L’ultima opportunità – parte 2 (epilogo)

Dovrei conoscerla? Non mi ricordo di lei… può darsi che mi confonda con qualcun altro, sebbene sembri piuttosto sicura; o magari è matta.

«Ci conosciamo?» Mi ascolto chiederle, prima ancora che avessi concluso il mio ragionamento.

«Ma certo, piuttosto intimamente…» insiste lei, mentre viene a sedersi sulla poltroncina accanto alla mia.

Avrà inteso dire, che abbiamo avuto una relazione? Chino il capo per un istante, cerco di far mente locale… non che ci voglia molto, da vivo ho avuto ben poche storie sentimentali, tutte finite male… ma va be’: lei non è tra queste.

Quando rialzo la testa, i miei occhi finiscono sullo scorcio che la V della giacca concede di vedere, lasciandomi estasiato. Sarei tentato di farle notare quel bottone che s’è slacciato, e l’effetto che provoca quando sposta il busto in avanti… ma torno a concentrarmi sul suo sorriso, ora è divenuto sensuale, e non mi riesce più di pensare.

«Il tuo sorriso,» le dico «ha qualcosa di familiare, ma sono confuso, non riesco a ricordare…»

«Eppure, sono stata tante volte nei tuoi pensieri, accanto a te per notti intere.»

Oh, merda, ecco chi è!

«Ma tu non esisti. Non sei mai esistita, se non nella mia mente…»

«E ti sembra poco?» Ribatte, con un broncio che ora rammento perfettamente. «Non sono proprio io l’unica donna per cui tu hai davvero perso la testa? Ogni singola parte del mio corpo l’hai disegnata tu, perché combaciasse col tuo desiderio, persino la forma del mio ombelico non è casuale…» deglutisco, mi mancano le parole per ribattere. «Ho acquisito una personalità» prosegue «che si è forgiata sulle tue aspettative, non per essere semplicemente uno specchio della tua, ma perché potesse stimolare la tua curiosità, alla quale qualcosa ho concesso e qualcos’altro ho serbato perché rimanessero zone misteriose, affinché tu rimanessi innamorato, e non si sopisse la voglia di scoprire. Che poi è il segreto di un lungo amore.»

«Tu non puoi essere senziente, non puoi decidere cosa svelare e cosa no…» ma mentre lo dico mi persuado dal fatto che quello che ha detto è la verità, io non so tutto di lei, non l’ho mai saputo. E pure sembra giocare con me, torna ad appoggiarsi allo schienale e mi lascia il dubbio se abbia davvero scorto il suo seno o piuttosto me lo sia solo immaginato.

Cerco di isolarmi con la mente, mi domando quale sia il significato di ciò che mi sta capitando. Voglio capire, ma allo stesso tempo ho una paura fottuta di quella cognizione; di scoprire che per tutta la vita non abbia mai saputo chi ero, o cosa volessi veramente. Mi sgomenta l’eventualità di comprendere che finché son stato vivo non abbia mai avuto il coraggio di fare altro che sognare.

Poi mi scuoto, osservo sulla parete il quadro che, invariato nello stile, ha mutato il suo soggetto. Ora è un ritratto: il suo ritratto. E mi sovviene che di lei non conosco neppure il nome.

Con un gesto della mano richiama la mia attenzione e mi domanda: «Non hai guardato dalla finestra, vero? Non volevi sapere cosa c’è oltre la tenda?»

«Non ne sono sicuro…» rispondo sincero.

«Sì, lo immaginavo. C’è il più bel panorama che avresti mai potuto vedere: c’è il prima e il dopo, la storia tutta dell’umanità, c’è l’amore senza condizioni e ci sono le stelle. Ma certo, è meglio essere cauti. Meglio non rischiare.»

«Forse potrei–»

«No. Vedi, ogni desiderio porta con sé il rischio di fallire (o di rimanere delusi), ma anche se non fallissi, ciò che avresti raggiunto lo potresti perdere. Perché ogni conquista comporta anche uno sforzo per conservare ciò che sei giunto a toccare e, talvolta, occorre dannarsi perché ciò avvenga, soprattutto se ciò che hai sfiorato è un cuore. Adesso non puoi più scostare quella tenda. Avresti dovuto farlo prima, ma poiché non hai ceduto alla voglia di osare, ora non ti è più concesso. E non mentire a te stesso invocando un ingenito tutore che avrebbe dovuto erudirti.»

Senza aggiungere altro, si alzò. Raggiunse la stessa porta da cui era entrata, l’aprì e prima di chiuderla alle sue spalle si voltò e mi donò un ultimo sorriso.

Nemmeno una bestemmia uscì dalla mia bocca. Perché non si sa mai… E poi, il buio.

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Discussioni

    1. Grazie Arianna. Ho qualche idea in mente, ma non meno confusa di quanto abbia scritto finora… per il momento, il nostro mortale, per dirla come i greci antichi, è defunto :). Grazie davvero per tuo tempo.

  1. Ho percepito che dietro a questo racconto c’è molto altro, come se il racconto stesso fosse un involucro, una metafora, che racchiude il vero significato. Forse quello della vita?
    Mi piace tanto il fatto che dall’altra parte non c’è Dio a giudicare, dietro al banco in legno con il martelletto, ma c’è lo stesso protagonista che ripercorre il bene e soprattutto il male della sua vita.
    Chissà quante altre storie di vita si potrebbero raccontare, se, come hanno suggerito altri, tu volessi continuare la serie. 😼

    1. Ciao Mary, grazie per essere passata e per aver commentato questa roba strana dove ho cercato di mettere insieme un po’ di cose, tutte confuse… Mi piace molto la tua idea di utilizzare questo brano come un contenitore di storie, proverò a ragionarci su. Il problema, per così dire, è che quando mi avventuro in certe tematiche, faccio fatica a trovare la quadra tra il raccontare e scrivere un pippone saggistico… 😬 Grazie ancora per le tue parole. A presto

  2. “Mi sgomenta l’eventualità di comprendere che finché son stato vivo non abbia mai avuto il coraggio di fare altro che sognare.”
    Questa frase è meravigliosa, non saprei in quale altro modo descriverla. ❤️

  3. Non so perché, sul finale dell’episodio precedente, ho avuto il dubbio che il protagonista non fosse morto davvero. Qualcosa mi faceva intuire fosse ancora vivo. Qui ho scoperto di sì, ma la sensazione che fosse ancora vivo non mi lasciava. Allora ho riletto. Ho capito perché. Non so se fosse nei tuoi intenti, ma tra le tante riflessioni, una in particolare mi ha catturata: questa faccenda di scoprire, di un botto, che non abbiamo vissuto, che non abbiamo realizzato noi stessi a pieno. E in questa riflessione lui, in questa presa di coscienza, è più vivo di quanto non lo sia mai stato in vota. Ha davvero passato la vita a sognare per svegliarsi solo alla fine? Lo avrà esaudito qualche desiderio? O sono tutti dietro la tenda insieme alla vita che si è lasciato scappare?
    Perché è vero, siamo vivi soltanto morendo. Soltanto così realizziamo che la maggior parte del nostro tempo la passiamo galleggiando nella nostra mente. A sognare cose che vorremmo avere ma mica lo muoviamo un dito per andarcele a prendere. Progettiamo viaggi che non faremo mai, desideriamo quello che non abbiamo. Mai una volta che osiamo fare il contrario. Prenderci una donna, se la vogliamo, salire su quel treno, mollare davvero il lavoro che non ci piace, finire davvero milionari alle Hawai.
    Sognamo e basta. Chissà perché .

    1. Ciao Irene, cerco di buttar lì (spero in modo comprensibile…) le idee che mi hanno attraversato scrivendo questa cosa, ringraziandoti infinitamente per aver condiviso le tue 🙏🏻 . La questione ruota attorno al tema dell’ignavia. Su questo aspetto, ciò che avevo in mente è una “lezione rubata” a Massimo Recalcati dove lo psicoterapeuta, in un’intervista, spiega (da credente) il suo punto di vista sul significato della parola “peccato”, adducendo che l’unico vero peccato è quello di “non perseguire nella vita il proprio desiderio”, le proprie aspirazioni; rinnegando sé stessi, per così dire. Ho cercato di estremizzare questa visione con una “mancata esistenza” del protagonista, il quale a un certo punto ne prende consapevolezza. Avrà perduto anche l’ultima possibilità concessagli non avendo avuto il coraggio di scostare la tenda della finestra, come non fosse mai esistito. Infine, la risposta alla tua domanda, nella mia mente, sta nel fatto che fin da piccoli ci hanno insegnano che è meglio essere prudenti, piuttosto che azzardare, meglio accontentarsi di poco (ma sicuro) piuttosto che rischiare delusioni o frustrazioni per non aver raggiunto ciò che volevamo davvero. Insomma, ci hanno insegnato ad aver paura. Un abbraccio

  4. “«E ti sembra poco?» “
    Bellissimo questo passaggio. Ciò che immaginiamo è reale quanto ciò che accade. Ci muove, ci fa sentire emozioni, è con noi (dentro) a volte molto più di chi è da parte.
    La sottilissima differenza tra vivere nella nostra mente oppure nel fuori. Forse per questo funzionano bene i social. È più reale ciò che immaginiamo se ha il potere di portarci via dalla realtà…

    1. Mi fa piacere che tu abbia colto questo passaggio. Condivido appieno la tua interpretazione e ti dirò in più che, come accade per i bimbi che s’inventano un “amico immaginario”, questi personaggi finiscono per assumere una propria dignità di pensiero, sorprendendo talvolta lo stesso inventore con asserzioni inedite e impreviste (la nostra mente è davvero potente!). È un argomento sul quale ho fatto qualche studio per un racconto incentrato su un bambino con questa prerogativa.

    1. Caro Giuseppe, prometto che ci penso su, so che avete ragione e vi sono grato per lo stimolo. Spero di riuscire a far saltar fuori qualcosa che mi sconfinferi di più di ciò che avevo tagliato (improponibile…). Ciao e Grazie

  5. Brava Cristiana, effettivamente, quel richiamo c’è. Almeno nell’intento. Poi, in modo un po’ maldestro ho tagliato tutta una parte dove forse provavo a dare maggiore profondità (sfidando le mie capacità), ma mi pareva uscisse solo un sermone noioso… il risultato, probabilmente, appare un po’mutilato. Non di meno, faccio tesoro delle tue considerazioni tra i miei appunti. Grazie mille per il tuo tempo e i preziosi consigli

  6. Ciao Paolo. Mi sembra di intuire che questo tuo racconto abbia profonde radici sociologiche e diventi una sorta di specchio dei nostri comportamenti. Ci ho visto un ammiccare al mondo dei social, a quell’idea personalmente distorta che ci facciamo delle persone che stanno dall’altra parte del telefono e con cui interagiamo oramai nella nostra quotidianità.
    Lo spunto è davvero ottimo e credo meritasse un maggiore approfondimento. Non dico una serie, ma avresti potuto regalarci qualcosa di più. Il filo del ragionamento mi piace, meritava più respiro.
    In ogni caso, davvero di interesse.

    1. Come un rimbambito, ho scritto nella casella sbagliata… vabbe’. Ricopio qui:
      Brava Cristiana, effettivamente, quel richiamo c’è. Almeno nell’intento. Poi, in modo un po’ maldestro ho tagliato tutta una parte dove forse provavo a dare maggiore profondità (sfidando le mie capacità), ma mi pareva uscisse solo un sermone noioso… il risultato, probabilmente, appare un po’mutilato. Non di meno, faccio tesoro delle tue considerazioni tra i miei appunti. Grazie mille per il tuo tempo e i preziosi consigli

  7. Ciao Paolo, questa parte è un invito alla riflessione. La donna incarna la consapevolezza di non aver mai vissuto veramente la propria esistenza, e non è un caso che abbia l’aspetto della donna che ha desiderato più di tutte. 👏👏👏

  8. “di scoprire che per tutta la vita non abbia mai saputo chi ero, o cosa volessi veramente. Mi sgomenta l’eventualità di comprendere che finché son stato vivo non abbia mai avuto il coraggio di fare altro che sognare.”
    Questo passaggio è meraviglioso. Una riflessione profonda. Mi piace tantissimo.

  9. Povero sig. 48 (morto che parla), lo hai lasciato nel dubbio e in pigiama, spero non per l’eternità. Quante domande aperte. Come fai sbagli. Osare? Aspettare? Quanti dilemmi anche dopo la morte. Ma avremo mai pace? Bravo Paolo, un racconto intrigante.

    1. Ciao Fabio, in effetti è una vita difficile, quella del 48… non a caso è divenuto emblematico. E seppure qualcuno preghi per la “pace eterna”, per certi versi, preferisco restare qui a cristonare, ma dove ogni tanto qualcosa si ramaccia. Grazie mille per aver letto e per i tuoi commenti, sempre pregevolmente ironici.

  10. Ah! I rimpianti. Che tristezza. Nel tuo racconto sono così forti da materializzarsi nell’ immagine della donna tanto desiderata e forse idealizzata. Una donna che gli stava accanto “per notti intere”, ma non nel modo in cui avevo immaginato, leggendo l’ episodio precedente. Ho apprezzato molto questa seconda parte, soprattutto per la saggezza espressa in vari punti, con la voce di lei, o pensieri proiettati dalla sua coscienza?

    1. Ciao Luisa, grazie per il tuo tempo. Sebbene sia una situazione estremizzata, credo un po’ tutti quanti, qualche volta, ci siamo accontentati di idealizzare, piuttosto che sforzarci a inseguire un desiderio nella vita reale. Non sono per niente sicuro di essere riuscito nel mio intento, ma dal tuo commento percepisco che, forse, un sassolino nello stagno c’è finito. Grazie ancora e a presto

  11. Quindi il nostro antieroe è confinato in una sorta di antinferno in quanto ignavo? Ha sprecato la sua vita? Spezzo una lancia a favore del protagonista: scegliere è osare, non è per niente semplice. Bravo, Paolo!🙂

    1. Ciao Concetta, in un certo senso l’ignavia gioca un ruolo importante nella vicenda. Forse è un paragone forte, ma credo possa sposare in qualche modo la superficialità e la mediocrità sulle quali spesso sono costruite le vite delle persone, in particolar modo nella nostra epoca, ma non necessariamente. Alla fine, per come l’ho vista io, c’è il nulla, che non è popriamente l’inferno (anche se per qualcuno potrebbe esserlo), ma quel buio non è altro che la vita che si spegne. Sono d’accordo con te quando dici che osare non è facile, e infatti la tua definizione di “antieroe” è perfetta. Grazie molte per aver letto e per il tuo bel commento