
La Bottega del Tempo
“Ma sta a vedere che viene anche a piovere” fu il pensiero che si fece strada nella mia testa in mezzo a tutti quelli che già la stavano affollando. Mancava solo quello, ovviamente l’ombrello non ce l’avevo quel giorno. Giorno che era stato alquanto complicato, l’avvocato che la mattina mi chiama e mi dice che la causa per l’affidamento di Giulia sta navigando in cattive acque. Poi la casa di riposo di mamma, anche lì bisogna fare qualcosa, non ne posso più di sentire lamentele e problemi tutti i giorni, ma per cosa li pago e anche profumatamente? Avevo quindi anche quasi litigato con i colleghi con cui ero andato a pranzo. Poi, invece di tornare a casa, avevo trascorso il pomeriggio a vagare per la città e a pensare. Stavo comunque fingendo con me stesso. Mi stavo prendendo in giro. Tutti i miei pensieri si riducevano ad un volto e ad un nome. Elisa. Quella donna che era stata nella mia vita fina da bambina, la prima che mi aveva fatto battere il cuore, la protagonista dei miei sogni quando da adolescente scrivevo il mio e il suo nome circondati dai cuoricini. Il primo bacio, quello vero, impacciato, con i denti che si scontravano. I primi brividi, dapprima teneri e poi sempre più potenti. E poi la fine, i miei traslocarono, cambio scuola, cambio compagnie, niente telefonini e whatsapp all’epoca e quindi lentamente scese l’oblio. Ma il cuore non dimentica. Un anno fa il caso, esco dal bar dove faccio colazione ogni mattina, una bella mattinata fresca, e mentre mi avvio verso la fermata dell’autobus sento il mio nome «Marco!» pronunciato da una voce femminile «Ma sei tu?» Mi giro e vedo questa donna, ragazza, e rimango sorpreso. Ma chi è? Poi gli occhi, quegli occhi «Elisa!» «Quanti anni?» dice lei «Tanti» rispondo, “Troppi” penso. E quella è stata la svolta, abbiamo ricominciato a frequentarci, piano piano tante piccole cose che pensavamo di aver dimenticato sono ritornate e anche il mio cuore ha ricominciato timidamente a battere. Fino alla sera in cui ho rovinato tutto, la sera in cui non ho avuto il coraggio, la sera in cui Maria, la mia ex, ha preso ancora il sopravvento nella mia testa e i sensi di colpa verso mia figlia, Giulia, hanno fatto il resto. Elisa se n’è andata, non ha resistito, ero riuscito ad alzare ancora una volta una barriera insormontabile. Provai a cercarla ma non ci fu nulla da fare, aveva deciso che non ero io quello con cui voleva condividere la sua vita e a un certo punto scoprii che era andata all’estero a vivere da sua sorella.
“E adesso manca solo che mi inzuppi per bene” pensai ancora, alzando lo sguardo però vidi sul marciapiede opposto una piccola vetrina illuminata con un grande foglio in evidenza dove si annunciava “ultimo giorno di attività, grandi occasioni”. Incuriosito e anche desideroso di ripararmi dalla pioggia entrai. La campanellina fissata alla porta suonò e mi trovai in un luogo che quantomeno avrei potuto definire come strano. Il silenzio praticamente assoluto, un odore di luogo antico e sacro, ma per niente spiacevole, anzi. Molti scaffali ordinati dove facevano bella mostra gli oggetti più disparati. Poi, senza alcun rumore o preavviso, mi trovai di fronte quello che doveva essere il commesso o proprietario del negozio. «Buon pomeriggio, e benvenuto nella “Bottega del Tempo”. Sa, lei è proprio fortunato, oggi è il nostro ultimo giorno di attività e lei è il nostro unico cliente. Ho tenuto in serbo il pezzo più pregiato del negozio e glielo offro a un euro». Il suo modo di fare era molto particolare, quasi inquietante, anche se non era disagio quello che trasmetteva. Piuttosto ciò che percepivo era una sensazione di calore e di sincero interessamento. Quindi annuii alla sua proposta e gli chiesi di cosa si trattasse. Lui, senza profferir parola, entrò nel retro del negozio spostando una pesante tenda di velluto rosso e dopo un paio di minuti fece ritorno con un oggetto dall’aspetto indefinibile tra le mani. Lo presi e vidi che era una bellissima clessidra, di ottima fattura e dall’aspetto antico «È un pezzo unico» disse l’uomo «proviene da una collezione di estremo valore. Sa, il Tempo è merce che non torna indietro, ma oggi gliela faccio pagare poco» Non esitai, la clessidra era veramente molto bella e particolare, se guardata in controluce emetteva degli strani bagliori. Uscii. Subito notai che aveva smesso di piovere. Bene, una buona notizia. Poi però cominciai a provare delle strane sensazioni. Mi ricordai di quando una volta da bambino, il telegiornale che mio padre tutte le sere guardava, iniziò con una sigla diversa e sbagliata. Una sensazione di estraneità, la realtà che veniva manipolata e modificata. Quello stavo provando in quel momento. Poi il mio cervello iniziò a raccogliere dati. Non era più tardo pomeriggio, era mattina, e c’era anche il sole. Iniziai a sentire dei brividi e le gambe che sembravano voler cedere. Poi mi accorsi che non mi trovavo più davanti al negozio, ero in un altro posto. Un posto che conoscevo. Iniziai a guardarmi attorno e mi bloccai di botto. A un centinaio di metri c’era il già noto bar dove al mattino facevo colazione. Ma non era possibile. Quel bar ha chiuso da ormai sei mesi. Pensai di essere stato drogato o di avere qualche serio problema mentale. Infilai una mano in tasca, sentii la clessidra e la strinsi. Scottava e mi trasmetteva calore in tutto il corpo. Poi, quando ormai pensavo che sarei svenuto, sentii il mio nome. Una voce femminile. «Marco? Ma sei tu?» Mi girai e lei era lì, di fronte a me, Elisa. Non riuscii a parlare e farfugliai qualcosa. Lei con gli occhi che brillavano disse «Ma è incredibile, penso sia dalla terza liceo che non ci vediamo» e mi abbracciò. Io, con la testa che mi girava, restituii l’abbraccio e pensai all’uomo del negozio “Grazie, stavolta saprò come usarlo, ho capito che il Tempo è una cosa seria”.
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La storia è bella e si sente che c’è tanta emozione dietro. A volte però il testo è un po’ pesante da seguire, ci sono tante frasi di fila e manca un po’ di pausa. Quando invece si passa ai fatti e alle immagini, tutto scorre meglio e coinvolge di più. Con qualche respiro in più, arriverebbe dritto al cuore.
Be’… però!