In fuga da Pietro

Serie: Le rose e le rouge


Valentina viene convocata in caserma dal maresciallo Lo Piccolo, in presenza del padre di Rosa e la sottopone a una sorta di interrogatorio con un tono accusatorio.

Il motorino era fermo da un anno. Si era spaccato l’asse della batteria e Valentina, per poterlo riparare, sperava sempre in un gratta e vinci fortunato. L’aveva portato da Cric & Croc, dopo aver incassato un po’ di soldi da San Francesco d’Assisi,  sotto un albero, che parla agli uccelli. Un vecchio quadro della nonna con la cornice color noce, cesellata e molto stagionata. Quando Valentina l’ aveva mostrato al professore, lui aveva suggerito di portarlo da un antiquario, in città; essendo una stampa molto antica e ancora integra, avrebbe potuto valutarla tra i cento e i centocinquanta euro. Ogni tanto, volgendo lo sguardo a quell’icona, era tentata di seguire il consiglio, ma poi rinunciava. Era affezionata a quel quadro, non solo perché era un ricordo della nonna, ma anche uno dei pochi oggetti della casa che avevano destato l’interesse di Jean. Il francese bello, impossibile e stramaledetto, per averle sconvolto la vita. Una domenica mattina si era svegliata con il bisogno impellente di recuperare lo scooter. Si era recata al mercatino dell’usato, all’aperto, in piazza Delle Pezze, e aveva svenduto, per soli quaranta euro, il santo con gli uccelli, senza riuscire a disfarsi dello sguardo incantato di  Jean.

Quando aveva acceso il motociclo per andare da Clara, lo aveva impennato, facendolo rombare, e si era sentita leggera  e gasata come un pallone gonfiato che può librarsi in alto, oltre il campanile della chiesa di Sant’Ellèna, in fondo alla strada.

La tavola era già imbandita.

«Quanto cibo! Altro che dieta.»

«Tutta roba fresca e biologica: vellutata di zucca con carote, crema di tofu alla diavola, carciofi in agrodolce, insalata mista e dessert di fragole con panna vegetale. Ho preparato un misto di assaggi, perché non conosco i tuoi gusti.»

«Il tofu non l’ho mai mangiato.»

«Bene. Ogni tanto qualche piccola novità culinaria ci vuole.»

«Soprattutto per una come me che mangia, a giorni alterni, un filetto di pesce surgelato, meno gustoso di un’alga bollita. E poi, quando vado al bar, mi strafogo di babà e cioccolato.»

Avevano mangiato e bevuto un’intera bottiglia di Is Argiolas, fresco e leggermente frizzante. Dopo i primi bicchieri si erano sentite allegre e più loquaci.

Avevano iniziato a ridere per una frase detta male. «Ti sale il porto?»

«Come, scusa?»

«Ti porto il sale? Io non lo uso» aveva spiegato Clara, continuando a ridere.

Valentina cominciava a svagarsi, scacciando dalla sua testa l’espressione accusatoria del maresciallo. E accantonando i sensi di colpa nei confronti di Rosa.

«Raccontami del giorno che hai deciso di mollare tutto per andare a Silquà.»

«Era per Sant’Antonio Abate. Pietro e i suoi amici stavano organizzando gli spuntini da consumare intorno al falò. Mia madre mi aveva chiesto di andare ad aiutarla per preparare il pane da benedire e distribuire in parrocchia. Rimasi da lei fino all’ora di cena e rincasai un po’tardi. Entrai subito nella stalla, per controllare se Albino avesse ancora qualcosa da mangiare. Le mele bacate e le fave secche del giorno prima erano tutte lì, intatte. Il mio asinello, però non c’era. Pensai che qualcuno lo avesse fatto uscire fuori, nel campo sterrato, oltre il recinto del cortile. Provai a cercarlo, inutilmente. Mia suocera, che di solito andava a letto presto, aveva la luce della cucina ancora accesa. Andai a bussare alla sua porta, lei mi fece entrare e quando le dissi di Albino, sogghignò con malcelata soddisfazione. Mi disse che erano arrivati gli amici di Pietro dai paesi vicini. Le salsicce non sarebbero bastate per tutti, il prosciutto era sparito e anche il formaggio. Qualcuno aveva cercato di catturare i gatti del vicino, più grassi di un maialino, ma quelli erano saliti sul muro, fino al tetto, più svelti di un siluro. Quindi, per festeggiare, intorno al falò di Sant’Antonio, la festa l’avevano fatta ad Albino. A su burricheddu, come disse lei, nel suo dialetto. Era evidente quanto fosse compiaciuta per quella bravata del figlio, con tutta quella marmaglia di amici. Si sentiva orgogliosa e fiera che Pietro, finalmente, si fosse imposto, sottraendomi quell’animale a cui mi dedicavo con tanta cura. Mi rievocò una frase, uno dei proverbi dialettali che ripeteva spesso. Tradotto letteralmente significava che “al marito meno cure di un asino e all’asino più di un marito”.»

«E poi, cosa hai fatto?»

«Mia suocera mi ha dato la forza per andarmene. Il suo sguardo, le sue parole, tutto ciò che era successo dal giorno delle nozze fino a quella sera, hanno fatto traboccare il vaso già colmo. Non potevo più restare dopo quell’ultimo gesto di crudeltà da parte di Pietro.»

«Sei andata via quella notte?»

«Nooo. Ho preparato solo lo zaino e l’ho nascosto. Il piano l’avevo già in mente, prima, però, dovevo riempire le mie borracce di liquidi in carta. Ho venduto le fedi, il suo ferma cravatta in oro, un orologio e qualche regalo di nozze in argento; poi, col pretesto di andare all’ufficio postale a pagare le bollette, ho preso il bancomat. Conoscevo il pin a memoria, però il limite massimo per poter prelevare era di mille euro al giorno, quindi ho avuto bisogno di tempo. Se mi avesse chiesto la restituzione gli avrei detto che non ricordavo dove l’avessi messo e sarei partita subito. Ho apparecchiato la tavola alle tre del mattino, con una tovaglietta bianca, ricamata, e un’abbondante colazione: latte, caffè, e una torta di mele, morbida, dolce e un po’ lassativa. Accanto un biglietto: Ciao Pietro, vado a trovare la zia Clara che sta male. Prenderò il treno, spero di poter tornare prima di sera.»

«Lui sapeva dove abitasse questa zia Clara?»

«La zia Clara non è mai esistita, per fortuna lui non si è mai interessato dei miei parenti. Diceva che siamo gente strana. Non voleva avere nulla da spartire con nessuno dei miei. La Clara che stava male, in quel serraglio di belve umane, in realtà, ero io. Sono scappata prima dell’alba, con l’assoluta certezza ─ grazie alla complicità di Gemma ─ che Pietro avrebbe dormito più del solito e che, goloso com’era, quella torta lo avrebbe bloccato in casa, per molte ore.»

Serie: Le rose e le rouge


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

    1. Devo riflettere su queste tue parole. Sei gentile come sempre, ma in questo momento ho la sensazione che questi episodi possano apparire slegati, come pezzi che si fa fatica a mettere insieme. La storia di Clara inserita nella storia generale di Rosa, Valentina e tanti altri, forse disorienta e confonde il lettore.
      Grazie Cristiana, il tuo tatto delicato mi induce a ripensare con piú attenzione almeno i prossimi episodi.

      1. Sai, Maria Luisa, a me, personalmente, questa tecnica piace molto e la trovo efficace. Mi fa ‘lavorare’, mi aiuta nella concentrazione, mi mostra l’intera storia su piani differenti.
        Io non ho potuto utilizzarla nell’ultima mia serie, in quanto la narrazione si predispone lineare, come due binari che corrono vicini. Nel caso di questa tua storia, invece, ritengo sia un’ottima scelta. Tanti pezzi che il lettore impara a mettere insieme per avere poi il premio della visione del tutto. A me, piace così! 🙂

        1. Ok. Grazie di cuore, Cristiana, se a te piace, per me vuol dire tanto e potrei andare avanti con la stessa modalità narrativa. Ormai la storia di Clara volge al termine.
          Un abbraccio.

  1. Mi ha davvero impressionata il ghigno della suocera che si riesce a vedere attraverso le parole. Come si può godere della morte di un animale? Anche se fosse realmente per cibarsene, per necessità, sono convinta che da ridere non c’è proprio niente. Nel caso della povera Clara si tratta del culmine di una vita matrimoniale di vessazioni e cattiverie. Clara però, ha un carattere forte e moltissima consapevolezza. Credo che abbia anche una maggiore cultura rispetto al marito e alla famiglia di questo. Sa cosa fare e pianifica tutto bene. Personalmente, mi piace anche la fregatura che ha messo in atto 🙂

    1. Grazie mille Cristiana per il suggerimento. Sï, credi che Clara potrebbe avere un livello culturale e di consapevolezza diciamo diverso da Pietro e credo che dovrei farlo trapelare in uno dei prossimi episodi. Potrebbe contribuire a sostenere la causa in difesa degli animali.

  2. Il finale ti riempie di soddisfazione😂😂Altro che torta di mele gli avrei lasciato!! Sono felice che Valentina abbia deciso di vedere Clara e di accantonare tutti gli ultimi avvenimenti. Bravissima

    1. Pensi che il veleno per topi sarebbe stato meglio del lassativo? Ci ho pensato ma avrei dovuto cambiare il titolo: “Le rose noir”. 😉 E comunque ci ha pensato qualcun altro a farlo fuori. Avevo gia accennato che Pietro era stato ritrovato morto, devo ancora svelare il motivo.
      Grazie Tiziana.

    1. A giudicare dalle tue foto di coppia direi che hai trovato il tuo compagno di vita gemello, giovane, bello e giusto te; quindi non dovrai scappare, ma continuare a viaggiare in dolce compagnia.
      Grazie Arianna.

  3. Povero Albino, capisco perché Clara, dopo quell’episodio, non sia più riuscita a resistere.
    Non mi ha convinto del tutto la prima parte del capitolo, mentre il pranzo con Clara mi è piaciuto molto, a partire dal menù.
    Brava Maria Luisa, non vedo l’ora di proseguire con la lettura!

    1. Ciao Melania, grazie. Mi diresti esattamente cosa ti sembra poco convincente della prima parte, magari riesco a ritoccare qualcosa. Puoi scrivere qui, senza messaggio privato. Te ne sarei grata. I tuoi suggerimenti sono sempre utili.

      1. Un’incongruenza molto piccola, che ho notato perché sono puntigliosa e noiosa.
        Valentina ha aspettato un anno per riparare il motorino nell’attesa di vincere un Gratta e Vinci. Presumo, quindi, fosse a corto di soldi. Aveva il quadro della nonna da vendere a una buona cifra, ma ha sempre rifiutato, finché lo cede per soli 40 euro e, dopo, ripara il motorino. Quindi il problema non erano i soldi.
        Mi ha lasciata un pochino perplessa, ma potrei aver frainteso io. Te l’ho segnalato perché conosco la tua bravura e ammiro la tua capacità di creare una storia complessa e appassionante come questa.

        1. Valentina avrebbe potuto ricavare qualcosa di piú dalla vendita del quadro se si fosse recata in città, da un antiquario, ma il suo carattere impulsivo la spinge a compiere gesti o azioni che non sempre sono la scelta migliore. Il quadro aveva continuato a tenerlo per ragioni affettive fino al giorno in cui si é svegliata con una voglia matta di risalire sul motorino. E chissà, forse era arrivato il momento di sganciarsi da certi ricordi che il quadro le rievocava. Sono d’accordo con te: c’é un’ incongruenza, dovuta al carattere lunatico di Valentina.