L’avventura dei mercenari

2019

Aveva in mano una carta, la fece sparire con un gioco di polso e dopo un istante la carta era infilata nel retino dell’elmetto.

Un re di cuori.

Avrebbe voluto essere un re di cuori, ma invece era l’ultimo del plotone.

«Stop con la pausa» sibilò il caposquadra. «Riprendiamo la marcia».

Marcus Galli era triste: nessuno aveva ammirato il suo gioco di prestigio. Avrebbe dovuto calcare i palchi di Melbourne, non marcire nella giungla di Mindanao.

Caricò in spalla il Bergen, si assicurò che lo Steyr AUG non gli crollasse dal braccio e si avviò con i commilitoni, tutti australiani come lui.

Quindici scatti nella foresta appena conclusi, ora li attendeva altri quindici scatti. Gli venne un attimo da ridere al pensiero che i suoi antenati si sarebbero confusi tra chilometri e miglia; invece no: uno scatto era un miglio.

Si avventurarono nella vegetazione e dopo mezzo scatto Marcus si accorse che qualcuno li fissava, un prurito alla nuca.

Si girò a guardare. Una bestia feroce? No, peggio: una banda di islamisti del Moro Islamic Liberation Front, però a giudicare dalle zagaglie si erano imbarbariti.

Gli Steyr AUG esplosero in un cantico di morte e le pallottole travolsero i guerriglieri indipendentisti.

Fu un massacro e Marcus aveva di fronte a sé molti cuori spaccati. Smise di fare pressione sul grilletto e dal tiro automatico passò al semiautomatico, poi cessò il fuoco.

Lo Steyr AUG: gli austriaci avevano avuto un’idea strana nel fabbricare un fucile mitragliatore bullpup che se si tirava fino in fondo il grilletto sparava una raffica, se un po’ meno era il turno del fuoco semiautomatico. Strano proprio!

Ma Marcus non era la persona più adatta per giudicare cosa fosse strano.

Fece un nuovo gioco di prestigio e il re di cuori dalla retina del casco fu nella sua mano.

Un sorriso: si accorse che la carta era sporca di sangue, una goccia l’aveva pittata e il purpureo si confondeva con l’inchiostro.

La carta era rovinata dall’umidità, se Marcus l’avesse giocata nell’outback come quel locale di Alice Springs in cui era stato prima di partire per la missione tutti gli avrebbero chiesto come avesse fatto a conciarla così.

«Sapete, a me non piace la guerra» si rivolse ai commilitoni.

«Senti, bello, sei un mercenario come noi, quindi non cambiare idea, intesi? Altrimenti ti rispedisco in Australia» borbottò il caposquadra mentre rovistava fra i cadaveri smembrati.

Marcus sorrise e fece un nuovo gioco di prestigio: disertò sparendo come gli aborigeni del film “Carabina Quigley” nella parte finale.

Era un pessimo soldato, come prestigiatore aveva più possibilità.

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Kenji, anche se forse commento per la prima volta, ho letto diversi episodi della serie di Gobleto. Qui trovo difetti simili: sei sicuramente bravo a immaginare situazioni di conflitto interiore dei personaggi, ma non ti prendi i caratteri sufficienti per deammatizzarle. Se vuoi accettare un consiglio prova ad andare un po’ più a fondo alle vicende personali. Perché Marcus si è arruolato come mercenario? Cosa gli ha fatto cambiare idea? Hai dedicato più caratteri alla descrizione del fucile piuttosto che allo scontro a fuoco che immagino sia l’evento scatenante per la diserzione. Anche sui dialoghi ti consiglierei di lavorare con più attenzione e rileggerli provando a immedesimarti nei personaggi.