i quaderni di scuola. Avevo già pianificato di scrivere in ogni quaderno gli orari esatti e le scadenze delle mie tre principali attività – tribunale, studio e direzione della rivista – chiedendo ai miei rispettivi riferimenti un quadro chiaro e armonico degli appuntamenti e delle incombenze, in modo che sarei stato in grado di incastrarli alla perfezione. 

La radiolina del cartolaio era accesa. Stavano trasmettendo una canzone francese, poi la sfumarono per parlare dell’incidente. Il dirupo era profondo, nebbioso e infestato di animali selvatici. Si doveva evitare che gli animali si avvicinassero troppo alle vittime. L’autobus era conficcato come un dente del giudizio dentro una fossa di radici e di terra bluastra, come commentava lo speaker con una fantasia descrittiva alquanto singolare.

«Al prossimo notiziario del mattino per gli aggiornamenti» e io che mi tastavo di continuo la tasca posteriore dei pantaloni, controllando il biglietto con il numero di telefono di Alex, che tanto aveva turbato la cantante data morta, e che ci aveva provato con una camerierina d’albergo macilenta, accidenti a lui, che razza di gusti. Sarebbe meglio lasciarlo perdere, ma ci saranno dei superstiti, a quanto pare. E se il trombonista Alex fosse sopravvissuto? E intanto, mentre riflettevo, il cartolaio aveva appena recuperato i quaderni con i tre diversi colori che gli avevo richiesto, tutti con il giusto contrasto cromatico. Davvero meravigliosi. Non me lo sarei mai aspettato.

«Benissimo» gli feci, pienamente soddisfatto dell’assortimento proposto. Lui, allora, mi disse: «Ne sono dodici in tutto, avvocato. Controlli pure la qualità della carta e i rispettivi colori delle copertine. Guardi il bianco ghiaccio quanto è freddo e quanto è caldo e morbido il verde bosco. Li confronti per bene e mi dica l’effetto».

«L’autobus si è sfracellato proprio in un dirupo verde bosco. Ne parlavano poco fa alla radio» gli dissi, con lo sguardo fermo sui quaderni.

«Oh, non me ne parli, avvocato. Che dolore e che spavento. E pensare che ieri pomeriggio ne sono venuti in tanti dell’orchestra da ballo a comprare matite, gomme e carta pentagrammata per la loro prova generale. Erano tutti cortesi, divertenti, simpatici. Quando è arrivata la notizia, doveva essere accaduto da poco l’incidente, stentavo a crederci. Mi mancava l’aria, ho avuto addirittura un capogiro. Quando hanno detto il nome preciso dell’albergo dal quale erano partiti, mi sono sentito svenire, rendendomi conto che non c’erano più speranze, ormai: erano proprio loro, poveri ragazzi. Che immensa disgrazia» mi disse, angustiato e commosso.

«Tutti morti. Non si è salvato nessuno, a quanto pare» gli dissi, sfogliando con cura i quaderni di computisteria.

«Non è così, avvocato. Si sta sbagliando. Dovrebbero esserci dei superstiti, invece.  Hanno detto alla radio che l’autobus è conficcato nel dirupo come un dente del giudizio, lo sa?»

«Mi aiuta a dire, signore. Lei è convinto che in una situazione del genere, con un volo da quell’altezza, di non so quanti metri, i metri che consentono a un dirupo di chiamarsi tale, adesso al momento non so se riesco a farle un esempio numerico, insomma…»

«Me lo faccia un esempio, avvocato. Un esempio numerico, per favore, prima di continuare. La prego, ne sarei onorato» mi disse, a mo’ di sfida, il cartolaio.

«Non meno di milleseicento. Forse millesettecento, se non milleottocento. Non meno di milleottocento metri di vuoto, direi, se non di abisso.»

«Se così fosse, in base ai suoi calcoli, allora vorrebbe dire che…»

«Come le dicevo, signor cartolaio, tutti morti: i suonatori e i due cantanti solisti, compreso l’autista. Nessuna musica senza suonatori e cantanti solisti di un’orchestra da ballo. Non credo che dopo un balzo del genere ci si possa salvare, tranne se non si tratti di miracoli multipli, ma sono casi assai rari, se non impossibili.»

«Mi sembra di ascoltare i loro strumenti che risuonano nel bosco, che partono dal fondo del dirupo e si diffondono e poi raggiungono i paesi vicini, e noi potremmo sentirli a notte fonda, quando il vento entra nelle tube, come nei nostri sogni e nelle luci fioche delle case.»

«Stia attento, signor cartolaio, a non confondere gli organi e gli apparati femminili con le sezioni fiati. Sarebbe un affronto imperdonabile.»

«Per carità, avvocato, cosa va a pensare? Io parlavo solo delle tube basse precipitate nell’abisso. Il vento vi entrerà e forse il soffio dei morti renderà il bosco un luogo ancora più lugubre e stregato di quanto già non sia. Ma nello stesso tempo avrà una sua prima voce, sublime, oltre il fiume gelido di tenebre che lo avvolge. Dovrò accompagnarvi le mie bambine, forse domenica. Credo sia importante avvicinarle sempre di più al mistero della musica. Hanno cominciato, come tante, col pianoforte, ma all’inizio non c’era verso di appassionarle. Nella prima lezione di verifica, nessuna delle due riconosceva le note giuste. Non sentivano nemmeno i colpi del fabbro, a detta dell’insegnante, essendo affette da una forma di amusia. Pensi la mia delusione, avvocato. Immagino possa comprendermi.»

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. L’immagine del suono degli strumenti che si alza dal fondo del precipizio contrasta con quella dell’autobus ficcato come un dente del giudizio. Mi è sembrato il paradosso del lutto: da una parte lo spirito, che ancora spera, non vuole accettare, crea immagini che ci consolino. Dall’altra l’inevitabile, la certezza che nulla sarà più come prima, la difficoltà nella cruda accettazione della realtà.

    1. Ciao. Associata a “Quaderno” il termine computisteria entra nel merito del suo utilizzo più comune o diffuso, essendo legato alla contabilità, al calcolo, proprio per il significato di “Computisteria” che è la disciplina legata proprio a suddette dinamiche commerciali, finanziare, aziendali, economiche. Nel caso del racconto, il quaderno di computisteria è uno strumento che Gustav utilizza, in modo alquanto singolare, per organizzare, e quindi calcolare con precisione i suoi orari all’interno delle sue attività. Un saluto.