
La solitudine
Un piatto piano, un piatto fondo, una tazza, un bicchiere.
Per un momento resto lì immobile, le mani ancora bagnate, a guardare le stoviglie lasciate ad asciugare. Non le metterò al loro posto, non ha senso, ci sono solo io ad usare lo stesso piatto, lo stesso bicchiere, la stessa forchetta. Giorno dopo giorno.
La solitudine la sento soprattutto quando mangio, dopo essermi costretta a cucinare per uno. Mi siedo al tavolo guardando fuori la finestra e mangio in silenzio, velocemente. Mi siedo al tuo posto, perché altrimenti starei a guardare il muro, ho la sensazione che lo stia prendendo in prestito, fino a quando non torni.
Non è terribile come pensavo, non sempre. Ho imparato ad apprezzare il tempo passato con me. Dormo con le tende aperte, come piace a me, e quando la mattina mi accorgo che c’è luce nella stanza mi sento tranquilla. Mi sveglio presto, anche se non devo prepararti il caffè e ricordarti di mangiare qualcosa per colazione. Apro la finestra per far arieggiare senza dover aspettare che tu ti rivesta e faccio suonare musica classica per le piante.
La tua assenza è come una persona silenziosa che se ne sta seduta in un angolo. A volte nemmeno ci faccio caso, ma lei è lì, e quando qualche volta si schiarisce la gola e mi obbliga a guardarla mi ricordo di contare quante ore mancano ad un altro giorno.
Se sono di buon umore vado a passeggiare, mi piace andarci soprattutto il tardo pomeriggio, quando la luce dorata del tramonto scivola tiepida tra i palazzi e fa risplendere gli alberi. Qualche giorno fa ho visto un uomo che camminava tenendosi le mani dietro la schiena, dietro di lui due chihuahua lo seguivano zampettando a piccoli passi. Quando li ho visti attraversare la strada mi hanno ricordato un’anatra con i suoi anatroccoli. Mi ha fatto sorridere, poi ho pensato a te e tua madre e sono tornata a casa.
Ti ricordi che prima mi rifiutavo di dormire in un letto senza di te? Adesso invece lo faccio, ho deciso che ogni stanza deve avere un po’ di vita, altrimenti questa casa immobile si trasformerà in una fotografia.
La maggior parte del tempo la passo sempre in salone, mentre guardo la tv a volte mi alzo e faccio qualche piroetta per stiracchiare le gambe. Un paio di volte a settimana mi metto a studiare alla scrivania accanto alla tua postazione di lavoro, che ho coperto con un telo affinché il tuo monitor non prenda polvere. Mi distraggo spesso. Ho anche spostato la tua sedia girevole da ufficio, l’ho messa nella stanza degli ospiti vicino alla finestra, mi ci siedo a leggere e ogni tanto guardo fuori. Mi stupisco ancora di vedere i gabbiani sorvolare le montagne, così lontani dal mare.
Sono spesso al telefono con qualcuno, faccio scorpacciate di parole per esserne sazia quando torna il silenzio. Mi dico che gli esseri umani si abituano a tutto, anche a stare da soli. Mi domando quanto ci vuole ad abituarsi a non avere più una madre.
Piroetta. Mi distraggo. Tra qualche ora mi sposterò dal salone alla camera da letto, lascerò che la tv mi faccia compagnia tutta la notte. Questo non te l’avevo detto.
Quando piango mi viene sempre da giungere le mani come in preghiera. Non sono credente, ma lo dico lo stesso “Ti prego, ti prego”. Ti prego non farla soffrire più. È meglio per tutti. Ma meglio per chi?
Mia sorella dice che è normale che io pensi al dopo, alle logistiche, a cosa ne sará di tuo padre e della casa, quanto tempo si dovrà aspettare prima che tu possa tornare a casa, quanto ci vorrà per ricostruire il puzzle che sarai diventata.
Non è giusto. Ti prego.
Inizia a fare buio, sento della musica salire dalla piazza, deve essere il solito gruppetto di ragazzi che si riunisce il sabato sera. Apro la finestra, la musica risuona forte dagli altoparlanti e l’aria fresca mi da nostalgia delle serate estive.
Invio un messaggio a tua madre, e con il traduttore le scrivo che è nei miei pensieri. Mi risponde con qualche emoji di cuori e baci schioccati nell’aria. Mi ha voluta bene fin da subito, facendomi sentire parte della famiglia. Mi mancherai.
Un piatto piano, un piatto fondo, una tazza, un bicchiere; la metà di un set per due.
La solitudine di un’ attesa, di un biglietto di andata senza ritorno.
Per me e per te.
Fai buon viaggio.
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Credo che la potenza di un racconto, stia nella sua universalità. Un storia personale che si fa storia di tutti. Come la tua. Complimenti
Grazie mille Cristina, un abbraccio
“La tua assenza è come una persona silenziosa che se ne sta seduta in un angolo. “
Questo passaggio ti entra dentro… Non ho potuto evidenziarlo tutto ma merita
Il peso del silenzio…Grazie del tuo commento!
Ciao Gabriella, un racconto toccante, evocativo. Complimenti👏👏
Ciao Gabriella, è un racconto molto bello, con tante frasi evocative. Non ho letto quello precedente, forse avrei avuto più chiaro il contesto. Ammetto che senza le spiegazioni che hai scritto nel commento, sarei rimasta confusa. A tratti ho pensato che l’assenza di cui stavi parlando fosse quella di una madre, poi di una moglie, poi di una figlia.
Chi ti legge non ha il tuo stesso bagaglio informatico e potrebbe aver bisogno di qualche informazione in più.
La mia non è una critica, è uno spunto di riflessione che spero possa esserti utile.
Per il resto, bravissima!
Ciao Melania, hai proprio ragione! I miei racconti nascono quasi sempre da sensazioni e vicende personali, scrivo per esorcizzare…mi rendo conto che non sempre per il lettore è facile seguire il corso dei pensieri. Spero che una volta letto il contesto sia stata un po’ più chiara la prospettiva. Grazie comunque per il tuo commento 🙂
“[…] ho deciso che ogni stanza deve avere un po’ di vita, altrimenti questa casa immobile si trasformerà in una fotografia.”
Credo sia il passaggio che più mi ha fatto percepire l’angoscia dell’assenza e della solitudine.
Brava, mi è piaciuto molto.
Quando si è da soli una casa vuota si fa terribilmente grande…ti ringrazio Lia
Ciao Gabriella, storia molto toccante e malinconica. L’assenza può prendere forma e tormentarci, e quando ciò accade, far fronte alle giornate diventa molto pesante.
Grazie Tiziano per leggermi.
Purtroppo l’abbiamo vissuta tutti, per fortuna ci possiamo capire. Un abbraccio.
“La tua assenza è come una persona silenziosa che se ne sta seduta in un angolo”
Questo passaggio mi è piaciuto
Bello. Profondo e al tempo stesso naturale.
Ti ringrazio Rocco
Questo racconto vuole essere un po’ il seguito di “La nostra prima casa insieme” dove la protagnosta affrontava l’assenza della compagna, costretta a tornare al suo paese nativo in guerra poichè affetta da depressione. Ne “La solitudine”, chi scrive si trova nuovamente a far fronte alla mancanza dell’amante a cui questa volta si aggiunge il peso dell’attesa più amara, essendo la madre di lei malata in fase terminale.