Il gesto che non dimenticai

   Ogni mattina, lo stesso rituale.

   Il bar si accende di luci calde contro il grigio autunnale di Milano, e io mi siedo al solito tavolo, quello vicino alla vetrina appannata. Un cappuccino fumante, un croissant ancora tiepido, le pagine del giornale che Luigi lascia per noi, clienti da sempre.

   Oggi, però, nel rituale è cambiato qualcosa: il mio posto è occupato.

  Mi sistemo in fondo alla sala, dove la luce filtra più fioca e il rumore delle tazze si perde in un brusio ovattato. Il tintinnio del mio cucchiaino contro la porcellana accompagna lo sguardo verso di loro: una coppia di anziani giapponesi seduti vicino alla finestra, proprio al tavolo che fino a stamattina credevo mio di diritto.

   Lui indossa un cappotto di lana marrone, sobrio e ordinato. Le mani poggiano sul tavolo con la calma di chi ha imparato a non avere fretta. Lei porta una sciarpa di seta bianca, annodata con quella precisione che parla di decenni di cura reciproca. I capelli, raccolti in uno chignon morbido, sono trattenuti da una forcina in madreperla.

   I loro volti sono mappe di rughe, ma i gesti fluidi, quasi coreografici. Lui si china verso di lei, le sussurra qualcosa all’orecchio. Lei risponde con un sorriso trattenuto, coprendosi la bocca con il dorso della mano, un gesto che sembra uscito da una scena di Viaggio a Tokyo di Yasujirō Ozu.

   Poi accade una cosa inconsueta, almeno nel mio mondo.

  La sciarpa di seta scivola a terra, un movimento lieve come quello di un petalo che cade. Mentre lei si china per raccoglierla, la mano dell’uomo si tende verso lo spigolo del tavolo, il palmo aperto a proteggere quel capo fragile da un possibile urto. Un gesto automatico, naturale.

   Lei si rialza, e per un istante la sua guancia sfiora le dita di lui. Un contatto che dura meno di un battito di ciglia, eppure carico di un’intimità che mi fa sentire, per un attimo, un’intrusa. Lui non ritrae la mano, le accarezza appena la spalla prima di rivolgere l’attenzione alla cameriera, sopraggiunta in quel momento.

   Quando se ne va, i loro sguardi si incontrano in un silenzio che parla più di mille parole. Lui sorride, lei annuisce, e la conversazione sospesa riprende da dove era stata interrotta.

   Il rumore del bar si spegne, come se il mondo si fosse messo in pausa.

  Ricordo una sera di un anno fa, quando, inciampando sul tappeto, ho sbattuto il ginocchio contro il comodino.

   Marco commenta dal divano, senza staccare gli occhi dallo schermo: «Ecco, adesso piangerai per tutta la sera.»

   Il mio cappuccino è ormai freddo.

   La vena alla tempia mi pulsa, ma questa volta non per rabbia.

   Nel gesto di quell’uomo c’è tutto l’amore che non ho conosciuto: silenzioso, protettivo, quotidiano. Un amore che non ha bisogno di grandi dichiarazioni, perché vive nei dettagli, nelle mani che anticipano i pericoli, negli sguardi che si capiscono senza parlare.

   Quando esco, l’aria di ottobre mi pizzica il viso. E per la prima volta dopo tanto tempo, il vuoto che mi porto dentro non sembra più così vasto.

   C’è spazio, ora, per un barlume di speranza.

   Forse, un giorno, arriverà anche per me un amore così.

   Un amore capace di proteggere, anche solo dagli spigoli del tavolo.

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Discussioni

  1. L’impressione, la sensazione, mentre leggi è quella di essere anche tu seduto a un tavolo e osservare quanto accade in quello spazio così intimo e protetto. Gesti d’amore tanto quotidiani da compiersi con naturalezza anche in un ambiente che non è quello domestico. Forse, hai ragione tu, l’amore è questo. Non è rumore, non è proclama urlato a un megafono, non è tempesta. O forse è anche questo, o lo è stato. L’amore, credo, sia tante cose, così tante che non possono essere elencate. Credo che però l’amore sia soprattutto come lo immaginiamo per noi, lo desideriamo, lo sentiamo dentro. Il resto, è solamente vento passeggero.
    Hai scritto veramente un bel racconto, perfetto come un quadro da ammirare e sensuale come un fuoco da dentro. Davvero brava.

    1. Grazie, Cristiana! Non puoi immaginare quante volte abbia riscritto questo brano dopo che un mio professore di scrittura lo criticò duramente durante una lezione, sottolineando quanto fosse mal strutturato. Ci ho lavorato a lungo, anche se la sua brevità potrebbe far pensare il contrario. Oggi sono felice di non aver ceduto alla tentazione dettata dall’orgoglio, di cestinarlo. Ora l’idea che avevo in mente è più chiara, e le tue parole, insieme a quelle degli altri, confermano che i consigli ricevuti erano giusti. Grazie di cuore 💓

      1. Si capisce, in realtà che l’autore ci ha lavorato tanto. Perché la maggior parte delle volte, i racconti ‘senza azione’ e che si svolgono in una manciata di attimi, sono i più complicati da condurre. In questi particolari casi, diventa molto faticoso tenere accesa l’attenzione del lettore. Per questo motivo ci vuole tanto lavoro, tanta rilettura e anche una giusta dose di ‘maestria’ 🙂
        Io sono sempre convinta, ad esempio, che sia molto più facile scrivere un romanzo che non un racconto di mille parole con il botto!

  2. Quanta sostanza in poche righe! Complimenti, per come hai restituito proprio quell’amore che vive nei dettagli, usando anche l’udito, quel bar non solo l’ho visto ma l’ho sentito.
    Il racconto perfetto di un’esperienza particolare che si eleva a universale, e ci fa riflettere su quello che – consciamente o meno – ricerchiamo tutti. Grazie.

    1. Grazie a te per le belle parole. Questo brano è nato come esercizio per migliorare alcuni aspetti della scrittura e sono felice che sia arrivato. Il vostro giudizio è fondamentale.

  3. Questo racconto è di una delicatezza e precisione emotiva rara. La scrittura è intensa ma misurata, capace di evocare atmosfere con pochissimi elementi, lasciando che i piccoli gesti parlino da soli. Hai perfettamente incarnato il principio del “show, don’t tell”, costruendo una scena quotidiana che si trasforma, sotto lo sguardo della protagonista, in una rivelazione silenziosa ma potente. Bell’esercizio.

  4. L’amore è anche, e soprattutto, prendersi cura e avere a cuore il bene dell’altro, e le dichiarazioni più belle sono quelle rinchiuse in questi piccoli gesti. Lo hai descritto benissimo!

  5. Bello, per l’atmosfera del bar che hai descritto, così confortevole, e per avermi reso bene l’idea, con un solo piccolo gesto e uno sguardo di quanto può essere forte il legame, l’affetto o l’amore che può unire due persone. Non vorrei sembrare negativa, ma credo sia abbastanza raro, soprattutto che possa durare tanto a lungo da invecchiare felicemente insieme.

  6. Che bella l’idea di rendere protagonista della storia quel gesto che passerebbe inosservato per quasi tutti. Mi ha dato l’idea di leggere il racconto di un fatto che hai vissuto davvero. Inoltre i due giapponesi occupano il posto di chi racconta, e questo lega perfettamente l’inizio alle ultime tre frasi della storia!

    1. Non nasce da un episodio che ho visto in prima persona ma da un video che mi hanno fatto vedere. Quanto mi hanno chiesto di descriverlo ho immaginato il contesto. Sono contenta che ti sia piaciuto 🙏