Il primo appuntamento

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Per Tobia, la notte che precede il primo appuntamento, è una notte agitata con sogni poco rassicuranti

Come andò il famigerato primo appuntamento?

Be’, non vi nascondo che Tobia quella mattina era abbastanza provato, e come non esserlo, le braccia doloranti per la lotta contro la meccanica infida e traditrice, e quel malanimo che solo la premonizione semantica sapeva evocare, non che ci credesse davvero alle premonizioni, come forse accennavo all’inizio, Tobia considerava il dar credito a certe manifestazioni roba d’altri tempi, nell’era dell’avvolgifilo: a dir poco superato; specie per chi come lui era da un punto di vista semiologico emancipato.

Ma a chi voglio raccontarla? Be’, a voi, che domande…

Andiamo avanti.

Era già stanco, dicevamo, quando uscì. Trafelato e anche un po’ incazzato perché non aveva trovato la camicia che voleva indossare. Come se si potesse vedere, sotto gli strati di maglione e cappotto. Fa un freddo cane! Ho detto io, ma lo sapete…

Studiato con cura l’itinerario, ad eccezione delle deviazioni emotive, quello che aveva sorvolato la notte prima, avrebbe dovuto compierlo coi mezzi pubblici ché volare non era capace e la moto era guasta: un tratto a piedi, sette fermate col tram; poi ancora un tratto a piedi, un’altra tappa in filovia; infine, un ultimo percorso a piedi… lui. Lei, a piedi: cinque minuti, a passo lesto anche meno.

Ma vi garantisco che Tobia a questa cosa non aveva pensato: ah, l’amore!

Quando arrivò alla fermata del tram era già sudato, aveva corso. Pensò subito alla quantità di deodorante che aveva utilizzato, poteva essere sufficiente, si rassicurò; la civiltà ha inventato l’indecenza.

Dopo dieci minuti di attesa, alla fermata cominciava ad esserci un sacco di gente e del tram neanche la sagoma all’orizzonte, il suo orizzonte eran due incroci o poco più.

Tobia cominciava a innervosirsi, albeggiava nella sua mente l’idea di avviarsi a piedi, e subito scattò il calcolo: la distanza dalla successiva fermata… se il tram dovesse arrivare appena ho passato la metà del percorso ce la posso fare, se corro. Ma ecco che il tram si stagliò sullo sfondo confuso dei palazzi.

Era pieno come un autobus di Calcutta all’ora di punta, anche l’olezzo a bordo aveva un che di esotico (cosa dicevamo della civiltà e dell’indecenza?). Nell’ardimentosa manovra per salire sgomitò una vecchia che tentava di farsi largo a bastonate nei garretti e in cambio, la perfida vecchina, lo colpì duro su un ginocchio col legno nodoso che fingeva di portare per sostenersi. Tobia ebbe un sussulto, ma non mollò la pertica di alluminio conquistata. Finalmente, il conducente chiuse le porte lasciando a terra una buona metà delle persone che attendevano alla fermata, tra cui la vecchia che menava fendenti col bastone sulla fiancata del mezzo. La scatola di sardine su rotaie partì e subito dopo la tensione si allentò, almeno sino alla prossima fermata, dove Tobia dovette resistere a un nuovo assalto di passeggeri; una giovane mamma gli appoggiò sulla schiena il pupo che aveva in braccio.

Per fortuna, Tobia, che avvertì pressioni mollicce, non poteva vedere che il pargolo confezionava lì per lì materiche opere d’arte sul suo giaccone, giocando a sputa e riprendi il ciuccio; non occorreva che lui lo sapesse e noi non glielo avremmo detto.

In sosta alla fermata: «Che cazzo apri a fare? Non vedi come siamo combinati qui?» S’ode dall’interno del tram…

Il guidino, già incazzato per il costo della ranitidina, si sporse dal posto di guida e lanciò alcune imprecazioni sputacchiando in faccia a Tobia che aveva un bel da fare a spiegare, muovendo solo gli occhi, che lui non aveva fiatato.

All’incrocio successivo il manovratore perfezionò la sua vendetta.

«Termina in deposito!» Urlò; e azionò lo scambio che, oltre la fermata, avrebbe fatto deviare il tram fuori dalla sua linea, in direzione della sede tramviaria.

All’apertura delle porte, come si scatenasse una sommossa, i passeggerei uniti, in barba al sesso, al ceto, all’etnia e alla religione professata, bestemmiando e inveendo contro il conducente e la società di trasporti, si riversano dalle uscite del mezzo, travolgendo tutto e tutti; la mamma che stava per cadere, col pupo in braccio, si appoggiò con tutto il suo peso a Tobia che allo stremo delle forze reagì, quando il pupo artigliò la sua capigliatura con le sue manine bioniche: «Per Zapan!»

Gli inquieti passeggeri, scesi dal mezzo, si dispersero rapidamente quando si avvidero che non c’era nessun altro tram in vista; anche Tobia, forse contagiato nel vedere i compagni di sventura, di buon passo, si avviò tagliando per vie secondarie, nella convinzione di guadagnare tempo.

Un classico: conosco una scorciatoia… Non crediate, amici, che non gli avessi detto che si stava sbagliando, so bene che Tobia ha il senso di orientamento di una scamorza affumicata, ma come recita la celebre battuta di un film: “Che te lo dico a fare…?”

Quando arrivò alla fermata della filovia era paonazzo, sudato. Col giaccone sul braccio, si chiedeva cosa fosse quella bava rinsecchita che decorava la parte posteriore… era ormai fuori tempo massimo sulla tabella di marcia.

Purtroppo, anche l’ultimo mezzo pubblico si faceva attendere, ma era stanco per rimettersi in marcia con una andatura decente, decise di aspettare.

Alla fermata, c’era ormai una folla, Tobia stava cercando di darsi una spiegazione quando questa gli piovve addosso come una doccia di spilli di ghiaccio.

«’Ca puttana, mancava anche sto cazzo di sciopero a singhiozzo… ‘sto mese è già il secondo!» Disse un tizio dallo sguardo sconsolato accanto a lui.

«Come, sciopero» esclamò Tobia.

«Ah, non lo sa eh?… Sono in ballo come al solito col rinnovo del contratto… fanno un gran casino, per prendere il solito contentino da pochi spiccioli che i sindacati hanno già negoziato con l’azienda e che il costo dello sciopero ricopre per la prima tranche, poi ci penserà qualcun altro con qualche altro sciopero.»

Tobia, desolato, si avviò a capo chino, lasciato l’uomo a parlare da solo di questioni assai importanti delle quali a Tobia non importava nulla, ma anzi: cominciava a nutrire un certo astio nei confronti di coloro che stavano minando il suo appuntamento.

E lei? Aspettava…

Continua...

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Avete messo Mi Piace4 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Ciao Tiziana, ho recuperato i tuoi commenti, un sentito grazie per il tuo tempo! E sono lieto di aver acceso qualche sorriso. Ti auguro una buona (e meritata) vacanza. A presto

    1. Ciao Roberto, grazie per la tua attenzione e il commento. Mi ha ricordato un “Sabato del villaggio” dove, però, il preludio è un percorso erto e la stessa domenica è in dubbio. A presto

  1. Per Zapan! Un viaggio a dir poco fantozziano, descritto però con una ricchezza di linguaggio inusitata per il compianto ragioniere. Non per questo il racconto ne risente, anzi, diverte per quello humor raffinato che contraddistingue la tua scrittura.

    1. Ciao Fabio, inutile dirti che considero un onore il rimando che hai fatto al mitico ragioniere. In effetti la situazione tende al grottesco, per quanto, posso assicurarti che non è così distante da ciò che si poteva sperimentare (ma forse pure oggi…) nella realtà. Grazie per essere passato, a presto

  2. Questo viaggio in tram mi ha fatto ricordare i vecchi tempi in Italia, quando prendevo l’autobus per andare a scuola: una volta, l’autista lasciò la portiera aperta e io feci il viaggio per metà fuori dall’autobus, aggrappata pietosamente a una maniglia😅 Quando la sicurezza era una priorità! Grazie per questa lettura: le avventure di Tobia mi ricordano tanto le mie🤣

    1. Ciao Arianna, come si diceva anche con Concetta, in effetti, è facile rivedersi in certe situazioni… certo, la tua esperienza rasenta una prodezza circense, ma senza rete! 😊 Grazie mille per essere passata e aver condiviso la disavventura. A presto

  3. La voce narrante che prende in giro Tobia mentre lo segue nelle sue disavventure rende la lettura leggera e vivace. Tra la vecchietta col bastone, il pupo creativo e le altre disavventure sembra quasi una tragicommedia urbana. Cos’altro capiterà al povero Tobia?

    1. Ciao Lino, penso che stia giocando su di un bordo narrativo, il rischio è di travalicare il limite e spero di riuscire mantenere il racconto in equilibrio. Grazie per il tuo tempo e per l’apprezzamento.

    1. Ciao Concetta, ti credo. Sono incidenti di percorso ordinari, per chi ha vissuto certi contesti, e mi fa piacere di cogliere che chi legge s’immedesimi nel personaggio. Grazie per il tuo tempo

  4. Bello averli letti di seguito. Ora sono qui ad attendere il prossimo episodio sperando che l’appuntamento vada a buon fine e che Tobia (ma anche il lettore) sia ripagato di tutte le fatiche ed ansie accumulate. Senza esagerare eh! Ma almeno un bacio intenso che lo ricarichi e gli dia entusiasmo per il prosieguo se lo merita (Tobia, non il lettore). Io attendo, divertito e speranzoso e faccio i complimenti all’autore.

    1. Ciao Giuseppe, è un vero piacere averti a bordo in questo raccontino, lieto che ti stia divertendo, spero di riuscire a mantenere un certo ritmo. L’esperimento che sto provando è proprio quello di inserire un personaggio fuori traccia, ossia il narratore. È poco ortodosso perché concede di passare dalla terza alla prima persona a seconda che sia barratore o personaggio con un propri pensiero e opinioni; ma restando onnisciente… al momento non posso dire di più. Grazie molte per i tuo tempo e tuoi commenti.