Leggenda

Serie: Il dipinto sul muro


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: ...a un livello più profondo, nascosta negli abissi al di sotto del pensiero razionale, si annidava una paura che non poteva essere compresa.

Vi chiedo ancora uno sforzo mentale per seguire i pensieri postumi di un mucchietto di cenere, perché voglio che tutta la storia sia chiara. Più tardi vi chiederò anche un piccolo impegno fisico. È fondamentale per la comprensione.

È esistito davvero Leland? C’è stato in qualche periodo nella vita del castello un animale che possa aver dato il via alla leggenda del cane fantasma?

Intorno alla fine dell’800 uno degli ultimi discendenti della famiglia V. che visse nell’omonimo castello era un grande appassionato di caccia. Era quindi normale che possedesse diversi cani da impiegare durante le battute. Erano accuditi bene, ma non nel modo in cui oggi consideriamo i cani e gli altri animali da compagnia. La moglie e la figlia più piccola del signor V. avevano idee più moderne in merito, e tra tutti gli animali che l’uomo manteneva, uno dei cani, un cucciolo di bracco, fu adottato dalla bambina e separato dal branco per condurre una vita completamente diversa.

Il cane, a cui fu dato il nome Leland come tributo a uno dei capostipiti del ramo della famiglia emigrato in America dove aveva assunto il cognome Gaunt, aveva libero accesso in casa, fatto alquanto insolito in quel periodo. Era diventato la mascotte della famiglia e dei domestici e mostrava con tutti un carattere docile anche dopo aver raggiunto l’età adulta. Ma era pur sempre un cane e come tale non poteva sublimare i suoi istinti e i suoi comportamenti da cacciatore. Se ne accorse un mattino il signor V. quando scoprì che sotto alla rete di recinzione che delimitava uno spazio dedicato agli animali da cortile era stato scavato un passaggio e che intorno a quel passaggio erano evidenti i segni di una recente carneficina. Dentro il recinto furono trovate numerose galline ormai ridotte a nutrimento per mosche e altri insetti, mentre quelli che erano riusciti a scappare dall’apertura sotto la rete non erano più rintracciabili. L’uomo e i suoi figli inizialmente pensarono alle volpi, finché non videro le condizioni di Leland che correva verso di loro scodinzolando. Era difficile riconoscerne il colore originale: terra, escrementi, e sangue rappreso impiastricciavano il pelo del cane che senza dubbio era al culmine della felicità.

Non si sa nulla del trattamento che il signor V. riservò al povero animale. Leland o quello che ne rimaneva non fu mai ritrovato. Si dice che il signor V. l’avesse fatto scomparire per poter negare quello che era successo e dare la colpa della mattanza proprio alle volpi.

La bambina cadde in un profondo stato melanconico e continuò a cercare il suo cane per lungo tempo. Posso dirvi che in qualche modo la sua perseveranza fu premiata e in qualche modo ritrovò il suo amico anche se non nella forma che noi crediamo sia l’unica possibile. Dopo il periodo di profonda tristezza infatti iniziò a mostrare comportamenti alquanto anomali. Parlava con il cane come se lui fosse presente, mimava i gesti delle carezze oppure accompagnava il suo amico invisibile a fare lunghe passeggiate e a giocare insieme a lui. Furono interpellati i migliori medici per provare riportarla verso la normalità e dato il periodo potete immaginare a quali trattamenti fu sottoposta.

Purtroppo tutto questo non portò ad alcun miglioramento. Al contrario, l’accanimento contro i comportamenti della bambina fu tale che si decise di allontanarla dalla sua casa e dalla sua vita, in modo che potesse dimenticare quel suo fedele amico immaginario.

La piccola tornò a casa dopo quasi due anni senza mostrare più l’interesse verso Leland, in realtà senza avere alcun ricordo dell’animale. Ma non era la stessa bambina allegra e spensierata di un tempo. I genitori provarono a darle un altro cucciolo da accudire, ma il suo interesse non era più attratto da nulla, né dagli animali, né dai luoghi a lei cari, dalle persone o dai giochi.

Si racconta che per tenere a bada il senso di colpa, il padre decise di far realizzare il famoso dipinto nella nicchia, in modo che il cane li accogliesse, e soprattutto accogliesse la bambina, quando entravano in casa. Ma anche questo tentativo, che fu considerato da quasi tutti una macabra idea di un padre privo di sentimenti, non diede alcun giovamento alla profonda melanconia della piccola.

La storia non dice di preciso che fine abbiano fatto i protagonisti, soprattutto non racconta nulla della bambina dopo il secondo allontanamento dalla casa di famiglia, che fu definitivo.

Ciò che resta è quel cane dipinto sul muro, che è sempre rimasto al suo posto nonostante i cambiamenti di proprietà nella vita della grande dimora, e nonostante l’ultima importante ristrutturazione.

Qualcuno si chiede ancora il perché di quel dipinto. La storia del senso di colpa del padre e della sua volontà di riparazione non ha mai convinto del tutto. Non ha convinto neppure me. Ma a differenza degli altri io ho avuto un motivo per andare fino in fondo, per capire cosa davvero rappresentasse quel cane dipinto sul muro.

E soprattutto come facesse mia figlia a conoscere il suo nome.

Continua...

Serie: Il dipinto sul muro


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Discussioni

  1. Un elemento importante, quello della leggenda, che spiega e contestualizza la situazione pregressa. Manca forse un pizzico di concretezza nel sapere come, chi sta raccontando, sia venuto a conoscenza di certi particolari (parere mio). Quello che mi sono immaginato è una sorta di simbiosi tra le due bambine o addirittura una reincarnazione della prima in qella attuale; come fosse il destino a riportarla in quel luogo per ripercorrere eventi che a suo tempo le furono negati. Grazie Antonnio per la lettura.

  2. Sembra che ci stiamo avvicinando gradualmente alla dimensione soprannaturale della storia.. anche se potrei sbagliarmi. Comunque mi piacciono queste digressioni che ampliano lo sguardo sulla vicenda e sulla storia del dipinto di Leland.

  3. Lasci in sospeso la vicenda per motivi di spazio, ovviamente, ma lo sfondo che apri è interessante. Un istinto predatorio che si risveglia e che forse dura nel tempo, attraversando più di un secolo (se i miei calcoli sono esatti, o forse due), sebbene si sia sublimato in qualcosa di molto diverso. E c’è ancora un’altra bambina nella storia di Leland, come se entrambi abbiano ancora desiderio di ritrovarsi. Ma chissà.

    1. Ciao Francesca. In effetti ci ho pensato un po’ e alla fine ho deciso di non approfondire. Quindi una semplice giustificazione storica alla presenza del cane e del dipinto.
      E come hai fatto notare, un’altra bambina si lega alla storia di Leland.
      Probabilmente si potrebbe approfondire tutto, ma il racconto si trasformerebbe in qualcosa che ancora non mi sento in grado di gestire… Chissà, magari in futuro lo riprenderò in mano.