
La guerra dell’anno prossimo
I tank si muovevano in una nebbia strana, più che essere bianca, grigia o nera, era rossa. Per fortuna che Andrea indossava la maschera antigas, ma anche la tuta NBC. Non aveva idea di come avrebbe potuto sopravvivere a quella nebbia. Persino i tank avevano una colorazione strana; più che mimetici, sembravano essere stati colorati da un bambino.
Presero la collina, i tank si misero in posizione, i soldati si distesero a terra come se fossero a Waterloo.
I fucili erano pronti, le torrette brandeggiarono, ma Andrea non vedeva lo stesso nulla.
In cielo comparvero dei jet, stavolta Andrea li vide. Erano amici e si diressero verso nord lanciando dei missili aria terra. Andrea non si faceva dubbi che contenessero altre schifezze. Aveva sentito parlare di Greta Thunberg, e pensò: āBeā, in questo momento chissĆ quanto starĆ frignando quella ragazzina!ā.
Dalle alture lƬ davanti si videro delle mosse, poi quelli che sembravano burattini si misero a correre verso di loro, i fucili che sputavano delle fiammelle.
Andrea si era abituato a vedere nonostante il fumo e prese la mira, attese lāordine.
Ā«Pronti al fuoco! Al mio ordineā¦Ā» si diffuse la voce con il megafono.
I tank attendevano, i fucilieri pure.
«Uno, due, tre⦠fuoco!».
Andrea premette il grilletto, il fucile scagliò delle pallottole e qualche nemico cadde in terra.
I tank si scatenarono. I loro non furono spari, ma esplosioni, più tuoni. Lanciarono delle fiammate e dopo neanche un secondo nella vallata eruttarono dei geyser di luce, fuoco ed energia cinetica che spostarono lāaria e giĆ solo cosƬ smembrarono i soldati nemici.
Continuarono ad aprire il fuoco, ma era una continua confusione. Andrea prendeva la mira, ma dopo un momento quel tipo a cui voleva sparare stramazzava a terra colpito da qualcun altro. Una scheggia? Una pallottola? Lo spostamento dāaria di unāesplosione? Decise di sparare a caso, pur con criterio.
Tornarono i jet, e come canadair rilasciarono delle nubi dallāaspetto simpatico, ma gli effetti furono sinistri perchĆ© di lƬ a poco i soldati nemici si misero ad agitare come se fossero scarafaggi incastrati in una bottiglia gettata con un peso nella fossa delle Marianne.
«Cessare il fuoco!» gridò il megafono.
Ā«Cessare il fuocoā¦Ā» ripeterono tutti.
Adesso sembrava che la battaglia fosse finita. Era la millesima di quel giorno, o forse era il segmento di una battaglia molto più lunga e su vasta scala.
«In piedi. Riprendiamo la marcia».
Andrea obbedƬ e camminò in mezzo ai bossoli che avevano racchiuso lāuranio impoverito mentre cāerano le nebbioline di yprite, fosgene, arsina, nervinoā¦
Ā«Questa ĆØ la guerra dellāanno prossimo, ma nellāanno prossimo cosa ci sarĆ ?Ā». Andrea se lo chiese ad alta voce, ma gli risposero solo i rantoli di un soldato nemico che agonizzava.
Bastò fracassargli il cranio con il fucile, e la marcia proseguƬ fino allāanno prossimo.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi
Ciao Kenji, una denuncia piuttosto forte in ambo sensi: l’inutilitĆ della guerra e l’assoluta irresponsabilitĆ verso la vita (mondo e genere umano)
GiĆ , ĆØ vero! Grazie per il tuo commento!
āLa guerra ĆØ un cavalletto, i politici sono il quadro e i soldati sono il colore.ā
Gabriele Ristallo
Che dire dopo tutti questi tuoi bei commenti? Grazie!
Ah, ovviamente bella questa citazione…
Una brutta visione del futuro, ma piuttosto accurata. Ma nonostante la tua preparazione nelle azioni belliche passate e moderne leggo tra le righe un po’ di speranza e di accuse verso il militarismo.
Al prossimo racconto
Grazie Alessandro š