La notte porta un coniglio

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Tobia, a seguito di alcune vicissitudini, riesce a rintracciare il numero perduto, del telefono di Isotta…

Apriamo ora una piccola parentesi sul sonno e più in particolare sul sogno di Tobia.

Forse, in precedenza, ho già detto qualcosa circa la scarsa predisposizione del nostro eroe verso i segni premonitori, be’, a questo proposito le scuole di pensiero si sbizzarriscono, senza contare gli studi condotti con materiale umano…

Sì, proprio umano. D’altra parte, come non essere d’accordo: per il bene comune, un bel sonno con qualche elettrodo in testa non si negherebbe a nessuno scienziato. Non che non lo abbiano fatto anche con animali, tuttavia, immagino che con un ratto sia difficile, al suo risveglio, farsi spiegare cosa ricorda…

Va be’, andiamo avanti: Tobia sognò. E come sovente gli capitava, al risveglio portò con sé frammenti di quel che aveva sognato.

Addirittura, talvolta era possibile che in una certa fase del sonno, che adesso non rammento quale sia, potesse addirittura pilotare il sogno; che si trovasse cioè in uno stato di sogno cosciente o, come diavolo non so, gli capitava di avere la sensazione di poter modificare le sue azioni nel contesto onirico ma, meglio ancora, anche quelle degli altri partecipanti al sogno che fossero umani, animali o oggetti inanimati: come una tegola che, cadendo da un tetto, possa modificare la sua traiettoria per andare a colpire la testa di qualcuno al di sotto o, bontà sua, schivarla.

Perché vi dico questo? Proprio non lo so, perché questa volta Tobia non pilotò nulla, ma subì gli accadimenti del sogno. Ricordava, appena desto, tre momenti del sogno o forse tre sogni, ci manca al solito l’esperto… oppure, in questo caso, sarebbe più opportuno rivolgersi a un prestigiatore, con tanto di cilindro e coniglietto bianco, ma potrebbe andar bene anche uno di quei lestofanti coi tre bicchieri capovolti.

Il primo: come recitava il testo di una canzone popolare milanese, fu “colto a tagliare fiori nel lamierino per farne dono alla sua innamorata”. La canzone si rifà a un periodo in cui era fiorente la produzione di acciai e laminati, e nel capoluogo lombardo erano disseminate fabbriche e officine. Che poi, potrete bene immaginare, non essere cosa semplice un simile esercizio di bricolage, ma il Tobia aveva doti artistiche o giù di lì e i fiori di lamiera erano davvero belli. Se non fosse andata a finire che, nel sogno come nella canzone, lo beccarono… vergogna e pubblico ludibrio.

Il secondo: Tobia è in moto, deve percorrere la strada che lo porta al suo appuntamento, ma la motoretta è senziente, dotata di volontà propria, ragion per cui va dove vuole lei. E sono vani tutti gli sforzi fisici di Tobia nel contrastare le sterzate fatte dal mezzo, gagliardamente imperioso e ostinato. I muscoli delle braccia doloranti al risveglio sembrano comprovare la vividezza e il realismo del sogno, al termine del quale non è raggiunta alcuna meta, né quella voluta da Tobia, né quella ignota perseguita dalla motoretta: mentre i due lottano la sequenza va in dissolvenza… parità?

Il terzo e ultimo frammento: Tobia vive con grande eccitazione e aspettativa il tragitto che, in volo, lo conduce attraverso la città verso il suo appuntamento, inclusi luoghi non pertinenti col percorso reale, ma per lui intrisi di ricordi e dal significato simbolico. Assurdo è che il fatto di volare non sia per niente sconvolgente, anzi normale potremmo dire; bensì, Tobia si stupisce perché, potendo volare, il suo tragitto segua pedestre le vie cittadine e non vada piuttosto a tracciare una linea retta che lo condurrebbe all’appuntamento in modo diretto. Ma, come dire: giacché posso volare, ne approfitto, non ho premura.

All’arrivo, delusione e sgomento: una persona sconosciuta era già presente all’incontro con l’Isotta, ma lei aveva il volto di un’altra donna alla quale non riuscì a dare un nome, per lo meno, al risveglio non riuscì a ricondurre quel volto a nessuna persona nota.

«Ma per Kulak, com’era brutta!» Disse destatosi.

Per quelli che ci sono nati, la città sa essere una mamma, di quelle non troppo apprensive, che credono doveroso lasciare ai figli un po’ di spazio e, se del caso, l’opportunità di sbagliare. Le grandi dimensioni possono spaesare all’inizio, ma poi, il fascino dell’incognita che queste offrono, finisce per avere la meglio sul disorientamento e inducono a cercare l’avventura in zone meno conosciute e forse meno sicure di certi rioni periferici. Per una giovane o un giovane, rispetto a un piccolo borgo, dove quasi tutti sono imparentati, la città offre anche innumerevoli opportunità di incontro o, quanto meno, così era fintanto che le persone uscivano di casa. E all’epoca dei fatti, questa ambientazione donava alle persone in cerca di un’altra metà, una qual certa elettricità. Quest’ultimo paragrafo, non so bene che attinenza possa avere, coi sogni di Tobia, salvo il richiamo alla città tentacolare in cui la storia si ambienta, ma cerco pure di restituire un poco di dignità a questo racconto e al suo autore che, per contro, rischia di apparire egli stesso un mentecatto… e per coloro che sarebbero abituati a leggere qualcosa di meglio.

Continua...

Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane


Avete messo Mi Piace7 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Credo che questo autore sia troppo modesto. Le divagazioni del narratore sono piacevoli, fanno sorridere e non annoiano. Non sminuire il tuo lavoro, Paolo, intrattenere e far venire voglia di continuare la lettura non è per niente scontato.
    P. S. Il titolo mi sembra proprio in linea con i sogni di Tobia😂

  2. Ti sto molto apprezzando in qiesto stile dove mostri abilità ancje nelle situazione paradossali e ironiche, sempre lasciandoci però un piccolo retrogusto di riflessione. Il narratore mo sta davvero incuriosendo….sto iniziando a fantasticare riguardo la sua identità. Che da onnisciente prima o poi venga a prendere parte al racconto?

    1. Ciao Irene, mi hai quasi scoperto… sei troppo avanti! Ma non posso dirti nulla di più, solamente: non aspettarti troppo. Grazie ancora per la pazienza nel seguire il raccontino

  3. In qualche tratto mi sembra di leggere le meravigliose farneticazioni di Fabius, siete due geni nella costruzione di cose paradossali e intriganti. Il volo che segue il tragitto delle vie anziché la linea retta è una chicca.

  4. Ciao Paolo. Se fossi il narratore onnisciente, direi a Mattia di chiamare Isotta verso le 18:30: prima potrebbe non essere ancora rincasata e dopo rischierebbe di bruciare la cena per rispondere alla sua chiamata. Potrei anche consigliargli di forzare il destino e andare di nuovo in biblioteca. Mi sa però che Mattia e Isotta dovranno scavalcare qualcosa che dice: “Questo incontro non s’ha da fare”. Bravo, Paolo, per questo racconto scritto con un umorismo e un’intelligenza che va oltre la storia di Mattia🙂

  5. Che bello questo viaggio nei sogni di Tobia! Surreale, ironico e allo stesso tempo così vivido da sembrare quasi reale. Mi ha strappato un sorriso e lasciato addosso tanta curiosità.

  6. Leggo questo episodio sui sogni di Tobia, proprio oggi che ho appena fatto un sogno (incubo) incredibile. È un argomento che mi affascina sempre, ma oggi in particolare. Episodio davvero interessante.

    1. Ciao Arianna, spero non sia stato troppo spiacevole l’incubo… Condivido il tuo punto, certi sogni hanno la capacità di lasciarci qualcosa di più di un flebile ricordo. Grazie per essere passata

  7. Mi è piaciuto particolarmente la parte finale. Io che sono una persona da piccolo borgo, ho compreso per un attimo quello che ti può dare la grande città. Stavo per fare le valigie, ma alla fine ho deciso di restarmene qui.

    1. Ciao Roberto, bentrovato. Ognuno allaccia dei legami con i luoghi. Non ci sono regole universali, solo esperienze e come tali sono soggettive, accattivanti o bizzarre talvolta, ma in fondo ci dicono chi siamo. Ma a chi lo dico?… È un tema che racconti amabilmente nella serie che stai scrivendo. Grazie per aver letto, alla prossima!

  8. Già il titolo “Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane” è sintomatico di qualcosa di più profondo e non di una banale storiella, se n’è accorto anche un lettore mentecatto come il sottoscritto. C’è qualcosa di più che con grande maestria affiora lentamente, rendendo onore all’autore e, al contempo, spessore al racconto.