
L’ingegnere
Serie: Cancello automatizzato
- Episodio 1: Fido e il Maresciallo
- Episodio 2: L’ingegnere
- Episodio 3: Un Maggiolino tutto matto
- Episodio 4: NO! NON LÌ!
- Episodio 5: Primo incontro ravvicinato
- Episodio 6: Concorso barzelletta
- Episodio 7: Take Five
- Episodio 8: ENAC LA ITNETTA
- Episodio 9: La soluzione finale
- Episodio 10: Porco uomo!
STAGIONE 1
Viveva in una casa minimalista dove il superfluo non trovava spazio, dove ogni cosa aveva una sua funzione precisa, dove niente era lasciato al caso, “Dove non so” (tema di Lara dalla colonna sonora del film Il dottor Živago) si sentiva non so dove, forse proveniva dalle casse di uno stereo di vecchia generazione.
Lo schermo, piatto, era invece di ultima generazione e di enormi dimensioni, illuminato da milioni di pixel che davano luce a un mondo virtuale in kkkkkkkk (abbr. in 8k), così perfetto nei minimi dettagli da ingannare anche l’occhio più esigente.
Sono già le venti, pensò l’ingegnere vedendolo accendersi autonomamente mentre con passo sicuro stava entrando nel salone. La porta filomuro era priva di maniglia e quel dettaglio mancante la rendeva unica, non era però l’unica in quella casa, anche tutte le altre ne erano prive. Lui, che non aveva goduto dell’appoggio di uomini influenti, odiava chi aveva fatto carriera perché ammanigliato; per questo le maniglie erano bandite, non se ne sentiva la mancanza perché erano del tutto inutili dal lato pratico e stonavano con l’arredamento di chiara impronta minimalista.
Al suo passaggio tutte le porte si aprivano quasi per magia, senza il benché minimo movimento delle mani od ordine vocale, come quelle enormi porte dorate viste innumerevoli volte aprirsi alla TV al passaggio di un dittatore dell’est-nord-est, solo che lui non ostentava un passo marziale e non aveva al suo comando guardie in alta uniforme pronte a spalancarle. Con quel dittatore condivideva però la fierezza e l’ambizione. Entrambi miravano al predominio: dell’uomo sugli uomini il despota, dell’uomo sulle macchine l’ingegnere.
Così il televisore si accendeva all’ora del telegiornale della sera perché preimpostato, le porte si aprivano al suo passaggio grazie a dei sensori ottici, le tapparelle si abbassavano al calar del sole, le luci si spegnevano quando gli ambienti risultavano vuoti. Nella sua casa domotica viveva da solo, solo come un cane. Solo con un cane viveva anche Fortunato, il Maresciallo Mario (oggi Luogotenente), da quando era rimasto vedovo. La perdita della moglie lo aveva segnato profondamente. Fido, il suo compagno a quattro zampe, aveva riempito parzialmente quel vuoto e ora, per le male lingue, veniva soprannominato “il vedovo Fortunato”.
La casetta dell’ingegnere si affacciava sulla strada dove Fido aveva l’abitudine di marcare il territorio dando libero sfogo alle sue esigenze fisiologiche; come tutti i cani alzava una zampa posteriore riversando un rivolo giallo proprio davanti al cancello automatizzato che delimitava la proprietà dell’ingegnere, nonostante la stagione invernale e le basse temperature l’odore lo si avvertiva a distanza. L’ingegnere osservava la scena disgustato da casa, davanti a un monitor collegato alle diverse telecamere esterne.
E portarsi una bottiglietta d’acqua? Era il commento stizzito di chi non amava i cani e ancor meno i loro padroni.
Te la farò pagare cara, bastardo! Era la promessa vendicativa maturata dopo aver visionato tutte le registrazioni del mese. Il comportamento poco attento di Fortunato che lasciava fare Fido lo indispettiva, perché toccava un nervo scoperto sensibilissimo. Da quando ancora bambino era stato morso da un bulldog evitava ogni contatto con i cani. Nella sua casa e nella sua vita gli animali non trovavano spazio, solo le macchine lo affascinavano. Dopo la domotica, ora si interessava di robotica, la nuova frontiera della ricerca tecnologica. Aveva abbandonato l’automobile in strada per utilizzare il box come laboratorio dove sperimentare le sue invenzioni fuori da sguardi indiscreti.
Era un lunedì. Da quando era a riposo ogni giorno era festivo, tutti i giorni del calendario erano segnati in rosso anche se i giorni “neri” non mancavano. In un venerdì nerissimo aveva perso gran parte delle sue finanze per colpa dei F.lli Lehman, una banda di colletti bianchi, rapinatori seriali meglio conosciuta come Lehman Blues Brothers. In questo mondo di ladri non ci si può fidare di nessuno, pensava, neanche delle compagnie di rating che ne avevano certificato la solidità.
Anche per Fido i giorni erano tutti uguali, specialmente da quando aveva cessato di fiutare per i Finanzieri. Fido era un cane dal nome comune; non comune era stato il suo atteggiamento da prima donna che aveva sempre dimostrato ponendosi al centro di tutte le attività investigative. Vantava un fiuto infallibile e un carattere bizzoso. Quando fiutava una pista senza un risultato immediato non concedeva repliche: come Paganini. Il suo “non rifiuto” non era da intendersi come una negazione della negazione del consenso a fiutare, che ne determina l’assenso, era l’ostinata volontà di non fiutare un’altra volta e cioè di ri-fiutare. Dopo aver fiutato ed essersi rifiutato di farlo più volte venne il giorno del “gran rifiuto”, quando Fido disse basta, come Celestino V: era arrivato il momento giusto per il pensionamento.
Da quando si era ritirato a vita privata aveva perso un po’ dello smalto, d’altronde Fido si era comportato sempre come una primadonna, ma sempre con gli attributi. Spesso si accasciava al suolo distendendosi a mo’ di uno zerbino, avvilito, depresso: si trattava di frustrazione. Giorno dopo giorno la frustrazione si accumulò lentamente sul suo pelo non più giovane e strato dopo strato ne minò l’equilibrio psichico. La sindrome è definita oggi come “strato di prostrazione apparente”.
Anche Fortunato soffriva della stessa sindrome; lunghi anni passati ai bordi dei cantieri a osservare lo stato di avanzamento dei lavori lo avevano fiaccato. Lentamente la polvere si era depositata nei polmoni accumulandosi in uno strato pericoloso per la sua salute fisica, oltreché per quella mentale. È così che va la vita: prima si aspira alla pensione poi, una volta raggiunta, si aspira la polvere; è solo il preludio all’ultimo respiro, quello che ci ricorda da dove tutto è iniziato, perché polvere siamo e polvere ritorneremo, spirando. Nda: non è che le donne vivono più degli uomini perché spolverano? È una considerazione idiota, giusto per sdrammatizzare. Comunque io evito i cantieri e, nel dubbio, spolvero.
Lo “strato di prostrazione apparente” si era acuito da quando avevano fatto ritorno da un viaggio organizzato sul mar Morto e Gerusalemme. La memoria della grande depressione (399 metri sotto il livello del mare), che il muro del pianto non era riuscito a contenere, li debilitava.
Serie: Cancello automatizzato
- Episodio 1: Fido e il Maresciallo
- Episodio 2: L’ingegnere
- Episodio 3: Un Maggiolino tutto matto
- Episodio 4: NO! NON LÌ!
- Episodio 5: Primo incontro ravvicinato
- Episodio 6: Concorso barzelletta
- Episodio 7: Take Five
- Episodio 8: ENAC LA ITNETTA
- Episodio 9: La soluzione finale
- Episodio 10: Porco uomo!
C’è una vena di malinconia in questo racconto, qualcosa di diverso da ciò a cui ci hai abituato.
Però, sempre molto coinvolgente.
È una storiella di tre pensionati, un po’ di malinconia ci sta.
Che le donne spolverino più degli uomini è una triste realtà. Non sarà un granché come storia però sono felice se incuriosisce. Grazie per averla letta.
Non mi pare proprio che la storia prenda una bella piega, anzi, esattamente il contrario. Liti e beghe che si fanno fra vicini per gli amici pelosi, non sfociano mai in nulla di buono. Ecco, sono già agitata 🙂
La storia è bella, scritta bene, che volere di più? La conclusione resta però un rebus.
Anche per me questa storia è un rebus, conosco il finale ma come arrivarci? Purtroppo adesso ho poco tempo da dedicare alla scrittura, due altri episodi sono pronti e poi speriamo di sbrogliare la matassa, confido nella mia fantasia. Grazie di aver dedicato del tempo a questa lettura poco convenzionale.
Sorvolando sulla battuta delle donne che spolverano, tutto il resto mi é piaciuto. Con il tuo solito stile originale e un tono semiserio, riesci sempre a farci sorridere e riflettere, sfiorando con leggerezza questioni importanti.
Credo che Fortunato, per salvarsi o allungare la vita, dovrebbe darsi alla scrittura, avrei un titolo: Fortunato chi la racconta (la vita). Comunque sono in apprensione per Fido, l’ingegnere domotico e robotico incute timore! Sei brillante ed unico Fabius!!!
Per fortuna che sono unico, non sono un esempio da imitare.
Bellissimo Fabius!!! Intelligente, divertente, scritto magistralmente!
Troppo buono, se lo pensi veramente mi illudo di essere uno scrittore vero. Grazie tante.
Fai ridere come sempre
Forse non ho ancora perso smalto. Grazie Kenji.
“; lunghi anni passati ai bordi dei cantieri a osservare lo stato di avanzamento dei lavori lo avevano fiaccato”
Questa è proprio la metafora perfetta del pensionato. Mi piace la patina di umorismo, anche se un pelo malinconico, che pervade questo racconto.
Apprezzo molto il tuo apprezzamento, per me non ha prezzo.