
Ipnotizzati
Serie: Cyberfobia - capitolo 1
- Episodio 1: Il poeta Ermete
- Episodio 2: Ipnotizzati
- Episodio 3: Reato di suicidio premeditato.
- Episodio 4: Prendi e fuggi.
STAGIONE 1
– Rey, tu non hai sentito nulla? – Jutta si avvicinò al fratello poco più grande di lei, ma anche lui era ipnotizzato dal televisore e non si voltò nemmeno nella direzione della sorella.
Non una sola attenzione da parte sua, nemmeno un accesso di rabbia.
Rey era completamente disconnesso dalla realtà.
Jutta emise un sonoro sbuffo: ci era abituata a quei comportamenti e nonostante sentisse la propria tristezza iniziare ad avvolgerle il cuore, aveva imparato ad affrontarla, quindi indossò presto il cappello di lana e la maschera antigas, mise il guinzaglio ed una maschera antigas più piccola anche al suo amico a quattro zampe e prima di sbattere la porta di quell’appartamento fatiscente, disse: – io vado a vedere. Magari quell’uomo è ancora vivo.
Come già si aspettava, Jutta non ricevette nessuno risposta alla sua affermazione e nemmeno ci sperava più.
Jutta attese che Atum uscisse dall’abitazione, poi sbatté forte la porta ed una delle numerose anziane che abitavano nel palazzo, tirò un’occhiataccia a Jutta. Vide che lo sguardo della signora ricadde su Atum che si stava scrollando il pelo e subito non perse tempo per attaccare la ragazza.
– Ancora con quel cagnaccio? Scommetto che tua madre nemmeno lo vorrebbe.
Atum come di consuetudine, cercò di avvicinarsi alla signora per rubare qualche carezza, ma Jutta lo tenne fermo e guardò dritto negli occhi la donna.
– Signora Percy, non ha visto che un uomo si è appena ammazzato?
– Bene, uno in meno da sfamare – quella frase venne sputata dall’anziana con tutta l’accidia che aveva in corpo.
Jutta non si sorprese della sua risposta: la signora Percy era sempre stata una donna odiosa, così come le sue ed i suoi coetanei, tuttavia le era anche passata la voglia di risponderle, così prese a percorrere le scale e mentre la signora apriva la porta del suo appartamento vicina a quella della abitazione di Jutta, non esitò a mandarle un’altra frecciatina, gracchiando: – se non smetti di far ululare il tuo cane, lo dirò alla polizia!
“Ma se ne vada un po’ a fanculo”, avrebbe voluto rispondere Jutta, invece le rispose mentre scendeva le scale a perdifiato: – Tutti i cani ululano dopo l’Ultima Guerra, se ne faccia una ragione!
Una volta in strada, Jutta corse subito verso il cadavere dell’uomo, ma i due poliziotti che prima stavano parlando tra loro, avevano fatto prima di lei ed avevano già steso un grande telo bianco (insudiciato da altri utilizzi) sul corpo dell’uomo: una macchia di rosso vivido stava sporcando il telo nella zona dove si trovava la testa e Jutta si fermò di scatto, lasciandosi poi trascinare dal suo cane che con tutta la maschera addosso, provava comunque a fare le sue cose da cane, annusando chissà quali tracce di odori sul bordo del palazzo.
D’improvviso, sia Jutta che Atum tesero le orecchie quando sentirono il triste miagolio di un gatto: se ne potevano udire spesso di quelle tipologie di suoni, ma erano perlopiù lamenti che squarciavano la quiete notturna; quel gatto invece, miagolava con tanto dolore in corpo da far rabbrividire la ragazza.
I gatti erano diventati molto rari dopo l’Ultima guerra ed a volte Jutta si dimenticava persino come fossero fatti.
E se fosse stato il gatto dell’uomo che si era appena tolto la vita?
Intorno a lei, vi era qualche passante, ma nessuno pareva né vedere il morto, né udire l’animale. Era come se tutti fossero soggiogati da qualcosa che in rare occasioni, Jutta avrebbe tanto voluto provare a sua volta per spegnere il cervello.
La ragazza aveva fatto il giro del palazzo (dove fino a qualche minuto prima aveva abitato l’uomo suicida) per almeno tre volte di fila, ma di quel gattino non vi era traccia, inoltre stava iniziando a fare buio e Jutta sapeva bene che non era il caso per lei come per nessuno che non fosse un criminale o un poliziotto, restare fuori dopo il tramonto “invisibile”. Così lo chiamava lei nella sua mente in quanto non riusciva a distinguere il mattino dal pomeriggio perché il grigiore del cielo era costante e ci si accorgeva che era ora di tornare a casa solo quando il sole era tramontato di nascosto sicché il suddetto grigiore iniziava a tendere al nero, fino a lasciare in breve tempo completo spazio alle tenebre e per chi come lei, si rifugiava veloce in casa non appena il cielo iniziava a scurirsi, senza poter mai percepire né albe e né tramonti: era come vivere in un eterno presente.
Il cane di Jutta – Atum, che era un simpatico meticcio di grandezza media, agile, dal pelo folto pezzato di bianco e di nero, non voleva saperne di smettere di tirare il guinzaglio e la ragazza glielo lasciava fare, senza dargli ordini di fermarsi, sebbene attirassero le attenzioni dei passanti che non le facevano certo mancare occhiate di odio o di fastidio.
A volte, Jutta si sentiva esattamente dell’umore di quei sopravvissuti che aveva iniziato a saper riconoscere non per i loro volti ma per i loro modi di camminare: arresi, con sguardo basso, i capi chini ed i loro lunghi, interminabili sospiri.
Quando ella iniziava a sentirsi in quel modo, allora iniziava a giocare con il suo Atum che era sempre pieno di energie e di attenzioni da dedicarle e allora, persino un olocausto nucleare sembrava facile da affrontare.
Dal momento in cui il gatto non era stato ritrovato ed il sole nascosto era tramontato in via definitiva, Jutta stava per tornare dentro, quando uno dei poliziotti – dopo aver finito di apporre le ultime firme a documenti che poi passò al collega, la notò e le parlò: il suo tono di voce era calmo, mesto.
– Signorina, lei è residente in questo distretto, giusto?
Serie: Cyberfobia - capitolo 1
- Episodio 1: Il poeta Ermete
- Episodio 2: Ipnotizzati
- Episodio 3: Reato di suicidio premeditato.
- Episodio 4: Prendi e fuggi.
Ottima lettura!
Ciao, grazie mille 🤍
Se hai qualche consiglio da darmi, dimmi pure che sono tutta orecchi, altrimenti grazie ancora!