Mindfulness

Serie: Vite rubate


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: Risveglio
  • Episodio 2: Mindfulness

Quei ricordi lo avevano reso immobile. Perchè si erano separati quella sera? E dove diavolo si trovava? Chi lo aveva portato fino a quel posto? Mille domande riempivano la sua mente, già pesante a causa di quello che riconobbe come un post-sbronza. Tentò di alzarsi, ma cadde all’indietro, non riusciva a muoversi, i suoi muscoli erano atrofizzati.

Cercò il cellulare nella tasca dei jeans, tastò da entrambe le parti, ma non riuscì a trovare nulla. Gli avevano rubato il cellulare? Con occhi da orientale scrutò ogni angolo di quel salotto così ben arredato, davvero ogni cosa gli ricordava i suoi genitori. Dov’era C.? Perchè non era con lui in quel momento?

C. E J. Non si erano mai allontanati dal giorno della rissa. Erano due anime spezzate dalla vita che aveva insegnato loro cosa volesse dire soffrire troppo presto.

C. Era stata abbandonata dalla famiglia a causa della povertà. Il padre era un magnate dell’industria letteraria trovatosi in disgrazia dall’oggi al domani. C. Era innamorata di lui, un uomo tutto d’un pezzo, alto e moro, con occhi verdi come quelli della figlia. Tenero a suo modo, non amava porre la propria dolcezza alla mercé di chiunque, accarezzava la figlia di nascosto, mentre dormiva. Carattere forte, dovuto all’alcolismo del padre, un uomo terribile che odiava i figli avuti da una donna che mai aveva amato. Rientrava in casa tutte le sere con la cinghia in mano. Il padre di C. Aveva voluto interrompere ogni rapporto con il proprio genitore non appena abbandonò casa per l’università. Si era impegnato così tanto nella vita per non diventare come il nonno paterno di C. Aveva amato i propri figli non appena erano venuti al mondo, fin da subito si era prodigato affinché avessero una vita agiata. E così era stato fino al giorno del tracollo della sua azienda. Da quel momento tutto era cambiato.

J. Fu preso nuovamente da un’ondata di ricordi, quelli delle lunghe notti passate a racontare delle loro vite. Perchè C. Non lo aveva cercato? O forse lo stava cercando? Ma dove diavolo si trovava?

Si guardava intorno cercando di riconoscere i suppellettili…erano quelli dei genitori! MA come era possibile trovarsi in casa loro? E cosa diamine era tutto quel rosso intorno a lui? Alzò la mano destra, la guardò attentamente, era carica di una sostanza rossa secca, un rosso scuro, impiastricciato.

Vomitò nuovamente. E si addormentò.

C. Si svegliò di soprassalto, come dopo un incubo. Le mancava l’aria, dove si trovava? Intorno a lei era tutto scuro, se non fosse stato per una flebile lucina proveniente da quella che pensò fosse una porta chiusa, non avrebbe visto nulla. Si alzò lentamente perchè le girava la testa, cominciò a tastare l’aria intorno a lei, piano, quasi immobile. Avanzò lentamente verso quella porta chiusa e…sbam. Picchiò la testa. Perché era tutto buio intorno a lei? Si avvicinò sommessamente alla lucina e tese l’orecchio…nessun rumore. Con la mano dolorante cercò la maniglia, ma la testa era così piena di pensieri e di dolori che ebbe un capogiro e dovette sedersi nuovamente. Si sdraiò al buio, in silenzio, respirando come le aveva insegnato il suo psicologo. La mindfulness era sempre stata una tortura per C., non credeva a quelle strane tecniche del respiro, le davano i nervi. Si ricordò della prima seduta dal dottor M, era così nervosa che aveva ripreso a mangiarsi le unghie, non lo faceva da un anno. La casa di accoglienza in cui si trovava le aveva imposto delle sedute di psicoterapia, affinché potesse contenere la sua rabbia, dopo che aveva aggredito le due carnefici. Seduta su quella sedia sudava freddo, non aveva mai amato parlare di sè, figuriamoci con un medico pronto a giudicarla. Ancora più fastidioso era il continuo prendere appunti del dottor M., scriveva con quelle sue dita piccole e cicciotte mentre la guardava di sottecchi con i suoi occhialini rotondi, troppo piccoli per un viso troppo grasso.

“Chiuda gli occhi signorina e si rilassi, segua il movimento del suo respiro, torni con la mente a quando era felice, cerchi il suo posto sicuro, si ricordi dei momenti felici” e andò avanti così per un po’, finché non si accorse che C. Si era addormentata.

La tecnica che tanto aveva odiato, ora, la aiutò a ritrovare la forza. Si alzò a fatica e tentò nuovamente di trovare la maniglia.

Serie: Vite rubate


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Discussioni

  1. Ciao Sara. E mi lasci così? Con la mano di C. posata sulla maniglia della porta? Aspettavo i prossimi episodi per commentare, in modo da fare una scorpacciata uno dietro all’altro, ma non posso più tacere 😀 A quando il prossimo episodio?

  2. Ciao Sara, il passato continua a torturare i due protagonisti, che non riescono a vivere liberamente la loro vita. Il tuo racconto credo che sia lo specchio di un vissuto reale, è ciò che percepisco dai loro sentimenti, dalle loro vive sensazioni. Ritrovare la forza ci fa andare avanti, e chissà dove condurrà C., spero ad un futuro sereno! Un saluto, alla prossima!