
Il suo dolce rifugio
Serie: Il bagno di Sara
- Episodio 1: Il suo dolce rifugio
- Episodio 2: La presa di coscienza
- Episodio 3: Epilogo
STAGIONE 1
«Nessuno si metterà mai più tra me e te amore mio! Nessuno! Sarò al tuo fianco tutto il tempo, anche se questa tua agonia dovesse durare per sempre!»
Sara singhiozzava, la testa poggiata contro lo scaldabagno, i piedi bagnati. Pur cosciente dell’inutilità di un gesto tanto rozzo, con la mano destra chiusa a pugno colpiva l’apparecchio di fronte a lei per sfogare la sua frustrazione, il suo senso di impotenza. Si lasciò cadere a terra, sfinita. Gli slip, a contatto con il pavimento, si inzupparono dell’acqua gelida che aveva formato una pozza per terra. Le sue lacrime si mescolarono con le gocce che ora le cadevano sul viso dalle tubature dell’apparecchio, come sangue del suo amante morente. Con gli occhi serrati, tremando per il freddo, non riusciva a non pensare a lui.
Non si era resa conto subito delle sue attenzioni.
La sera prima c’era stato quello che, si era detta, sarebbe stato l’ultimo di una serie di appuntamenti al buio. Carlo, un trentenne tutt’altro che bello, l’aveva accolta al tavolo del ristorante con uno sguardo che nemmeno per un attimo aveva provato a dissimulare la delusione. Per tutta la cena lui non aveva quasi aperto bocca, rispondendo con dei monosillabi alle sue domande. Appena Sara aveva ingoiato l’ultimo pezzo di petto d’anatra, si era alzato per andare a pagare e l’aveva riaccompagnata a casa, salutandola in maniera sbrigativa.
E non era stato nemmeno il suo più brutto appuntamento.
Con gli uomini per lei era sempre andata così: bocciata al primo sguardo. Sara non ne aveva mai capito il motivo, e la cosa la faceva sentire stupida oltre che inadeguata. Aveva provato a ravvivare un po’ il look dal parrucchiere, seguito una lezione di makeup, si era anche sforzata di imparare a camminare con un tacco più alto e a mettere vestiti che esaltassero meglio la sua figura troppo magra. Ma era inutile. Tutti gli sguardi degli uomini si fermavano al suo viso, e lì moriva ogni loro voglia di andare oltre.
Aveva ispezionato la sua faccia mille volte, misurato ogni tratto con i mezzi più disparati, dal suo pollice al compasso. Aveva anche letto un libro di fisiognomica. Tanto che si era convinta che il suo volto incarnasse un qualche tipo di proporzione che andava in conflitto con il cervello umano. Una sorta di anti-sezione aurea: così come le misure della proporzione divina rappresentavano il canone di bellezza estetica, le misura con cui invece erano distribuiti i tratti del suo volto, forse, generavano una sorta di repulsione nelle persone. O quantomeno disinteresse. Lo confermava anche il fatto che, al di fuori di Facebook, non riuscisse ad allacciare praticamente nessuna amicizia. E anche lì aveva dovuto togliere i selfie dalle immagini del profilo.
Quella mattina, entrando per fare un bagno, Sara trovò la stanza stranamente calda e accogliente, con alcune note di vapore che veleggiavano a mezza altezza e lo specchio appannato, cosa che le evitò la fastidiosa vista del suo viso. Quando aprì il rubinetto, l’acqua risultò già perfetta, un filo oltre quella soglia che ne faceva avvertire la presenza, senza però scottare la pelle. Mentre riempiva la vasca, piegata ad armeggiare con i sali, sentì la fiamma dello scaldabagno accendersi e aumentare di intensità. Fece arrivare l’acqua fin quasi al bordo prima di chiudere il rubinetto. Con una mano disperse i sali rossi che si erano concentrati tutti in un punto e si immerse. L’acqua traboccò, andando a bagnare il tappeto. La vasca, con il suo liquido abbraccio, la cingeva in ogni punto, fino sotto il mento. Dopo tanto tempo si sentiva avvolta e protetta, quasi coccolata.
Non fu un caso che da allora il bagno fosse diventato il suo dolce rifugio. Mai una volta quella stanza l’aveva tradita. Nemmeno col sopraggiungere dell’inverno, quando la mattina regala bruschi risvegli di acqua gelata sul viso. No, in quel bagno la temperatura dell’acqua era inesorabilmente giusta, senza inutili attese, e il contatto con il legno e la ceramica dell’arredamento regalavano alla pelle un caldo sollievo, anziché freddi sobbalzi.
Sara iniziò a passare in bagno molto più tempo di quanto avesse mai fatto prima. Lo decorava con oggetti ricercati, perlopiù in bambù, regalandogli un nuovo stile. Con le piante arrivò il primo punto di svolta. Sarà ne comprò tre: uno scenografico Pothos, sospeso sopra la vasca, una grossa felce verde, posizionata a terra vicino alla finestra, ma soprattutto un’orchidea bianca con striature viola, poggiata al lato del lavandino. Con quest’ultima, che delle tre era l’unica ad aver bisogno di cure giornaliere, Sara iniziò anche a parlare, a raccontare le sue ansie e paure, quando non semplicemente la giornata appena vissuta. Tanto che la chiacchierata ormai era diventata una specie di rito, e non la faceva più ripiombare nella solitudine che l’aveva sempre accompagnata in precedenza. Presto, però, si rese conto che la delicata piantina era solo un tramite: Sara in realtà parlava al suo bagno, a quella stanza che l’aveva protetta e aiutata quando la società l’aveva abbandonata, quando i suoi simili l’avevano rinnegata. A volte, addirittura, le sembrava di sentire rumori di tubi nell’intercapedine, come di risposta a ciò che lei diceva.
Era un sabato sera. Il cellulare, abbandonato da qualche parte nella casa, era rimasto silenzioso come al solito. Sara aveva abbandonato perfino i social network, voleva godersi sé stessa, senza illusioni, sola con la sua stanza del piacere. Immersa nella vasca ricoperta di schiuma, il piccolo stereo che aveva installato su una mensolina suonava “Young Lady, You’re Scaring Me” di Ron Gallo. Si versò un sorso di Passerina spumantizzata nel flûte e ne assaporò un sorso, prima di tornare a poggiarlo sul vassoietto dirimpetto alla vasca. Il vapore esalato dall’acqua calda le entrava dentro le narici donandole un senso di tepore che formava uno strano mix con il frizzante del palato. Risalendo, mentre si accarezzava la gamba, indugiò con la mano sul suo sesso, cominciando lentamente a massaggiarlo. Proprio in quel momento una goccia d’acqua fredda, rimasta sospesa sulla cornetta da chissà quanto, decise di baciarle la spalla. Un brivido la pervase. Prese la cornetta della doccia e se la posizionò tra le gambe, aprendo il flusso d’acqua. Il piacere provocato dal getto le fece sfuggire un gemito di soddisfazione. L’alternanza tra acqua fredda e acqua calda, con l’aiuto della dita che allargavano le sue labbra, le donavano l’illusione di una penetrazione. Il ritmo aumentava, costantemente. Il getto d’acqua incrementava di potenza con esso. Sara si ritrovò presto a urlare il piacere del suo orgasmo inarcando indietro la testa e allontanando la cornetta che, instancabile, sembrava voler continuare la sua cavalcata immaginaria. Soddisfatta, mentre riprendeva fiato, Sara si concesse un altro sorso di vino.
Fu in quel momento che si rese conto che in tutto ciò che era successo, non era stata lei a regolare il flusso dell’acqua.
Serie: Il bagno di Sara
- Episodio 1: Il suo dolce rifugio
- Episodio 2: La presa di coscienza
- Episodio 3: Epilogo
Il racconto è ben scritto, con un uso efficace di dettagli sensoriali che immergono il lettore nella vita e nei sentimenti di Sara. L’atmosfera è intima e a tratti surreale, mentre il bagno, con le sue caratteristiche quasi vive, diventa un luogo di rifugio e trasformazione per la protagonista.
Grazie mille per aver apprezzato il racconto Rocco. Spero che leggerai il seguito e magari poi riparleremo di quel tuo “quasi” 😉
Bello! Questo è il genere di racconti che piacciono a me. Ci vedo un tocco di realismo magico (il mio preferito), il mistero che non ha bisogno di essere spiegato, ma che serve a rivelarci (e a rivelare al protagonista) qualcosa su noi (e su di sé), qualcosa che c’è sempre stato ma che era celato sotto alla patina del reale.
Perdoami Nicholas, scopro questo commento con colpevolissimo ritardo. Un commento tra i più interessanti che ho ricevuto, mi fa piacere tu l’abbia apprezzato. Non so se poi tu abbia avuto modo di leggere anche gli altri due episodi di questa mini serie, mi interesserebbe un tuo parere.
Grazie e perdonami ancora per non averti risposto prima.
Ciao Marco! Sì: l’avevo letta tutta. È passato un bel po’ di tempo, e non ricordo molto. Appena potrò la rileggerò daccapo, così da darti un parere più approfondito👍🏻
Nel video di Mad About You degli Hooverphonic, lei instaura uno speciale rapporto con casa sua, i cui muri accarezza e della quale si prende cura. Chiude la porta agli amici e trova l’intimità con una specie di pianta carnivora. Ho sempre pensato che questo video trasmettesse un erotismo sottile e coinvolgente. Il tuo racconto mi dà le medesime sensazioni. Il finale delicato tipo vedo-non vedo mi piace molto. Bel racconto, aspetto il seguito.
Ciao Cristiana, grazie del tuo bellissimo commento, sono corso a rivedermi quel video che non ricordavo, anche se la canzone mi è tornata subito in mente. Sì hai centrato in pieno, siamo su quel genere di stranezze lì 🙂
E allora chi era?
“Chi” è un’assunzione forte in questo caso 😀
Aspetto il prossimo episodio.
Mandato ora in revisione, grazie per avermi letto
Ciao Marco, racconto ‘promosso’ a pieni voti. La frustrazione iniziale mi ha angosciata (penso sia un buon risultato), e mi piace molto il passaggio dal dialogo con le piante alla carezza, ognuno di noi vive in modi diversi erotismo e i mille piaceri della vita. Leggero’ con piacere anche il secondo episodio e ti seguiro’.
Ti ringrazio molto Nyam. La serie prenderà una direzione un po’… strana, spero di non deludervi 😀
Riletto. Direi okay, senza perplessita`. In questa seconda lettura ho apprezzato meglio la cura dei dettagli. Nessun elemento a caso, anche nella scelta del vino, dei fiori, dell’ orchidea…
Grazie Luisa, apprezzo molto queste parole perché danno un molto gradito riconoscimento a un piccolo lavoro di ricerca e cura che è stato un po’ la linea guida di questo episodio (a parte la scelta del nome del vino ovviamente 😅)
Wow! Brillante. Piacevole, ironico, acuto. Una premessa che fa breccia e un primo episodio che incuriosisce. Due sole perplessita`: il nome del vino e il passaggio un po’ troppo repentino dal piacere di parlare con le piante del bagno a quello col suo “fiore”. Aspetto il prossimo episodio.
Ciao M.Luisa, ti ringrazio per il tuo commento e le tue belle parole. Sul nome del vino ammetto di aver inserito semplicemente il vino delle mie zone e che bevo di solito, senza pensare a possibili doppi sensi, immagino non sia tanto conosciuto a questo punto. Sul resto, sì forse si potrebbe introdurre in maniera diversa, ma spero che con il secondo e ultimo episodio si capisca quanto tutto ciò che sia stato raccontato sia legato da un unico filo conduttore.
Un saluto