
Il pagliaccio
Un rullo di tamburi anticipa la mia entrata e mi presenta a voi, che con il fragore dei vostri applausi, accompagnati da fischi e risate, mi accogliete su questo grande palcoscenico. Non importa quale, o quanto orribile possa essere il volto che si cela sotto lo spesso trucco della mia maschera; non importa che il mio costume sia composto da logori e nauseabondi stracci, tanto miserabili da far torcere il naso anche al mendicante più misero che cammini su questa terra; non importa nemmeno quanto angusta, deprimente, o meritevole di compassione possa essere stata la mia esistenza fino a questo momento: voi vedrete solo il pagliaccio, un simpatico buffone che mestamente continua a divertirvi e intrattenervi con piroette, capriole e capitomboli.
Dall’alto dei vostri troni, che ricoprite di stoffe pregiate e morbidi cuscini per potervi sentire comodi, sicuri e coccolati e che tuttavia hanno un cuore di ferro e legno duro, voi signore e signori troppo distrattamente deridete il nobile, seppur misero animo, di chi sacrifica il suo diritto a una vita degna di questo nome per farvi dimenticare, anche solo per pochi istanti, i dolori, le sofferenze e i vuoti che colmano la vostra asettica quotidianità, queste disgrazie che sopportate e gravate sulla vostra schiena stanca e curva ogni giorno, come un grosso e ingombrante bagaglio. Ma io ora vi dico, signori che stoltamente sedete sicuri su quei vostri troni, che la vostra vita, una volta giunta alla inevitabile conclusione, si spegnerà nel più inutile e triste silenzio, e senza gloria o tributo scivolerete nell’oscuro calderone che è l’infinito, dove il tempo stesso non ha più senso, mentre io, il più umile tra gli uomini, sarò maestosamente illuminato dai riflettori di questo palcoscenico, accompagnato da ovazioni e applausi che mi renderanno pari ai grandi eroi dei poemi epici e della storia antica, e tra loro io rimarrò, immortale ed eterno, quando infine il nero sipario calerà sui miei occhi.
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Un punto di vista…
Un cliché. Tuttavia il pagliaccio non è diventato pazzo, o un assassino, o chissà quale altra malefica creatura, l’unica pecca è l’arroganza, difatti non è umile chi si autoproclama tale. La sete e voglia di ribalta è forte in lui sognando un futuro eterno nei ricordi dei piccoli, forse, ma di sicuro non in quello degli adulti. Quello che resterà di lui, il suo ricordo, non sarà meramente individuale, bensì collettivo, un ricordo generale di tutti i pagliacci come lui, il cui lavoro è quello di alleviare per qualhe istante le affrante e stanche vite altrui, o portare spensierati sorrisi sui volti dei più piccoli.
Ben scritto, semplice, molto corto, intenso, e pregno di significato, o per lo meno questo è quello che ho recepito io.
A rileggerti