La traversata

M’imbarcai alla volta delle Bahamas poco più di due mesi orsono; mi dissero che non sarebbe stato un viaggio complicato. La rotta, oramai collaudata, prevedeva una prima tratta verso sud per poi piegare a ovest cogliendo i tread winds che ci avrebbero condotti sino a destinazione. Salutai le coste britanniche sul finire di novembre. Il comandante, Capitano Geoffrey Spencer Stout, veterano della Marina di sua Maestà, mi spiegò che era il periodo migliore per intraprendere il viaggio; gli Alisei sono meno violenti, e pur offrendo un vento teso, non causavano guai, come in altre stagioni, nella parte settentrionale dell’oceano. Inoltre, all’arrivo, non avremmo rischiato di imbatterci negli uragani che da dicembre cessano la loro attività.

Il legno di quercia sotto i miei piedi era quello stagionato di un vecchio galeone, riadattato a mercantile, ché la marina militare, ebbe a spiegarmi il comandante, ora preferisce dotarsi dei più moderni vascelli di linea. «Non avete nulla da temere» sorrise: «questa nave tiene il mare come poche altre; e abbiamo a bordo un buon numero di colubrine pronte all’uso, per evenienze, diciamo così, meno naturali.» Un brav’uomo il Comandate.

I primi giorni di navigazione erano trascorsi tranquilli, senza incontrare avversità. E mi ero fatto convinto che, pur non avendo mai navigato prima di allora, non avrei avuto problemi; in fin dei conti, pensai, in Gran Bretagna qualche avo in marina ce l’hanno tutti, quindi non farò certo io eccezione.

Purtroppo, ebbi ben presto modo di ricredermi, se non sulla discendenza, sulle qualità dei miei avi, dubito fossero dei lupi di mare… Una notte, la sera prima un indizio poteva essere l’assenza di stelle, sbalzato dalla branda, fu il mio risveglio. L’imbarcazione che stazzava millecinquecento tonnellate sembrava sollevarsi come un guscio di noce per venticinque o trenta piedi, per poi precipitare seguendo l’oscillazione delle onde, a tratti un forte rollio imprimeva scuotimenti laterali che mi facevano perdere l’equilibrio e era necessario trovare appigli per non finire a sbattere contro le pareti della minuscola cabina. Con l’intento di capire cosa stesse accadendo, ebbi la pessima idea di avventurarmi all’esterno; superato il corridoio, uno sportello dava direttamente sulla balconata del cassero di prora, ma appena lo aprii fui investito da un’onda che schiaffeggiava la nave al traverso. Fu un miracolo se riuscii ad aggrapparmi al parapetto che dava sul ponte di coperta, e quando finalmente mi rialzai, zuppo da testa ai piedi, il mare che vidi, semplicemente mi terrorizzò. Con la nausea che trattenevo a stento, tornai nella cabina e fui tentato di pregare ché certe circostanze sanno accendere la devozione, benché fossi praticante sulla terra ferma, se solo avessi rammentato le parole di un’orazione…

L’oceano si placò che ormai albeggiava. Eravamo in mare da due settimane e il comandante mi spiegò che un po’ di mare mosso poteva capitare finché facevamo prua a sud, ma niente di cui doversi preoccupare.

«Vi sono molto grato, Comandante» risposi io «non vi nascondo che la notte appena trascorsa mi ha un po’ provato, sapete, ho scarsa esperienza di mare.» Non ne ho nessuna, in verità di esperienza e pure non avevo confessato di aver rimesso anche l’anima nel secchio della cabina, ma forse l’avrà inteso dal mio colorito; è un uomo in gamba il Comandante.

Anche un’altra cosa avevo omesso: lo scopo del mio viaggio. Un segreto che nessuno doveva conoscere. Ufficialmente inviato dalla Royal African Company, per cui lavoro, con l’incarico di esaminare certi registri di una succursale che, localmente, gestisce per la compagnia affari importanti. Ma la verità…be’ quella è tutt’altra cosa.

Dopo circa tre settimane, mi accorsi che avevamo raggiunto l’intersezione con gli Alisei, quando la vedetta, dalla sua postazione sull’albero di maestra, gridò annunciando vento da babordo; il Comandante verificò la posizione e diede ordine di virare a tribordo. «Inizia la seconda parte del viaggio» svelò. E sorridendo indicò in mare un gruppo di delfini che sembravano giocare con la scia della nave.

Come preannunciato, raggiunti gli alisei e impostata la nuova rotta, il galeone aumentò l’andatura che il Comandante stimò addirittura superiore ai dieci nodi.

Non incontrando più maltempo, nel secondo mese di navigazione ebbi modo di apprezzare le qualità degli ufficiali di bordo e dell’equipaggio, mentre il comandante mi invitava quasi ogni sera a cenare insieme così che ebbi modo di conoscere anche l’ufficiale in seconda e il quartiermastro, uomo di poche parole, quest’ultimo, ma che a bordo godeva della stima di tutti.

Ebbi pure parecchio tempo per ripensare alla ragione che mi aveva spinto a prendere il mare su quella nave, ma mi sforzai di non dare a vedere a nessuno la mia preoccupazione. Quando finalmente giungemmo in vista dell’arcipelago, fui pervaso da un sentimento contrastante: da un canto, il sollievo di concludere il lungo viaggio, benché fosse stato meno peggio di quel che avevo temuto, da un altro, si avvicinava il momento di fare i conti con il vero motivo per cui mi trovavo lì.

Ancora prima di attraccare, mentre il comandante impartiva gli ordini per l’avvicinamento, sono stato colpito dall’esuberante bellezza della natura, mi sono immedesimato in quegli uomini che per primi giunsero qui dal vecchio continente, dev’essere stato esaltante. Hanno chiamato quest’isola New Providence, ma io l’avrei chiamata Paradiso, perché la sua vista incanta. Anche l’Inghilterra è un’isola, e sappiamo bene cos’è il mare, ma questo è diverso. Sulla rena bianca, con una dozzina di braccia di fondale, si riescono a vedere miriadi di pesci variopinti, per quanto l’acqua è cristallina e la sua superficie è di smeraldo. Il mare che si vede da noi non ha questi colori, questi odori, che approssimando la costa si mescolano con il profumo melato della frutta e dei fiori.

Gennaio, il 7 anno del Signore 1716 – Diario di Sir Anthony FitzRoy

Ringraziando Nostro Signore, si è concluso senza incidenti il viaggio che mi ha condotto dall’Inghilterra sino a quest’isola nelle Americhe. Come mi era stato raccomandato, ho mantenuto il massimo riserbo e nessuno a bordo ha sospettato il vero scopo del mio viaggio.

Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Caro Paolo, svelaci il segreto oppure regalaci una serie per capire quale sia il vero scopo del viaggio:)
    Adoro le storie di mare, vascelli e traversate oceaniche. Mi piace particolarmente anche il periodo storico che hai scelto. Inoltre, cosa non da poco, noto il tuo stile che è dettagliato, preciso e pulito. Direi quasi cinematografico e dalle tinte scure. Bravissimo,

    1. Ciao Cristiana, l’intento era quello. A dire la verità solo due episodi… una cosina breve. Ahimè ho avuto un intoppo nel salvataggio in bozza e sto cercando di farmi aiutare dalla redazione. Alla peggio il secondo episodio sarà un’altra storia singola. Grazie per aver letto e per l’interesse in queste storie, forse un poco démodé…

  2. Sembra davvero di essere lì su quella nave a prendere secchiate d’acqua in faccia! Bello come hai reso l’atmosfera marina e il periodo storico senza farlo pesare troppo. La parte della tempesta è super coinvolgente, l’ho letta trattenendo il fiato.
    E poi quel mistero sul vero motivo del viaggio… ben giocato! In certi punti forse si potrebbe snellire un po’ per tenere più alto il ritmo, ma nulla che dia fastidio. Anzi, proprio bello il tono da diario di bordo.

  3. Mi ha riportato a un certo clima e a certe pagine di Jospeh Conrad, scrittore da me amatissimo. In particolare, il doppio scopo del viaggio (quello ufficiale e quello segreto) come in Cuore di tenebra.

  4. Bene, che posso dire, se non che hai una fervida immaginazione e inoltre la padronanza de lessico e la maturità per esporre al meglio le parole al fine di dare loro un senso, e una tonalità, tale da risvegliare nel lettore piacevoli sensazioni… le stesse che hai provato tu nel scrivere il pezzo. Allora adesso ti chiedo… pensa se tu eliminassi, quanto da me suggerito in privato, cosa susciterebbe nel lettore lo stesso identico pezzo. Spero di non averti offeso con le mie paturnie, ma se così è stato ti chiedo scusa. I miei sono solo consigli e tali restano… a te decidere se porli in atto o desistere. Resta il fatto che il tutto è stato godibili dall’inizio dall’inizio alla fine. Sei bravo, davvero , e per questo un pochino t’invidio… come invidio molti autori presenti in questo forum di condivisione. Buona serata:-.)

    1. Grazie Silvio. Per l’attenzione che hai posto nella lettura e anche per i consigli che apprezzo molto e che largamente condivido, quindi penso che proverò a declinarli; anche perché doveva essere una mini-serie con due episodi, ma non so bene per quale motivo, nel salvare la bozza, si sono perse le impostazioni necessarie… grazie ancora!

  5. Mi è piaciuto molto il ruolo che dai al capitano. Il protagonista ripete spesso che è un brav uomo. Collegato alla frase finale, a quel motivo che nessuno ha intuito tranne il protagonista, è secondo me e un particolare che svela il senso del racconto.
    Ho notato dai commenti precedenti che doveva essere il primo episodio di una serie. Ti consiglio anch io di toglierlo e ripubblicarlo come serie. Non andranno persi i commenti e potremo gustarci il secondo episodio. 😊

    1. Nulla ti sfugge tra le righe… in effetti ci sono un paio di incisi che preludono al mestiere che fa il Capitano e si rivela nel seguito.
      Mi avete convinto, nonostante la mia indolenza cronica: lo cancello e provo a ripubblicare come serie. Grazie mille, Irene

  6. “tornai nella cabina e fui tentato di pregare ché certe circostanze sanno accendere la devozione, benché fossi praticante sulla terra ferma, se solo avessi rammentato le parole di un’orazione…”
    Qui, anche nel passaggio precedente dove la notte è senza stelle, la prosa prende un ritmo che somiglia alla poesia. Molto bello.

  7. Complimenti, scritto molto bene. Le descrizioni sono incredibili: tecniche e chiare. La scena della burrasca è impressionante. Ho provato, una volta, a descrivere una situazione simile e non ci sono riuscita. 👏👏

    1. Grazie Roberto. In realtà, doveva essere il primo di una miniserie con due episodi, ma devo aver combinato fatto qualcosa di sbagliato… forse salvando in bozza e pubblicando da lì, è come se avesse perso i riferimenti della serie. Boh

        1. Mi aveva sfiorato l’idea, quando mi sono accorto… ma sono solo due episodi e tutto sommato penso che possano reggersi anche così (e poi sono prigro…). Ci riproverò con qualcosa di più esteso.