
L’ora giusta
Quello seduto sulla pila delle cassette per la frutta è Nero e non ci vuole molto a capire perché si chiama così. I suoi occhi sono scuri che non ne hai mai visti, pare manchi la sfericità della pupilla; capelli neri attaccati al cranio, privi di vitalità, nessuna onda, zero ritrose. Veste di nero dai tempi delle scuole medie. Si tira addosso tutto quel nero, sotto una pelle diafana come la luce a neon di un lampione.
Batte la punta degli stivali, anch’essi neri sull’asfalto.
Il mercato ortofrutticolo ha chiuso da un paio d’ore, la piazza è in attesa del lavaggio strade.
Foglie di carciofo appassito si mischiano al rosso dei pomodori a grappolo, spiaccicati dalle ruote dei furgoni del carico merci.
E’ questa l’ora giusta, una via di mezzo tra il crepuscolo e la notte, nessun pedone a portare fuori il cane a pisciare e nessuna anima in cerca di guai.
Nero fissa la zona dietro al container. Io fisso lui. Sono quella che sta a fianco dei cassoni dell’immondizia, raccolta differenziata, vestita che sembro un ragazzo, col cappello di lana calato fin sugli occhi e i jeans che mi calano sui fianchi. E’ questa l’ora giusta per regolare i conti, l’ora in cui i bimbi stanno a letto e le madri stese sui divani.
Nero ha chiesto a Samuel di farsi vedere al container del mercato ortofrutticolo, coi soldi in tasca, altrimenti domani va a cercare sua madre che domani è domenica e la domenica anche se grandina va a far visita ai morti del camposanto dello Stradone. C’è sepolto il padre di Samuel.
Nero i soldi li vuole indietro.
-Se non li porta, domani Samuel diventa orfano.
-Uhm…staremo a vedere che se piove davvero com’ha detto il meteo io non mi faccio viva, domani. Chiaro, Nero?
Non mi risponde.
Con Nero devi essere sicuro di scandirle bene le parole, è capace di dire che questa e quell’altra cosa tu non l’hai mai detta. Insomma, Nero è uno che ribalta il giorno per la notte e ti costringe a vedere le stelle anche se non ce ne sono.
Ho le ginocchia intirizzite. E’ umido a quest’ora da queste parti. Sono l’ultima amica di Nero. Io gli sono amica, lui no. Dice sempre che non ha amici. A volte bofonchia che gli sto sempre attaccata al collo come una dannata anima e non lo faccio respirare.
Almeno accadesse qualcosa da queste parti. Stare dietro a Nero è tempo che non ritorna, anzi è come non sapere che giorno è, un giorno dietro l’altro.
Forse è una nuvola che passa sopra la piazza del mercato ortofrutticolo, tutto diventa più scuro e qualcosa di lato al container si muove. Dev’essere arrivato Samuel. Cerco di mettere a fuoco le decine di metri davanti a me, ma non vedo niente, eppure sono sicura che ho percepito un movimento in quella direzione.
Faccio un passo in avanti, Nero è sempre lì a battere gli stivali sul selciato.
Avanza qualcosa, percepisco un movimento rapido nell’aria. Tutto ora è silenzio, non sai mai cosa nasconde il silenzio.
Un cranio arrotondato e due orecchie schiacciate all’indietro compaiono alle spalle di Nero. Le fauci sono spalancate, il corpo si avventa in avanti sotto la spinta di muscoli d’acciaio. Un molosso dal pelo scuro, ha gettato a terra Nero. Lo fissa.
Chiudo gli occhi. Di nuovo il silenzio. Li riapro e la faccia di Nero non c’è più. Samuel ha mandato il suo cane da guerra.
Viene verso di me.
Farò la stessa fine.
Mi costringo a rimanere immobile. Annusa le mie gambe e un verso di aria e saliva gli esce dalla bocca che gronda sangue.
Mi annusa. Un guaito, scodinzola e se ne va.
Sola col buio. Nero sull’asfalto. Un altro morto per il camposanto dello Stradone.
Domani il meteo ha messo forti precipitazioni, sufficienti a lavare via il sangue di Nero.
Se piove resto a casa.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Che noir! Mi è piaciuto
Grazie mille!
Davvero bello. Complimenti
Ti ringrazio per la lettura.
Una storia nera e risoluta come la brutalità, i gesti, gli affari concreti da gestire. L’equilibrio in una scena può essere turbato da tante cose, ed è interessante vedere, tutte le volte, chi svolgerà questo compito dirimente. Stavolta è toccato ad un “cane da guerra”.
Molte grazie per il commento.
Racconto disarmante, brutale nelle atmosfere intime e grande di un finale cinico. Se non si è capito, mi è piaciuto 😀
Mi fa piacere che sia arrivato così come volevo. Ti ringrazio molto.
“Veste di nero dai tempi delle scuole medie. Si tira addosso tutto quel nero, sotto una pelle diafana come la luce a neon di un lampione.”
Insomma, praticamente sono io 😂 😂 😂
Chissà se l’esteriorità basta a connotarci.
“I suoi occhi sono scuri che non ne hai mai visti, pare manchi la sfericità della pupilla;”
Questo passaggio mi è piaciuto
Un affondo che voleva caratterizzare attraverso la “mancanza” di qualcosa di essenziale il personaggio, disumanizzandolo.