
Il cielo con le dita
Serie: Le Disillusioni (serie di racconti)
- Episodio 1: Le disillusioni
- Episodio 2: Stupida
- Episodio 3: Andreas
- Episodio 4: Requiem
- Episodio 5: Balla per me
- Episodio 6: Saikebon (1/2)
- Episodio 7: Saikebon (2/2)
- Episodio 8: Il cielo con le dita
STAGIONE 1
“Ma l’amore è cieco e gli amanti non vedono le follie che commettono.”
(William Shakespeare)
Quando sopra il display compare la scritta Amore mio, capisco che nulla è mai come sembra. Che se morissi ora dal pulpito racconterebbero una storia che non è la mia. Li immagino segnare la croce, recitare Requiem Aeternum assicurandomi la grazia di qualche cielo, senza sapere che già ci sono.
Morissi ora – che razza di pensiero – è da lì che vengo.
«Motel Paradiso, che nome è?»
«Non so.» Quando gliel’ho chiesto, ha sorvolato. «Ma rende l’idea.»
È un posticino isolato, appena fuori Pavia. Ce n’erano anche di più vicini, non ha voluto rischiare.
«Meglio un posto fuori mano.» Si è sistemata il rossetto nel retrovisore. «Non si sa mai.»
Siamo partiti da Milano che era l’alba. Si è fatta trovare nel parcheggio deserto di un multisala. Mi aspettava sul retro, in disparte. Indosso un tailleur scuro e foulard dello stesso colore, la sua divisa da lavoro. Niente a che vedere con la bellezza scalza alla quale mi ha abituato, eppure l’ho desiderata, al primo sguardo, anche così.
«Stai bene.»
«E dai.» S’è scostata i capelli dal viso, sulle gote l’imbarazzo di una liceale. «Non mi prendere in giro.»
Le ho sfiorato le labbra, sapeva di buono.
«Sono serio.»
Ho guidato quasi due ore tra strade secondarie e case basse di campagna. Lei cercava canzoni alla radio, mi stringeva la mano sul cambio. Le ho scostato la gonna, a un certo punto, infilato il palmo tra le cosce. S’è finta contrariata, poi ha sfilato gli slip e da sotto mi ha lasciato fare. Il gesto scaltro di un angelo cascato dal paradiso.
«Stai attento alla strada, però.»
Di nuovo, non me lo sono chiesto. Non ci ho neppure pensato a dove, come ho perduto la coscienza, quando ho deciso di infischiarmene e mandare tutto il resto a puttane. Avvicinarla, trovare una scusa per farla ridere. Dirle ciao. Ti trovo bella. Posso offrirti da bere. Ti andrebbe di fare l’amore con me.
«Forse, dovresti rispondere.»
Solleva il viso dal mio petto, indica il telefono sopra il comodino.
«Scusa. Sì.»
Si volta, finge non la riguardi. Forse non la riguarda davvero.
Vado a rispondere in bagno. Non saprei dire se per colpa o per pudore. Non saprei dire neppure verso chi.
«Ho poco tempo, sì.» La voce è bassa, il fiato ancora denso del suo odore. «Sono in riunione.» E la immagino nuda, di là, per come l’ho lasciata. «Non so ancora, però dovrei.» Me la immagino addosso, soltanto un attimo prima. «Credo tardi.» La fronte sudata, le cosce strette intorno alla schiena. Voglio tornare di là, penso. «Sì.» Faccio per agganciare. «A cena no, non credo. Per il resto» sbrigati «se non è urgente» voglio tornare di là. «Ne parliamo stasera.»
Premo tasto rosso e mi guardo dentro lo specchio. Sono completamente nudo, seduto sopra il cesso chiuso di un motel a due ora da casa. Sono la peggiore delle creature. Uno sfollato dal cielo, uno scappato di casa. Quando la scritta Amore mio scompare dal display, sono libero da ogni male.
La raggiungo. Si è infilata la mia maglia, siede a gambe incrociate con un cuscino dietro la schiena. Nel petto si fa largo dolore. La sua bellezza, di nuovo, mi taglia dritta la gola. Un sapore ubriaco, una lama che brucia, ma senza morire. E il sangue che viene sa di vino buono.
«Amore mio.»
«Amore mio.»
Inarca la schiena, si lascia spogliare. Getto la maglia nel vuoto.
«Mettila subito a lavare, dopo. C’è addosso il mio odore.»
La affondo il viso nel collo.
«Allora, non la lavo più.»
«Scemo.»
La giro su un fianco come si fa con le bambole. La pelle è liscia, ancora abbronzata, con le dita traccio il segno del costume. L’interno chiaro delle cosce, la linea stretta dei fianchi. Gioco nell’incavo del monte, tra i seni. E non saprei dire dove, in quale punto esatto perdo senno e ragione, e col criterio di un pazzo decido che è questa, e non l’altra, la donna che è mia.
«Sei la donna che è mia.»
Mi scivola da sotto, sale sopra il mio petto, il sorriso di chi sa cosa vuole. Lascio che scenda, nel mentre, la guardo. Le carezzo la nuca e penso che potrei stringerla, tenermela stretta in un palmo, ingoiarla, farne di me una cosa sola. Invece scompaio, perdo di me ogni potere. Qualsiasi cosa sia di me in questo momento, io esisto soltanto là, dove mi tocca il suo corpo, io vivo soltanto là, dove esplodono le sue labbra.
Le vengo in faccia, dopo aver finto pudore. Ci ho provato un paio di volte, non s’è voluta spostare. Non ci ho provato più.
Ora sfila un elastico dal polso, con la naturalezza di chi ha scelto il proprio posto mi torna accanto.
La guardo. «Sai cosa mi piace di te?»
«Cosa?»
«Che lo fai per davvero.»
Si alza, raggiunge il frigobar. Mi regala il suo corpo, nudo, perfetto per intero. Sfila una birra. «Ti va?»
Finge di non aver capito. Ha capito benissimo.
***
«Quanto dureremmo nella vita vera noi due?»
Sulla strada del ritorno è già buio. Del paesaggio attraversato stamattina riconosco poco, o nulla.
«Che intendi per vita vera?»
«La realtà.»
Sistema la gonna, leva un capello rimasto impigliato nella giacca. «È questa, la realtà.» Si guarda intorno, come ad averne la prova.
«Lo sai, cosa intendo.»
Le cerco la mano, mi stringe. Segue una pausa.
«Fumi troppo.»
«E tu troppo poco.»
«Odi il pesce crudo.»
«Tu invece lo adori.»
«Non potremmo mai stare insieme.»
«Mai.»
E non mi è chiaro se ci stiamo provando, arrendendo, sfidando a fare gli stronzi. Cos’altro.
Il resto del viaggio prosegue in silenzio. Quando la cerco la trovo a guardare fuori, oltre il finestrino, oltre il buio, oltre la strada. Sembra cerchi qualcosa. A tratti sorride, mi chiedo se l’abbia trovata. Mi chiedo se sia la stessa cosa che sto cercando anch’io.
Serie: Le Disillusioni (serie di racconti)
- Episodio 1: Le disillusioni
- Episodio 2: Stupida
- Episodio 3: Andreas
- Episodio 4: Requiem
- Episodio 5: Balla per me
- Episodio 6: Saikebon (1/2)
- Episodio 7: Saikebon (2/2)
- Episodio 8: Il cielo con le dita
Che sferzata di vita! Eppure la leggo come una parentesi, lui che rientra docile e lei che ammalierà altri maschietti in cerca di quei brividi che la quiete matrimoniale cancella; lui che non la scorderà mai ma non la cercherà e lei che, anni dopo, risponderà dubbiosa al saluto di quell’uomo pelato dal sorriso che le ricorda qualcuno. Scrivi in un modo così efficace che sembra tu sia in diretta! Grande Irene!
Racconto scritto benissimo come sempre. E la citazione iniziale di Shakespeare è perfetta.
Forte! Mi è piaciuto
Mi hai preso per mano e buttato lì, nel letto e nel bagno del motel. Quel “Amore mio” che lampeggia sul display è una pugnalata dolce: desiderio e colpa nello stesso respiro. La scrittura è fisica ma mai cafona, piena di odori, mani, piccoli pudori, vera. E il finale in silenzio, con lei che guarda fuori, fa più rumore di qualsiasi dialogo: due che si vogliono e già si perdono. Bello davvero.
Ciao Irene. La prima cosa che ho apprezzato del tuo testo è il punto di vista. Non l’avevo inteso da subito, poi, quando ci sono arrivata mi sono detta che non è per niente facile, ma certe persone quando fanno arte ci riescono davvero. Abbiamo film diretti da donne che ci regalano i personaggi maschili più incredibili e, viceversa, naturalmente. Così succede per l’arte grafica, corpi femminili che ti toccano così in profondo da chiederti come ‘lui’ abbia potuto afferrare così bene l’essenza di lei. Lo stesso succede in letteratura. Sono molti i tentativi di ‘vestire i panni’ dell’altro sesso, ma non basta perché non è un esercizio stilistico, altrimenti si capisce. È un sentire in comunione e poi riuscire così tanto a liberarsi dai pregiudizi che lo si mette sulla carta con quelle parole che altre non potevano essere.
E poi, faccio un passo oltre. L’erotismo fine a sé non è niente, un contenitore vuoto e noioso, se non lo si sa riempire. E l’unico modo per riempirlo è viverlo, sperimentarlo con tutti i sensi. Tu sai spazzare via le banalità, le frasi fatte, gli orpelli e tutto ciò che non serve e restituirci la vera essenza, quella che è universale e che ci fa pensare che lì ci siamo stati anche noi. E allora, non importa chi sei e che esperienze hai avuto, perché ti tocca così personalmente da spiazzarti.
Commentare un tuo testo diventa qualcosa molto più complesso rispetto al cogliere semplici e banali tecnicismi di cui a volte ci si riempie la bocca. Diventa piuttosto una sorta di comunione, così poi uno finisce quasi col confessarsi con te. Come sentirsi liberi di raccontare la propria esperienza, le sensazioni, i desideri. Come se i tuoi testi fossero, in un certo senso, liberatori delle inibizioni.
Aspettavo il tuo racconto. Finalmente eccolo qui.
Come ci riesci? Come fai a trasmettere sensazioni totalmente opposte in un racconto breve?
Ho storto il naso all’idea di lui che va a letto con un’altra donna, ma ho provato anche tenerezza nel vederlo agire come un ragazzino in preda al primo amore e all’infatuazione. Sono rimasta in un limbo leggendo di lei, la cui personalità pare a tratti frizzante, eppure quei vestiti scuri e i silenzi mi hanno trasmesso una profonda solitudine.
Felicità per quei momenti di estraneazione dalla realtà, in colpa per il gesto che hanno compiuto.
In pochi possono vantare una conoscenza tanto profonda dell’amore. ❤️🔥
Carissima Mary. le tue parole mi emozionano ogni volta. Come ci riesco, non saprei dire, ma come ben sai il lavoraccio che sta dietro a queste mille parole è colossale, che faccio parte di quella schiera di scrittori lenti e perfezionisti che conosciamo bene 😊
La soddisfazione però è sempre grande, soprattutto con una sensibilità come che va a cogliere esattamente l’essenza di ciò che volevo dire. Non ti scappa niente, verrebbe da dire! uno dei punti chiave era proprio questo: il conflitto tra colpa e piacere, tra ciò che di norma viene considerato giusto o sbagliato. sentimenti contrastanti che a tratti prevalgono o soccombono. Ho voluto dare un finale di speranza proprio per dare una via di uscita a tutti. Indolore non proprio, ma libera dal peso che per entrambe le parti comporta il mentire. Grazie di cuore per le tue letture sempre attente e preziose ❤️
Bellissimo Irene. Ho letto la storia tutto d’un fiato, non mi lasciava il tempo di respirare. Complimentoni!!
Grazie Alfredo!
Ho visto una scena. Un momento erotico nel senso greco del termine, oltre che sensuale, di due vite, poste una accanto all’altra. Quello che mi domando è se la situazione di clandestinità (a valere per una delle due, per l’altra non è precisato) sia quella dell’inquadratura, o piuttosto quell’altra dove il desiderio è sopito (se vi è mai stato) e ciò che resta è una mera convenzione che sopravvive grazie a stupidi alibi, buffi difetti di millantata incompatibilità, che finiscono per minare un sogno.
Grazie Irene, per il racconto, ben scritto e accattivante
Ciao Paolo, ti sei posto una domanda che io stessa mi sono fatta quando ho iniziato a scrivere questo pezzo. In quale delle due relazioni quest’uomo sta mentendo? E soprattutto, a chi? Se stesso o chi ha di fianco? Credo entrambe. Perchè spesso per non tradire gli altri, finisce che tradiamo noi stessi. E quando decidiamo di non tradire noi stessi, va a finire che tradiamo gli altri. Insomma, è sempre un bel casino. Grazie per la lettura!
È strano, ma me lo sono chiesta prima di loro come sarebbero questi due nella vita vera, se la passione travolgente che provano resisterebbe alla quotidianità. E forse, visto il finale, la risposta sarebbe sì.
Complimenti Irene, nei tuoi racconti c’è sempre tanta emozione.
Spesso questo tipo di relazioni “funziona” proprio perchè non subisce l carico della “vita vera”, e si limita a restare in una dimensione altra. Ma accade anche il contrario, e qui ho voluto immaginarli così. Grazie per la lettura Melania ❤️
Oggi ho lasciato nello zaino il libro che di solito leggo alla mattina prima di entrare in ufficio, perché tanto sapevo di andare sul sicuro con un tuo racconto. Che ho fatto bene non te lo dico neanche più.
Grazie Roberto 🩵
Mi ha dato delle strane sensazioni il tuo racconto: da una parte vengo travolto da una passionalità cocente fatta di corpi intrecciati e di piaceri carnali vaporosi e col fiato corto… bello, mi son detto, mi ricorda quando andavo a Lucca, l’ostello della gioventù e la proprietaria o quello che era che ci cacciava via come due gatti randagi in vena di effusioni un po’ troppo rumorose. Dall’altra parte, il senso di colpa: quello sgradevole sapore dolciastro e amaro di ferire una indefinita figura che sembra aver fiducia in noi, che ci sta aspettando in una casa fatta di nebbia. Ma all’improvviso mi sussurri di realtà, di ciò che è vero e mi fai pensare che, a questo punto, quelle gambe che mi stringono i fianchi siano di plastica, che quella voce tanto suadente e quasi musicale sia semplicemente un mio pensiero trasformatosi in suono e che quell’intero mondo sia racchiuso dentro una scatola rotonda e glabra.
Chiudo il rubinetto, ripongo il grosso piatto da pizza nell’unico spazio disponibile a scolare l’acqua in eccesso e chiedo alla mia compagna se ha voglia di bere un bicchierino di Chateau de Beaulon.
La sua immobilità viene interrotta da un suono familiare, che mi fa sorridere sempre: una nota metallica che parte bassa e si alza alla fine. I suoi occhi si accendono, la sua testa si gira simulando uno sguardo serio di rimprovero: – Bevi troppo. Prova un sostituto analcolico come… A) Acqua distillata, B) Acquaragia minerale, C) Perossido di idrogeno. –
– Fanculo. –
Che bello quando le tue parole partono inarrestabili! Per me non c’è complimento migliore di sapere che un mio scritto “apra i rubinetti”, come dici tu, e soprattutto le emozioni! D’altronde scriviamo per questo: piacere, emozionare, far incazzare, far riflettere, guarire, smuovere…
Il finale è fantastico, e direi liberatorio quel fanculo finale, potrei davvero considerare una seconda versione 🤭
Grazie Emi per aver condiviso i tuoi pensieri ❤️❤️❤️
“Nella vita vera”, quante volte ho sentito questa espressione riferita anche alla vita fuori dai social. Eppure, credo che abbia ragione lei: la vita vera è questa! Le persone conosciute sui social li considero amici veri (come te) e l’avventura vissuta dai protagonisti di questa storia non è un sogno, ma realtà. Vita vera.
Hai centrato il punto Arianna! La vita vera è proprio questa, quella che abbiamo intorno. Ogni gesto, anche la clandestinità, come nel caso dei due protagonisti, è vita vera, perchè appartiene a quello che facciamo. Grazie per aver notato questo particolare!
I protagonisti sembrano avere paura della quotidianità, che potrebbe uccidere la loro passione, ma nello stesso tempo vorrebbero vivere la loro storia alla luce del sole. Ma nel vero amore il desiderio non finisce mai del tutto: si evolve. Brava, Irene!
Esatto Concetta, i protagonisti sono combattuti tra una scelta non facile. La passione da sola non basta mai, bisogna anche costruire. Grazie per la lettura!