La cintura di sicurezza

Non so cosa sia un volto, ma riconosco i corpi dal modo in cui mi tirano verso di sé. Il suo lo conosco da anni: un clic netto, la corsa breve della fibra, il primo respiro che mi si appoggia addosso. Ogni mattina uguale, una misura precisa che non variava mai. Io vivevo in quella ripetizione: trattenere, frenare, cedere di un millimetro quando si sporgeva verso lo specchietto. Era il mio compito, la mia funzione. A volte il suo torace era più leggero, altre più rigido, ma tutto restava dentro la geometria dei movimenti abituali. Poi il clic sul gancio che mi liberava, e tornavo nel mio alloggio, raccolta nel mio angolo, in attesa del turno successivo. Questa era la mia esistenza: essere afferrata, scorrere sul suo corpo, bloccarlo, poi tornare al riposo. Clic, sblocco, rilascio. Una vita monotona, ma stabile. Ogni tanto, anche se di rado, qualcun altro si sedeva al suo posto. Per me era una variazione estranea: pesi diversi, trazioni diverse, forze che non avevo memorizzato. Con lui, invece, tutto rientrava nel previsto. Qualche volta sentivo accelerazioni un po’ brusche, curve mal calcolate, frenate secche. E in quei momenti la mia funzione diventava più chiara: stringere, trattenere.

Finché arrivò quella mattina. Nulla di particolare, eppure dal modo in cui si sedette e chiuse la portiera avvertii un’anomalia: una tensione nell’aria, come elettricità. Avviò il motore, si inclinò leggermente e mi afferrò con un gesto più violento del solito. Scorsi su di lui come sempre, ma percepii un’irregolarità. Poi il clic rassicurante. Io ero pronta. I primi movimenti confermarono il disturbo: subito una frenata che mi costrinse a trattenerlo più del normale. Due curve in cui il suo corpo scivolò dentro il mio abbraccio, instabile, sfuggente. Poi tutto cambiò. Una sterzata violentissima a destra: il suo corpo scivolò fino quasi a uscire dal sedile e la mia parte bassa dovette comprimere con forza gambe e bacino per non farlo sbalzare. Subito dopo, un contraccolpo opposto: il corpo tirato nella direzione contraria, la mia fibra costretta a invertire la pressione in un istante. L’auto si raddrizzò. Registrai una diminuzione della trazione e, per un attimo, tutto sembrò tornare sotto controllo. Avevo resistito. Lo avevo trattenuto. Avevo fatto ciò per cui ero stata costruita. Ma l’incubo non era finito. Un’altra frenata violentissima, stavolta dritta, senza oscillazioni. E poi la deflagrazione. Una massa d’aria esplose davanti a noi: sentii il suo corpo scattare in avanti con una forza che spinse la mia fibra al limite. Le trame del tessuto lottarono per non cedere. Affondai nelle pieghe dei suoi vestiti, che si lacerarono; percepii la sua carne, il suo sangue. Lo trattenni con tutta la resistenza possibile e insieme andammo a colpire un voluminoso ostacolo bianco. Non era mai stato lì: sembrava un cuscino, gonfio e improvviso. Lo colpimmo, rimbalzammo indietro, poi il suo corpo scattò ancora. Questa volta riuscii a bloccarlo: la violenza era diminuita, la mia funzione aveva retto. Ma la corsa non era finita. Sentii la macchina inclinarsi: il suo corpo cominciò a pendere verso destra. Io continuai a tenerlo, mentre l’auto scivolava e poi si adagiava su un lato. Il cuscino bianco, ormai afflosciato, oscillava inerte. Lui restava piegato, sospeso, e io lo trattenevo ancora.

Poi arrivò il calore. Prima lieve, poi crescente. Il fumo riempì l’abitacolo. Lui tossiva. E iniziò a strattonare: colpi rapidi, convulsi. Mi afferrò con forza, cercando di liberarsi. Ma la fibbia non cedeva: ero progettata per trattenere, non per rilasciare sotto quella tensione. Gli strattoni si fecero più violenti, il suo peso si spostava in modo caotico, la mia fibra soffriva ma resisteva.

Poi gli scossoni diminuirono. Poi cessarono. Rimase soltanto il calore. Poi il silenzio. E il suo corpo, che non pesava più come prima.

Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Un’idea molto originale che ti tiene incollato dalla prima riga: la prospettiva dell’oggetto, apparentemente noioso, che racconta la sua routine e poi l’incidente, è davvero coinvolgente.