Il numero galeotto

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Tobia ha perso il foglietto di Isotta col suo numero di telefono

C’è quel gruppo investigativo… com’è che si chiamano? Quelli-della-scientifica, tutti bustine di plastica e pinzette, va be’ quelli lì. Alla stessa stregua, Tobia si apprestava a estrarre dalla lavatrice la camicia e dal taschino il foglietto; dallo stereo gli Oregon suonavano Witchi-Tai-To.

Pensò che era messo male, il foglietto, ma che razza di carta ha usato?

Che poi, glielo avrò detto un sacco di volte di fare il programma delicato… ma lo sapete, non mi ascolta.

Con sapiente armeggio delle pinzette da filatelico del nonno, riuscì a dispiegarlo, tamponarlo con una carta assorbente (ve la ricordate, la carta assorbente?) e con estrema cautela, accostò i due lembi nei quali si era scomposto. Si leggeva quasi tutto. Certo, il tratto era assai sbiadito, ma si leggeva… solo nel mezzo dove il pizzino s’era diviso quel numero lì non era chiaro, poteva essere un cinque, ma forse anche un tre… Ma come cazzo scrive questa? Era teso.

Lo mise ad asciugare sul calorifero; poi, alla luce della lampada sulla scrivania, con calma certosina e una lente da Sherlock Holmes, decretò di essere insicuro anche su un altro numero, ma anche un altro così-così… quindi con metodo prese a scrivere tutte le possibili alchimie che coi numeri incerti potevano formularsi…

«Per Orobas!» Imprecò Tobia: erano cinquantasei.

Sentì che quella bolletta del telefono sarebbe stata salata; pazienza si disse, intorno all’ora di cena cominciò.

***

Ricordate dove avevamo lasciato Tobia quando iniziai a raccontare, ovvero prima tornare indietro con l’orologio di questa storia?

Vi rinfresco la memoria, non che la reminiscenza sia un mio punto di forza, me lo ero appuntato.

Dunque: si era svegliato presto, la caffettiera che spruzzava il caffè per la cucina mentre lui era in bagno, lo specchio rotto (pardon, solo scheggiato), lui ripuliva tutto e nel giro di poco tempo era pronto.

Ma pronto per cosa?

Ora lo spiego. Si diceva che quel giorno aveva appuntamento con Isotta. Eh sì, direte voi, era riuscito a comporre il numero giusto tra i cinquantasei possibili e alla fine era riuscito a fissare un puntello con l’innamorata…

Calma.

Quello lì, del giorno dello specchio eccetera, non era mica il primo di appuntamento.

Ah, no…? Vi stupirete voi. Proprio così, confermo io.

Oh, sia chiaro: dalla quella volta in biblioteca non si erano più visti. Ricordate? Vi dissi anche che aveva conosciuto Isotta tre settimane prima… Bene, in quelle tre settimane, ci furono dei piccoli incidenti di percorso, banalità, niente di grave: nel senso che nessuno si era fatto male (o quasi); tuttavia, non erano riusciti ad incontrarsi. Ma, proprio su ciò che sta nel mezzo, è giusto che sappiate qualcosa di più.

Iniziamo: luci soffuse, il clima piacevole di una serata invernale al calduccio di casa…

Ebbene sì, al cinquantatreesimo tentativo, Tobia riuscì a imbroccare il numero giusto.

Rispose l’Isotta. Era un po’ incazzata perché stava vedendo un film e, come accennavo parlando del cellulare, erano altri tempi: non c’era nemmeno lo streaming e non si poteva mettere in pausa il film… Pertanto: qualcuno che avesse telefonato sul più bello della scena madre avrebbe rotto maledettamente i coglioni…

All’oscuro della situazione contingente, il nostro Tobia, rimase un poco interdetto nel sentire il tono di lei lievemente irritato in quel “pronto, chi cazzo sei?”

Non so se vi è mai capitato di avere poco, ma davvero poco tempo per riflettere sul da farsi, e per di più sapere che da quella scelta potrebbe dipendere l’esito di qualcosa a cui tenete moltissimo… A me sì e, lo so, non vi interessa. Ma è proprio quello che successe a Tobia, il suo ragionamento, se così si può definire, fu una ridda di ipotesi in successione: cazzo, ho sbagliato momento! Che ore sono? Dormiva? No, è troppo presto… allora che cazzo c’ha? Magari quando le dico che sono io, le migliora l’umore… magari no… per Kobal! Mentre dall’altro capo del cavo: «Pronto… Pronto…! ma vaffanculo, cazzo… mi son persa la scena della roulette russa…»

Click: senza respirare, Tobia interruppe la comunicazione.

Assalito da un profondo senso di inadeguatezza, guardò l’orologio: le 21:45. Ci sta, si disse, uno che sbagli numero a quest’ora… ci può stare. E per quel giorno la questione fu chiusa. Ma come avrebbe suggerito un inguaribile ottimista, rifletté sul fatto che aveva portato a casa un risultato positivo: adesso aveva il suo numero.

Avrete avuto modo di osservare come, oggigiorno, sia in gran voga questo senso dell’ottimismo? Che poi a ispirarlo son sempre gli amici dello psicologo di prima, che però stavolta vendono qualcosa alla politica o alle aziende, per tenere a bada cittadini e dipendenti nei momenti di crisi, quando la trippa per i gatti (poveri) è finita… Bisogna pensare positivo, essere proattivi… e poi, soprattutto: resilienti! Mutuando il termine dalla fisica dei metalli e, come fosse per Ironman, confezionarsi una tutina lucida per l’impiegato frustrato. Vietato incazzarsi, specie col capo: anch’egli è una vittima come il sottoposto, se lo prende per il culo è solo perché non ha un altro modo per difendersi.

Ma com’è che divago sempre? No, se vi disturba ditelo pure…

A ogni modo, Tobia s’era portato a casa il suo bel risultato: il numero giusto. E per non eccedere in precauzione lo trascrisse su tre rubriche telefoniche, due delle quali non ricordava nemmeno di averle, ma rinvenute nel cassetto della scrivania, decise che era il caso di utilizzarle. Non ancora soddisfatto, annotò il numero anche su un foglietto che appiccicò con lo scotch al frigorifero e, infine, decise di non buttare nemmeno quello coi cinquantasei numeri, tra i quali quello buono cerchiato in rosso.

Bene, col numero di telefono direi che siamo a posto.

Stabilì poi, che il giorno dopo l’avrebbe chiamata verso le 19:30, tenendosi però libero a partire dalle 19:00; quindi andò a coricarsi fantasticando su quello che si sarebbero detti, e sull’appuntamento che avrebbe ottenuto, meritato premio alla sua faticosa ricerca. 

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


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Discussioni

  1. I numeri di telefono scritti a mano e la TV senza streaming… Quanti ricordi! Bello anche questo episodio, continuo a seguire con molto piacere le avventure di Tobia🙂