Il dubbio, dopo la burrasca
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 2: Tobia
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
STAGIONE 1
In definitiva, dopo due minuti sotto la nuova edizione del diluvio universale, Tobia era fradicio. Ma, in più, aveva una pellicola nera appiccicata addosso; il rivestimento del berretto aveva convogliato la pioggia nel collo; le scarpe erano zuppe e i piedi, all’interno, galleggiavano nel loro bagnetto tiepido. La pelle dei guanti, divenuta scivolosa, richiedeva un ulteriore sforzo nel governare la motocicletta.
A un tratto, sembrò che la moto volesse dirigersi a sinistra, mentre lui voleva e doveva andare dritto, Tobia cercò di resistere, ma il motociclo strappò di nuovo. Tornò imperiosa, nella sua mente, la sua visione onirica. Ricordate? Era il secondo frammento di quel sogno, quando lui combatte contro la motocicletta che pare avere volontà propria…
Tranquilli amici, niente di surreale: aveva solo forato lo pneumatico anteriore e il mezzo era diventato ingovernabile, lo sterzo durissimo.
«Per Demogorgone!» Esclamò, misconoscendo l’abilità che gli aveva consentito di non cadere, ma concentrato sulla sua situazione, analizzò: la moto ha l’avantreno a terra, niente mezzi pubblici nei dintorni, il tempo per raggiungere a piedi il luogo prefissato è ben oltre l’orario dell’appuntamento… «Per Furcas!»
Impossibile avvertire Isotta: era fottuto!
Non è mia competenza, ma il ragazzo comincia a fare un po’ pena… Tenerezza dite voi…? Bah, può darsi; e avreste dovuto vederlo mentre si ostinava a spingere la moto sotto il monsone, in direzione dell’appuntamento, al quale sapeva che non sarebbe mai arrivato in tempo. Di lui non era rimasto che una figura semi-lucida, intirizzita e tremate.
E lei? Lo attese per un po’, o se ne andò allo scoccare dell’ora, lo sapete voi…? Come potreste?
Non vorrei mai doverlo confessare all’uno o all’altra, ma non s’incontrarono per pochi minuti. Ebbene sì, Isotta restò davanti a quell’edicola per più di un’ora, ripetendosi che da un momento all’altro l’avrebbe visto comparire, scendere dall’autobus, svoltare l’angolo… Quando decise di andarsene, perduta l’ultima battaglia col vento che aveva ghermito il suo ombrello riducendolo a brandelli, non potrei dirlo con certezza data la pioggia, ma sono abbastanza certo che stesse piangendo… tradisco l’onniscienza con una licenza poetica, va be’.
***
E dunque, arriva sempre il momento di fare i conti, è inevitabile. Certo, è possibile che qualche individuo senza scrupoli, misero nell’onore o forse solamente ricco da far schifo, riesca a far sì che qualcun altro li faccia al suo posto: chiamateli un po’ come vi pare, ma io questi non li annovererei tra uomini e donne, e siccome il narratore sono io…
Ma come si può infierire su un poveretto, colpito dalla sventura? Che, ciò nonostante, ha combattuto sino all’ultimo per cercare di rispettare la consegna, tenere la posizione: difendere il suo fortino! Sì insomma, è un modo di dire.
Non si dovrebbe in effetti, ma il dubbio… Già , il dubbio. Quella stessa arma atomica il cui possesso sovente distingue le persone intelligenti dagli idioti, talvolta ha un effetto indesiderato, quello di minare la fiducia riposta nelle persone.
E Isotta?
Isotta era attanagliata dal dubbio. Temeva che avrebbe dato ascolto solo alla collera che in quel momento la dominava, e l’incazzatura le suggeriva che Tobia, visto il maltempo, avesse bellamente ignorato l’appuntamento, abbandonandola agli agenti atmosferici più irosi della stagione.
Sapeva che quella sera lui l’avrebbe chiamata, che avrebbe tentato di convincerla che un accidente imprevisto aveva ostacolato il suo arrivo, questo lo sapeva… Quello che invece non sapeva è come lei stessa avrebbe reagito, se sarebbe stata capace di ascoltarlo, di dargli credito, ancora. Oppure no, consapevole che in questo caso avrebbe decretato la fine della loro relazione, avendo l’ardire di definirla tale.
Ma quale relazione? Dico io.
Telefonica, certo, si sentivano tutti i giorni, ma dopo la biblioteca, non erano ancora riusciti a incontrarsi una sola volta.
Perché, se non esistevano i telefoni cellulari, non esistevano nemmeno gli smartphone, e men che meno le chat online… Proprio così, oggidì, la loro relazione avrebbe potuto essere normalmente virtuale. Ma, incontrarsi de visu, parlare con chi sta lì di fronte: questo era avere una relazione. Il telefono era un surrogato che vieppiù poteva arginare i momenti in cui vedersi non era possibile, ove un contatto di persona era negato. La realtà virtuale non è realtà , ci vuole coraggio per esporsi, per guardare una persona negli occhi e dire ciò che si pensa; doverci mettere dell’impegno per incontrarsi e fare cose insieme…
E a proposito di coraggio, in quel periodo, un’altra tremarella s’aggirava tra gli uomini abili alla leva. Tobia aveva assolto da qualche anno il suo obbligo come bersagliere, ma ora una campagna, così detta di pace, stava impegnando la nazione in un territorio di guerra. Per la prima volta, dopo la fine della seconda guerra mondiale, un reparto armato italiano era impiegato fuori dai propri confini, a difesa dei campi profughi palestinesi in Libano. La cosa degenerò in una serie di attentati e ammazzatine che portarono alla decisione di aumentare il contingente italiano, proprio scegliendo il corpo dei bersaglieri come truppe da schierare e si temeva che anche i congedati potessero essere richiamati. Per fortuna, oramai, quella vicenda è acqua passata… o forse no?
Ma tornando alla nostra, di vicenda: la traballante pseudo-relazione tra Tobia e l’Isotta. Credo che se fosse ambientata in epoca contemporanea, perderebbe del tutto il suo fascino. Come accadrebbe oggi l’incontro di un’aspirante coppia? Attraverso uno di quei siti d’incontri asettici dove, come sfogliando il catalogo del Postalmarket, i clienti valutano i candidati guardando foto ritoccate col Photoshop e leggendo didascalie dove sono millantate passioni e tratti caratteriali che neanche all’Actors Studio sulla quarantaquattresima di New York.
Non invidio di certo una voce narrante che debba cimentarsi con queste nuovi ritrovati tecnologici umani; per fortuna, io lo faccio in modo saltuario.
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 2: Tobia
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
Ho trovato bellissimo il punto in cui la voce narrante è persuasa di aver visto Isotta piangere sotto la pioggia.
Ciao Roberto, anche certe voci narranti, per così dire, un po’ carogna, possono avere momenti di debolezza. Grazie molte per essere passato
“La realtà virtuale non è realtà , ci vuole coraggio per esporsi, per guardare una persona negli occhi e dire ciò che si pensa; doverci mettere dell’impegno per incontrarsi e fare cose insieme…” Condivo il tuo pensiero. Siamo arrivati alla finzione e alla millanteria aumentata da ChatGPT, dove sembra falso anche quello che potrebbe essere vero.
Perdincibacco! Oggi tocca a Demorgorgone e Furcas, due nomination diaboliche, perdindirindina!
Bravo Pietro, io non ho mai misconosciuto le tue capacità narrative che a ogni nuovo capitolo si riaffermano prepotentemente sulla pelle del povero Tobia e della sua bella e impossibile – soprattutto irraggiungibile – Isotta.
Ciao Fabio, forse è solo il punto di vista di un vecchio barbogio analogico… ops, forse ho appena fatto un lapsus, visto che lo condividi… scherzi a parte, credo che (almeno per ora) le sensazioni che offre il contatto umano non siano lontanamente paragonabili col virtuale. Grazie per essere passato e a presto
Però, pure, questo narratore onnisciente qualche mancanza ce l’ha: perché non ha consigliato a Tobia di andare sotto le finestre dell’abitazione di Isotta? (Sui vecchi elenchi della SIP c’era l’indirizzo accanto al numero telefonico.) Di certo, lei, vedendolo avvolto nel sacchetto dell’immondizia e che l’aspettava sotto la pioggia, avrebbe portato questo micio Alfa in casa. In Isotta sarebbe esplosa la sindrome della crocerossina (di cui, purtroppo, soffrono quasi tutte le donne). Grazie per questa spassosa lettura, Paolo🙂
Grande Concetta, i tuoi commenti mi fanno spataccare, come direbbero a Forlì… “il micio Alfa” poi è fenomenale! Grazie molte per il tuo tempo e di nuovo per il fantastico commento. A presto