
La festa
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Le rose e le rouge
- Episodio 2: Jean
- Episodio 3: Tattoo
- Episodio 4: Il professore
- Episodio 5: Carletto
- Episodio 6: Il Cinese
- Episodio 7: Il giornalista
- Episodio 8: Clara
- Episodio 9: Le jacarande
- Episodio 10: Carmelo
- Episodio 1: Da Biagio
- Episodio 2: Rosso rubino
- Episodio 3: La signorina Bellini Sforza Contìni
- Episodio 4: Il maresciallo Ercole Lo Piccolo
- Episodio 5: Colpa d’Albino
- Episodio 6: Rosa furiosa
- Episodio 7: E strunz
- Episodio 8: Pierre de Ronsard
- Episodio 9: A tavola senza cadaveri
- Episodio 10: Il signor Marino
- Episodio 1: In fuga da Pietro
- Episodio 2: Il buono, il cattivo e il maresciallo
- Episodio 3: François Dubois
- Episodio 4: Laura
- Episodio 5: Viola Testa
- Episodio 6: Calogiuri
- Episodio 7: I vecchi
- Episodio 8: Elia Boidu
- Episodio 9: La bestia
- Episodio 10: La festa
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
Laura aveva chiamato Giò, l’ amica parrucchiera che faceva servizio a domicilio. Una volta al mese andava da lei per spuntarle i capelli, di lunghezza media, dritti e lisci, sempre raccolti con un elastico, soprattutto quando era in servizio all’ospedale. Li accorciava soltanto: uno o due centimetri. Niente piega e niente tinta. Li lavava da sé, prima: doppio shampoo e balsamo alla vaniglia. Gli stessi prodotti usati da sua figlia. I movimenti del capo che facevano ondulare la sua rada chioma, le rimandavano indietro la fragranza di quando lei le passava accanto, giovane, bella e piena di vitalità. Vita spezzata e corpo martoriato, dal pazzo che aveva giurato, davanti a un altare, di amarla e proteggerla.
Di solito, dopo il lavaggio, Laura avvolgeva i capelli bagnati con l’asciugamano, fino all’ora stabilita per l’appuntamento con Gio’. E quando la sua amica entrava in casa, lei toglieva quel turbante impregnato di vaniglia e lo annusava, aspirando e sospirando, prima di metterlo a lavare.
«Mi dispiace Laura, questa settimana non ho tempo. Se vuoi posso venire lunedì prossimo. Il salone sarà chiuso come al solito. Io non ho altri impegni, potrei andare da te nel pomeriggio, se anche tu sei libera.»
«Non posso aspettare fino a lunedì.»
«Vai da coso, come si chiama… il cinese… Chao Chao.»
«Uhm… devo fare anche la tinta. Proverò da Rolando.»
«Sei pazza? Quello ti chiede venti euro solo per aprire la porta e appenderti la giacca.»
«Lo so. Ci sono stata una sola volta, molto tempo fa. Quel posto ha qualcosa di magico. Sarà la musica, con le piante, gli aromi nebulizzati nell’aria, il rumore dello zampillo zen… Mi è rimasto il ricordo di un sogno meraviglioso.»
«Ma come mai hai deciso di tingerti i capelli? Testimone di nozze, o sei tu che ti sposi?»
«Nessun matrimonio in vista. Se non riesco a prenotare da Rolando mi tingo da sola.»
«Come la volta che ho dovuto tagliarteli a zero? Finché non sono ricresciuti, andavi in giro con un berretto da baseball.»
«Colpa del prodotto scadente.»
«Va be’ fai come vuoi. Poi, però, se decidi di rovinarti con le tue mani, non venire da me a piangere.»
«Non ho più lacrime da versare per nessuno. Figurati se piango per le quattro ciocche smorte che mi sono rimaste.»
Al telefono le avevano risposto che si era liberato un posto per le ore 16 e 30. Laura si era precipitata da Rolando, con venti minuti d’anticipo. La ragazza aveva mani piccole che si muovevano con tocchi misurati, non troppo energici. Quel massaggio al cuoio cappelluto le rendeva difficile tenere gli occhi aperti. Si sentiva combattuta tra il bisogno di lasciarsi andare e l’imbarazzo di rendere visibile il piacere di quel tocco delicato e rilassante. Quando la ragazza aveva terminato di strofinarle i capelli con l’asciugamano e l’aveva invitata ad alzarsi per farla accomodare in un’altra poltrona, si sentiva stordita come se avesse ingerito qualche sostanza soporifera.
Aveva scelto una tonalità di colore castano, un po’ più chiaro del suo: quasi biondo.
Ormai i suoi capelli erano soprattutto bianchi e grigi. Le ciocche più scure erano spente, inaridite. Dopo lo shampoo, il taglio e lo spray, avevano acquistato morbidezza, volume, e una lucentezza nuova. Mentre guardava la sua immagine riflessa nello specchio, stentava a riconoscere ─ in quel volto addolcito dalla capigliatura rinnovata ─ la donna che, da alcuni anni, si sentiva più morta che viva: una salma in movimento.
Lungo la strada verso casa si era soffermata ad ammirare la vetrina del negozio Luisa Spagnoli. L’abito nero, semplice ed elegante, l’aveva conquistata al primo sguardo. Il vestito perfetto per una serata diversa e, forse, dopo tanto tempo, finalmente spensierata. Aveva provato la taglia 42. Avvolgeva le sue forme morbide, nascondendo le pieghe del corpo che cominciava ad afflosciarsi.
«Possiamo accorciarlo, se vuole.»
«Grazie, non è necessario.»
La lunghezza sotto il ginocchio, quasi a metà polpaccio, le sembrava quella giusta.
Lo spacco laterale troppo alto, che arrivava fino a metà coscia, lo avrebbe ridotto cucendolo.
Per un attimo subì la tentazione di acquistare una delle essenze profumate esposte vicino alla cassa. Il costo adocchiato sulla confezione, la riportò con i piedi per terra, alla sua modesta condizione economica da infermiera. Il mutuo della casa, le bollette da pagare, la macchina da rottamare. Meglio il solito Fleur de jasmin, acquistato a buon mercato da Masòn.
Pochi metri più avanti c’era il negozio di Ombretta: Punta e spillo. La voglia di comprarsi un paio di décolleté rosse, lucide, col tacco dieci, era forte. Respinse quell’idea repentina come una tentazione luciferina. Meglio i soliti mocassini neri, bassi e comodi. Immaginò i commenti delle vicine. “Cos’è impazzita?” “Avrà cambiato mestiere.” “Barcolla come un’ubriaca.” “Ma vai scalza che è meglio.”
In effetti, con un paio di scarpe così, col tacco sottile, ci vuol poco a cadere. E poi quel colore così… così rouge… squillante. Sarà per le scarpe di questo genere che le chiamano ragazze squillo? O sarà per l’uso del telefono usato per gli appuntamenti. Boh, chissà.
Rinunciò alle décolleté e tornò a casa. Saltò la cena, dopo il pranzo light in ospedale, con mela, acqua e un caffè amaro.
Tolse l’abito dalla busta e prima di appenderlo alla gruccia, volle indossarlo di nuovo. Notò il segno dell’elastico dovuto all’intimo indossato sotto il tessuto fine del vestito. Sfilò lo slip bianco, di cotone elasticizzato. La pancia, leggermente gonfia, appariva più evidente.
Forse un body liscio, intero, senza cuciture… O una sottoveste di seta nera, sopra l’intimo.
Laura appese l’abito dentro l’armadio. Meglio i pantaloni neri, abbinati a una delle sue camicette bianche, classiche. Un abbigliamento più comodo e più consono, per sentirsi a suo agio. Non poteva sperare di piacere a qualcuno se lei per prima si fosse sentita ridicola. Non era il tipo di donna che per sembrare più sensuale, osasse andare in giro senza mutande. Il pensiero delle sue vicine pettegole era il freno maggiore. Alla festa in piazza in onore della santa, patrona del paese, ci sarebbero state anche loro.
E quando giunse in piazza, lui che la stava aspettando, le andò subito incontro. «Le va di ballare?»
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: In fuga da Pietro
- Episodio 2: Il buono, il cattivo e il maresciallo
- Episodio 3: François Dubois
- Episodio 4: Laura
- Episodio 5: Viola Testa
- Episodio 6: Calogiuri
- Episodio 7: I vecchi
- Episodio 8: Elia Boidu
- Episodio 9: La bestia
- Episodio 10: La festa
Ti giuro, mi sono rilassata solo leggendo la scena dello shampoo da Ronaldo: che meraviglia! Andrei dal parrucchiere solo per quel massaggio😍
Mi fa piacere Arianna che la descrizione dello shampoo sia stata piacevole. Rolando é un famoso parrucchiere della nostra cittâ che non ho mai conosciuto. Non ho mai avuto il piacere di farmi lavare i capelli dalle sue shampiste. Le mie colleghe, quando ancora lavoravo, ne parlavano come di un mago del capello, per la sua abilità nel taglio. La sua fama mi ha ispirato, perció scelto il suo nome.
Le vicine pettegole…che brutta categoria. Mi è piaciuta molto la delicatezza con la quale descrivi Laura nel suo desiderio (sacrosanto) di volersi sentire donna, bella, desiderabile, frenato dal pensiero di ciò che pensano le vicine, che alla fine incarnano un poco non soltanto la paura del giudizio degli altri, ma anche un poco la paura del giudizio verso se stessa. Perchè purtroppo subiamo l’educazione rigida e i limiti imposti molto più di quel che pensiamo, anche quando li vorremmo ignorare o abbattere. Laura è tenerissima, nonostante il fisico e l’età non siano più quelli di una ragazzina mi ha ricordato l’emozione delle bambine quando sognano il principe azzurro. (Che poi, in quanto a principi e sogni, per quanto mi riguarda credo sarò eterna bimba anche a novant’anni 🤭)
Ciao Irene, grazie per questo generoso commento. Laura é il personaggio femminile che rappresenta una brava infermiera e una madre a cui hanno tolto la sua unica figlia nel modo piú macabro. Un colpo atroce che non dâ pace e un credito che, almeno in parte, dovrebbe ruscuotere, dalla vita, con una bella parentesi amorosa. Chissà se il destino, d’ora in poi, sarà piú magnanimo, oppure cinico e baro. Ancora non sappiamo.
Ciao Maria Luisa, davvero un episodio molto particolare. Ho notato il tuo occhio ‘rispettoso’ mentre descrivi lo stato d’animo della protagonista e la dolcezza con cui lo gai. Credo che questo sia l’atteggiamento giusto che noi scrittori dobbiamo avere verso i nostri personaggi, soprattutto quelli particolarmente delicati. In Laura, credo, ci rispecchiamo un po’ tutte, con le nostre debolezze e fragilità, ma anche con quella piccola e timida punta di compiacimento con la quale dovremmo imparare a guardarci. Un brano davvero bello e che spezza e alleggerisce la storia.
Ciao Cristiana, dici bene: un brano che spezza e alleggerisce la storia. Dopo il parto travagliato dell’episodio precedente bisognava smorzare i toni. Io per prima, sentivo questa necessitâ. E poi la vita é varia: sul piú bello possono capitare i fulmini a ciel sereno, ma é altrettanto vero che dopo un temporale splende, quasi sempre, il sole.
Grazie Cristiana e buon fine settimana.😘
Ciao Luisa, una puntata di riassetto, ma più realistica rispetto a certi sceneggiati dove si vedono carampane che, dopo alcune ore di lavoro, finiscono per sembrare le loro figlie, almeno per qualche ora; decisamente meglio così. E il cavaliere? Forse non il principe azzurro, ma pur sempre in divisa…? Grazie per la lettura e a presto
Ciao Paolo, grazie. Mi hai sgamato, peró non posso aggiungere altro. Ti diró com’era vestito il cavaliere la prossima volta.
Dietro la storia di Laura sembra esserci un timido desiderio di riscatto. Il vestito elegante da indossare con un tacco proibitivo. Un profumo costoso per esaltare la femminilità. Tutto per un’occasione che di sente speciale. Ho percepito tanto romanticismo in questo episodio. Brava come sempre,👏
Grazie Tiziana. Ho pensato anch’io, dopo aver scritto questo episodio: mi e venuto fuori un racconto romantico. Forse ci voleva, un po’ di leggerezza e di vanità, nella disperata ricerca di spensieratezza, dopo la brutalità dell’episodio precedente.
Quanti freni, povera Laura. Spero tanto riesca a sbloccarli, a vivere una serata folle che la appaghi e la faccia sentire bella, desiderata, amata.
Chissà se il cavaliere che le ha chiesto di ballare le farà vivere qualche momento di gioia. Vivere felici e contenti forse sarebbe piú da favola che da racconto realistico, ma… Qualche bella emozione per sentirsi di nuovo vivi e leggeri, ci potrebbe stare.
Grazie Giuseppe, se queste tue parole potesse sentirle anche Laura, ti ringrazierebbe anche lei.
Un racconto tenero e pieno di luce: nei piccoli gesti di Laura si sente il suo desiderio di ricominciare. La scrittura accompagna con dolcezza questo cambiamento e il finale lascia un bel senso di speranza. Sei la “solita” meravigliosa certezza!
Ciao Lino, grazie, sei gentile e generoso. Trasmettere speranza è una delle cose che vorrei, attraverso i miei piccoli racconti. Non solo evidenziare gli aspetti più oscuri della natura umana, ma comunicare anche qualche piccolo messaggio di incoraggiamento a non arrenderci mai. La vita toglie e dona, ferisce e lenisce, se vogliamo.
Hai perfettamente ragione, e dovrei fare tesoro delle tue parole. Ma quando metto la penna sul foglio (sì, perché sono ancora uno di quelli che si segna a mano gli appunti, le frasi rubate per strada, gli sguardi, gli odori, le sensazioni) non riesco quasi mai a uscire dalla mia cupezza.
Io credo che i tuoi racconti siano perfetti così come sono. E come ho già scritto altre volte, invidio e ammiro la tua capacità di saper dire le cose nude e crude, senza addolcirle. Solo così si puó percepire sino in fondo il dolore, la paura o la rabbia che alimentano il vissuto sofferto di tante persone. Tutto ció puó essere utile per condividere, ridimensionare o comprendere meglio la complessità e la profondità dell’animo umano. Nella vita vera, reale, peró, credo sia fondamentale, per il nostro relativo benessere, riuscire a vedere anche la luce, la bellezza, la dolcezza della poesia di un fiore o di un sorriso o di certe parole sincere e gentili.
Un abbraccio.