La preda

Serie: La frontiera


Una storia ambientata in una società distopica e violenta

Non ero assolutamente comodo, una radice del larice sotto cui ero sdraiato premeva sul mio torace e, se all’inizio mi era sembrato un dettaglio trascurabile, adesso, dopo quasi due ore cominciava a diventare fastidioso, quasi doloroso. Mi stavo dando mentalmente dello sciocco ma sapevo, nel profondo, che trovarmi in situazioni scomode al limite dell’autolesionismo era una mia caratteristica, quindi, considerai contribuisse a mantenermi vigile e me ne feci una ragione. Il buio della notte stava cedendo il terreno ad un’altra luminosa e gelida giornata. Il sole sorgeva ancora ad Est e i miei occhi, abituati all’oscurità, scorgevano già quel leggero chiarore che rendeva nitide le creste dei monti e che annunciava l’aurora. Attendevo la mia preda con la dovuta attenzione: il successo dipendeva dalla meticolosità con cui compivo ogni azione in uno schema consueto affinato nel tempo. Avevo una cura maniacale per tutto ciò che mi sarebbe stato indispensabile e dedicavo molto tempo a scegliere e controllare l’equipaggiamento, scartando senza esitazioni qualunque elemento mostrasse imperfezioni o usura, fosse anche un bottone solamente allentato o un coltello che avesse perso l’affilatura o ancora degli scarponi i cui lacci non garantissero la giusta tenuta per tutta l’operazione. La vita o la morte dipendevano spesso da dettagli che sembravano insignificanti, sottovalutarli era da stupidi.

Finalmente il binocolo a visione notturna mi permise di intravedere un leggero e ancora distante movimento nei bassi rami degli abeti: la preda si stava lentamente avvicinando. Seguii il suo avanzare con difficoltà nella neve alta e farinosa e mi chiesi quale potesse essere la spinta che la faceva muovere. Allontanai quel pensiero e mi concentrai sul tempo che avrebbe impiegato per arrivare alla portata della mia arma e al termine della sua vita. Calcolai ancora trenta minuti, poi avrei potuto accendere quella sigaretta che desideravo fumare fin da quando avevo disteso il telo e mi ci ero sdraiato sopra. Cercai di ingannare l’attesa pensando alla birra che avrei bevuto la sera con i soliti due amici che con me dividevano lavoro, scarsi pensieri e nessun ricordo. Nei pochi periodi che la caccia era ferma per motivi metereologici o per ordini dall’alto ci sbronzavamo fino al punto che Stella, la padrona del “Mulino”, per evitare morissimo assiderati nel tragitto verso le nostre tane, ci impediva di uscire dal locale sistemandoci in una delle camere normalmente usate dalle ragazze per intrattenere quei lupi sporchi ed affamati dei quali conoscevano, ormai, numero di costole e profondità delle tasche. Non era un bel mondo quello del Mulino, ma avevo visto di peggio, e la padrona non era di sicuro una santa ma non mi avrebbe portato via nulla che non avessi voluto lasciar andare, malinconie comprese.

Cominciavo a distinguere la sagoma della mia preda che, passando tra i bassi abeti, faceva cadere dai rami nuvole di neve asciutta e polverosa come zucchero a velo. Non mi riusciva di capire se fosse un maschio o una femmina, ma non aveva alcuna importanza, di certo era sola: nessun compagno o cucciolo al seguito. Avanzava dritta verso di me come previsto quando avevo scelto la postazione di tiro: il fianco della valle alla sua destra e il torrente a sinistra suggerivano un percorso quasi obbligato. Ancora pochi minuti e la lunga attesa, il freddo e la tensione avrebbero avuto fine: già sentivo il calore del caffè scivolare dalla borraccia termica alla mia bocca e il sapore secco del fumo bruciarmi in gola. La inquadrai nel mirino telescopico, mi rilassai al massimo rallentando i battiti e il respiro, poi sparai. La mia preda non ebbe neanche il tempo di udire il sibilo del proiettile e la sua testa si aprì, come un’anguria lanciata dal secondo piano, schizzando sangue caldo sulla neve innocente. Fine. Mi girai sulla schiena e, posata con cura l’arma, feci degli esercizi per sciogliere i muscoli di braccia e gambe irrigiditi dal freddo e dalla scomoda posizione. Per qualche secondo guardai le poche stelle che ancora resistevano al giorno ma non attesi il loro giudizio: accesi la sigaretta tanto desiderata e cercai conforto nel caffè. Finito di fumare mi alzai, mi infilai i guanti e raccolsi il telo ripulendolo dalla neve, smontai l’arma e la sistemai nella sua custodia riponendola, assieme al binocolo nello zaino dal quale tolsi il piccolo computer. Caricato il sacco sulle spalle bloccai gli attacchi degli sci e mi avviai verso valle dove mi attendeva la parte meno gradita del mio lavoro. Arrivai alla mia preda in pochi minuti, accesi il lettore per vedere se fosse microchippata ma era una irregolare, imprecai sommessamente, girai il corpo e cominciai a digitare: maschio, caucasico, età stimata trenta, frugai nelle sue tasche cercando un documento che sapevo di non trovare, raccolsi qualche banconota e ripresi a scrivere presumibilmente bulgaro, non armato, nessun chip rilevato, si allegano fotografie. Inviato il tutto ripresi a scendere, per arrivare alla motoslitta mi aspettavano almeno due ore di salite e discese. 

Serie: La frontiera


Avete messo Mi Piace10 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi

Discussioni

  1. Ciao Giuseppe! Inizio ora questa bella serie! Partenza coi fiocchi, un po’ alla Black Mirror. Sono sempre affascinato dalle distopie (e dalla violenza) quindi mi aspetto grandi cose😊👏🏻

  2. Strano, ho provato 2 volte a commentare questo episodio, ma qualcosa non funziona 🤔 Comunque, mi è piaciuto molto e mi ha sorpreso il fatto che la preda fosse una persona, non me l’aspettavo.

  3. Io ho un problema. Per tutto il tempo ho immaginato che si trattasse di un cervo (non so per quale motivo proprio un cervo) e non ti dico l’angoscia quando il protagonista ha sparato! Poi quando ho letto ” maschio, caucasico”, ho pensato: 😅🤦🏻‍♀️ Comunque, è stato un vero colpo di scena! Non me l’aspettavo. Complimenti per questo primo episodio

  4. Io ho un problema. Per tutto il tempo ho immaginato che si trattasse di un cervo (non so per quale motivo proprio un cervo) e non ti dico l’angoscia quando il protagonista ha sparato! Poi quando ho letto ” maschio, caucasico”, ho detto: <> 😅🤦🏻‍♀️ Comunque, è stato un vero colpo di scena! Non me l’aspettavo. Complimenti per questo primo episodio

  5. “guardai le poche stelle che ancora resistevano al giorno”
    Bellissima questa frase!!! Complimenti 👏👏👏 Così come l’inizio di questa serie che ci ricorda che la differenza tra noi e gli animali è spesso molto sottile!

  6. Ciao Giuseppe, bello, e devo dire che il finale, anche se sospettavo non essere banale, ha fatto emergere tutto il nero che a volte c’è in noi, uomini-animali, mostrando il freddo gelido del nostro comportamento, più della neve dove ha fumato il tuo protagonista. Bello.

  7. Nonostante io sia arrivata in ritardo rispetto agli altri, giuro, avevo in mente di iniziare questa tua serie già da un po’.
    Mi è piaciuto molto il senso di attesa che mi ha tenuta in sospeso fino allo sparo.
    Ma ancora di più mi è piaciuto il plot twist finale: convinta che si trattasse di una caccia a qualche animale di montagna, l’idea che si potesse trattare di un essere umano non mi è nemmeno passata per l’anticamera del cervello!
    Molto bello come inizio, la continuerò!

  8. Molto interessante! La prima lettura è stata da parte mia un po’ troppo veloce (ho spesso il vizio di fare più cose contemporaneamente) quindi appena riesco ne darò una seconda molto più attenta come sicuramente merita. Il finale era non dico aspettato, ma percepivo ci fosse qualcosa di più di ciò che sembrava scontato durante la lettura. Questo sicuramente avviene grazie alla maestria di chi la penna la sa usar bene, eccome.

  9. Sai che non sarebbe affatto una cattiva idea dare un seguito a questa storia?
    Sarei veramente curioso di esplorarne tutti i risvolti e di approfondire gli elementi che hai introdotto. Il colpo di scena finale mi è piaciuto molto, dato che per tutto il racconto avevo pensato si trattasse di una scena di caccia “convenzionale”.

  10. “Per qualche secondo guardai le poche stelle che ancora resistevano al giorno ma non attesi il loro giudizio: accesi la sigaretta tanto desiderata e cercai conforto nel caffè.”
    ❤️ E quelle notti sulla neve, fumando, non torneranno più: che struccacuore, Giuseppe!

  11. “la padrona non era di sicuro una santa ma non mi avrebbe portato via nulla che non avessi voluto lasciar andare, malinconie comprese”
    Parto da questa frase che mi è particolarmente piaciuta e poi mi sposto sulla linea dell’inquietudine che questo tuo racconto mi ha trasmesso. Pazzesca l’immagine che mi si è materializzata in testa del contrasto fra il rosso del sangue e il bianco della neve. Perfettamente riuscito il tuo tenermi sospesa fino alla fine senza svelare nulla per poi darmi il colpo di grazia. Bravissimo

  12. “per evitare morissimo assiderati nel tragitto verso le nostre tane,”
    Mi è piaciuto tantissimo questo passaggio, e il successivo, usi termini come tane e lupi sporchi, e mescoli la carte tra prede e predatori. Fino al finale a sorpresa. Molto ben scritto. Il lato oscuro delle nostre peggiori paure indagato alla perfezione.

  13. Si tratta di fantascienza, per fortuna… Molto, molto lontana dalla realtà di questo inizio millennio.
    Ottimo, Giuseppe! Mi è piaciuto molto il senso di attesa e poi la conquista della sigaretta: rende tutto assolutamente normale!

  14. Immaginavo un finale tipo “Il cacciatore”, quando De Niro risparmia il cervo. E invece…
    Speriamo che sia solo fantasia!

    1. Ciao Francesco, sto sperimentando, cercando di capire quanto posso spingere su corde che non mi sono usuali. Mi spaventa il piacere provato nello scriverlo. Spero sia una forma di esorcismo!

  15. Un po’ me l’aspettavo che il finale non sarebbe stato per nulla scontato, ma ad effetto urto voluto. La suspense crescente spinge a voler affrettare la lettura, nella vaga intuizione di qualcosa di grave che sta per succedere da una momento all’altro, come nei migliori thriller. Un finale agghiacciante più del ghiaccio che ricopre il territorio di quella caccia, a dir poco efferata.

    1. L’uomo animale, cara Maria Luisa. Tendo sempre a dargli smisurata fiducia ma per capirlo e batterlo, quando è bestia, ho necessità di “viverlo” e scriverne è l’unica possibilità che ho.

  16. Anche questo, purtroppo, è un uomo: bianco, suprematista, freddo calcolatore, anaffettivo, dal cuore gelido, così freddo da essere idoneo per un trapiantato in un corpo più umano. Sono i cacciatori di uomini, delle vere bestie. Bravo Giuseppe, hai fatto nuovamente centro.

  17. Cavolo Giuseppe, sei uno di quelli che appaiono sempre buoni e cari, ma quando ti fanno incazzare…
    Mi è piaciuto tantissimo questo spezzone di SciFi distopico. Davvero potente. Chapeau.
    Nella speranza che resti com’è. Fiction.