L’urlo di Lazzaro

Serie: Parole di Dio, voci di uomini


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ogni episodio di questa serie è un tassello di un mosaico di volti che emerge dalle pagine bibliche. Storie di donne e uomini di tempi remoti, le cui voci potrebbero essere le nostre.

Qui è un bel casino.

Se me lo avessero raccontato, ammetto che io stesso non ci avrei creduto. No, non parlo di quello che è successo al mio sepolcro l’altro giorno, a quello ci arriviamo tra un attimo. Mi riferisco a mia sorella Maryam, a ciò che ha appena fatto a Jeshua, davanti ad una sala piena di uomini, alcuni dei quali si definiscono devoti, ma che ormai ho capito essere solo intransigenti. Jeshua credo li definirebbe semplicemente cechi e sordi. Ma io, che sono muto da tutta la vita, ho capito da tempo ormai che c’è una bella differenza tra chi vive una condizione suo malgrado e chi invece la sceglie. Ecco, questi se la sono scelta. Sono tutti straniti, scioccati, perfino arrabbiati.

Jeshua invece mi guarda con lo sguardo divertito che ho imparato a conoscere bene. – Che casino è venuto su, qui – sembra dire. È lo stesso sguardo che aveva quando, durante una cena in casa nostra, mia sorella Marta si lamentò con lui che Maryam non l’aiutava e lui le disse che si affannava per tante cose senza fare ciò che era più importante. Quelle parole avevano sollevato tra loro un tale polverone che credo aleggi ancora come mille cose non dette.

Già me le immagino loro due, nell’altra stanza. Marta starà cercando di rimettere in ordine sia la cucina che i capelli di mia sorella, cercando di trattenersi dal farle una ramanzina. Maryam invece sarà alle prese con il tentativo di spiegare il motivo per cui doveva assolutamente fare ciò che ha fatto, dirompente come al solito. Le conosco troppo bene. Saranno in uno di quei momenti tra sorelle, fatti di silenzi e lacrime, di parole dette a metà, di riferimenti appena accennati che ognuna prende e capisce un po’ come vuole. Cose da donne.

Io preferisco stare qui a godermi questo trambusto. Molto più divertente.

Io stesso ormai sono considerato un trambusto vivente qui a Betania. Da quando Jeshua mi ha chiamato fuori dal sepolcro tutti mi fissano come se fossi un prodigio, un segno di Dio. Altri invece, che odiano Jeshua, mi guardano come un problema, come uno scacco matto alle loro convinzioni che andrebbe spazzato via.

Ammetto che questo mi fa ridere. Perché in questi anni ho imparato a ridere del caos che Jeshua genera quando dice o fa qualcosa che la gente non si aspetta o non apprezza. Se devo dire la verità, è proprio con lui che ho imparato a ridere nella vita. Perfino quando qualcosa va male. Perfino della mia condizione.

Muto fin dalla nascita e gracilino nella corporatura, sono sempre stato un peso più che un aiuto nella mia famiglia. I miei genitori inventarono un modo perché riuscissi farmi capire a gesti e mio padre mi insegnò a scrivere prima di tutti i miei coetanei per tentare di realizzare il mio desiderio di comunicare. Anche se mi dispiaceva non essere come gli altri, non ero infelice, e avevo fatto pace con la mia condizione: essere senza voce.

Quando incontrai Jeshua avevamo entrambi 12 anni. Ci incontrammo a Gerusalemme nel Tempio. Mi colpì subito perché mi parlava come se fossi uguale a tutti gli altri. Mi faceva domande, provava a capire le mie risposte. Ma soprattutto mi prendeva in giro perché ero muto.

«Lazzaro, abbassa la voce, per favore. Siamo nel Tempio» diceva sogghignando quando a gesti gli dicevo qualcosa. Oppure «non mi parlare con quel tono» quando non la pensavo come lui in merito a qualcosa. Talvolta faceva finta di dimenticarsi che fossi muto e mi interpellava perché dicessi la mia per poi guardarmi sorridendo. A quel punto scoppiavamo entrambi a ridere.

Ecco, con lui ho imparato a ridere anche del fatto di essere “un senza voce”.

Credo però che tale mancanza con il passare degli anni sia divenuta una convinzione del cuore: che in fin dei conti la mia vita in questo mondo non aveva niente da dire. Forse per questo non mi sono mai sposato. Certo non è facile trovare una compagna quando non si può comunicare, ma credo di non essermi mai impegnato, di non averla mai veramente attesa, convinto di non aver niente da dare.

Sono rimasto in disparte anche quando Jeshua ha cominciato a girare tra la Giudea e la Galilea radunando attorno a sé alcuni discepoli. Segretamente nutrivo il desiderio di farne parte anch’io, ma sono rimasto fermo a Betania, accontentandomi di accoglierli tutti a casa nostra quando Jeshua passava per Gerusalemme. Io, muto, come potevo fare quella vita? Come potevo seguire gli altri discepoli e annunciare anch’io alle genti che il Regno del Signore è vicino a ciascuno? Come può “un senza voce” parlare al mondo di Dio?

Non dovetti soffermarmi a lungo su queste domande, poiché mi ammalai e così arriviamo a quel benedetto sepolcro.

Può sembrare strano, ma quando ne uscii non mi sorpresi di essere vivo, ma di essere ancora muto. Non appena mi tolsero le bende dal volto tentai di aprire la bocca e dire qualcosa. Allora mi accorsi che non era cambiato nulla dalla mia vita di prima: potevo sentire, ma non potevo parlare.

Jeshua mi abbracciò e piangeva. Era la prima volta che vedevo le sue lacrime.

«Ora è tempo di urlare» mi disse.

Pensavo fosse un’altra delle sue prese in giro per farmi ridere e allentare tutta quell’agitazione che ci esplodeva attorno, ma egli non rideva. «Ora è tempo di urlare» ripeté.

È da quel giorno che anche io sono considerato un trambusto. Prima ero invisibile perché ero senza voce, ora tutti a Betania hanno gli occhi su di me, soprattutto quelli che odiano Jeshua. Più lui si avvicina a Gerusalemme, più odiano anche me. È nell’aria che in molti vorrebbero vederlo morto. Vorrebbero metterlo a tacere perché ciò che dice e fa è troppo vero, troppo bello per loro. Vorrebbero mettere a tacere anche me che sono la prova vivente di chi è Jeshua veramente e di cosa può fare.

Mi fa ridere: io, muto, semplicemente vivendo parlo al mondo di Dio.

Io, senza voce, ora urlo e rido. 

Serie: Parole di Dio, voci di uomini


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Lettura piacevole, per la sottile ironia e la semplicità della narrazione, pur nella profondità e importanza del suo messaggio. Ancora una volta hai saputo trasmettere parole di speranza, rielaborando e rendendo attuale un’ altra storia biblica.

  2. Un ritratto intenso e toccante, che racchiude un messaggio bellissimo nel finale. Non sono le parole, ma la vita che conduciamo a raccontare chi siamo e in cosa crediamo. Vale per Lazzaro e per noi. Mi è piaciuto molto, complimenti Guglielmo!

  3. Accidenti Guglielmo, ogni volta mi lascia a bocca aperta il modo il modo gentile in cui scrivi e i concetti potenti che ne escono fuori. Mi sono immedesimato in tanti aspetti del Lazzaro di cui hai raccontato, e ho ammirato la tua capacità di comprensione.

  4. Una altra bella storia che ho letto con molto piacere. La voce di Lazzaro la percepisco come un sussurro, dolce e leggermente ironica. Sei stato molto bravo 👏 Spero di leggere presto un altro episodio.