Notti di Stelle (Ritorno a casa)

Serie: L'Impero della Stele


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Rea deve finalmente far ritorno a casa dopo l'escursione con il professore e gli altri ragazzi del villaggio.

“Ehi Rea, vieni qui! Ti ho tenuto il posto!” strillò una da un lato del falò. Era Ylina, che agitava una mano verso di lui.

“Si, si, eccomi, grazie!” rispose Rea, sorridendo un po’ più rilassato, poi si girò verso Selene e le fece un cenno di ringraziamento. La ragazza continuava a distribuire la colazione agli altri, sorridendo alle battute dei ragazzi che la circondavano.

“Allora? Sei andato alla rupe e non mi hai svegliata? Sai che voglio vedere anch’io la città, ma da sola mi annoio!” borbottò Ylina, con una smorfia sul volto mentre afferrava il suo pane e lo immergeva nel latte caldo.

Rea, sorseggiando il latte, rispose con un sorriso di sfida: “Non volevo svegliarti. L’ultima volta mi è arrivato un calcio sullo stinco, non avevo voglia di ripetere la sensazione. Poi è bello anche da soli. Se ti annoi a vedere la città da sola, ti annoi anche in compagnia, no?”

Ylina, con il viso ancora imbronciato, lo guardò per un attimo prima di continuare a mangiare, ma non riuscì a la smorfia aveva in volto: “È diverso… lascia perdere. Ah, e comunque, ricordati che oggi ricominciano le lezioni di scherma al villaggio. Ne hai già saltate due. Prima o poi il Maestro d’Armi ti farà un richiamo.”

“Si, si… sembri mia madre,” rispose Rea sbuffando, ma un sorriso malizioso gli illuminò il volto. “Sono stato poco bene, te l’ho detto. Non ti preoccupare, da oggi tornerò a stracciarti nei duelli!”

Ylina, non riuscì a trattenere una risata fragorosa, anche se stava ancora mangiando. “Ah!” urlò, con il cibo quasi che le sfuggiva dalla bocca. “Continua a sognare!” concluse ridendo tra sé e sé, ma nei suoi occhi brillava una scintilla di fastidio.

Rea, con la coda dell’occhio, guardò Ylina mentre continuava a mangiare. I due si conoscevano da sempre, praticamente cresciuti insieme. Rea era più grande di qualche mese, ma la loro amicizia era talmente profonda che spesso venivano considerati all’interno del villaggio come fratello e sorella. I loro genitori erano grandi amici, e così, nonostante Ylina fosse figlia unica e Rea avesse sempre desiderato una sorella, i due erano inseparabili. La cosa curiosa era che i genitori di entrambi avevano già scelto il nome femminile da dare ai propri figli una volta nati, L’intenzione era di chiamarlo Rea se fosse stata una femmina, e nonostante la sorpresa al momento del parto, non cambiarono mai idea sul nome.

Ylina, con il suo spirito libero e vivace, adorava combattere, giocare e praticare sport di combattimento, ma il suo aspetto fisico era completamente l’opposto: era una ragazza attraente, in perfetta forma, sempre al centro dell’attenzione. Non passava

inosservata, e i ragazzi del villaggio la guardavano con ammirazione. Non che a Ylina importasse molto degli amori adolescenziali: per lei l’importante era divertirsi, allenarsi e stare in compagnia di Rea, e anche di Selene con cui ormai aveva stretto una forte amicizia. Tuttavia, il legame che c’era stato tra Rea e Selene l’anno prima non l’aveva mai convinta del tutto. Forse era solo la sua natura protettiva nei confronti del suo migliore amico, ma qualcosa in quella relazione non riusciva a fargliela andare bene.

Dopo aver terminato la colazione, smontate le tende e preparato tutto per la partenza, il folto gruppo si mise in cammino verso il villaggio. I giorni di riposo erano finiti, e il ritorno alla routine quotidiana era ormai inevitabile. Nei primi pomeriggi di ogni settimana, i ragazzi più grandi, quelli dai tredici anni in su, avevano le tre ore obbligatorie di allenamento in scherma e uso delle armi, imposte dall’Impero. Ogni villaggio che avesse almeno un centinaio di abitanti aveva il suo Maestro d’Armi, proveniente direttamente dalla capitale, e quest’ultimo faceva rapporto settimanalmente sui progressi degli allievi.

L’allenamento non aveva distinzioni tra uomini e donne, eppure nel villaggio le uniche ragazze a parteciparvi erano Ylina ed Erina, una giovane ragazza minuta di quattordici anni. Nonostante la sua corporatura esile, Erina era incredibilmente abile con la spada, e la sua agilità la rendeva una rivale formidabile. Ylina, però, era sicuramente la più temibile. Il suo carattere forte e determinato la rendeva una delle migliori allieve del Maestro d’Armi, anche se il suo approccio alla disciplina era più spensierato e irriverente rispetto alla severità del Maestro.

Rea, benché fosse un combattente di talento, non amava l’imposizione degli allenamenti obbligatori. Si divertiva più a duellare con Ylina per puro piacere, mettendo in mostra le sue abilità più per il gusto della sfida che per la disciplina stessa. Ma, come aveva ben detto Ylina, prima o poi il Maestro avrebbe chiesto conto di quei giorni persi.

Con il villaggio che si faceva sempre più vicino, la compagnia si preparava a rientrare nel ritmo delle loro giornate, ma Rea sentiva che, al di là delle lezioni, dei duelli e degli obblighi, ci sarebbe sempre stata quella sensazione di libertà che provava quando si fermava a guardare la città in lontananza, quando sognava di qualcosa di più grande.

Rea, vedendo che aveva ancora una mezz’ora prima dell’inizio della lezione, decise di fare un salto a casa per salutare la sua famiglia. La sua casa era piccola ma accogliente, una casetta a due stanze situata nella parte nord del villaggio. Si affacciava sulla prateria che si stendeva dietro di essa, e il giardino, seppur semplice, era il posto ideale per godersi la tranquillità di quella zona.

Quando Rea aprì la porta d’ingresso, la casa sembrava vuota, ma lui si annunciò comunque ad alta voce: “Sono a casa!” ma non ricevette risposta. Si diresse verso la sua camera per sistemare frettolosamente le sue cose, poi prese il sacco con gli indumenti per l’allenamento, pronto a partire subito dopo. Passò per la porta sul retro e, a pochi passi dal giardino, la vide: sua madre, Liara, era nel mezzo di un intenso allenamento. Con uno strappo deciso, sollevava due secchi pieni di acqua, uno per volta, facendo fatica ma non fermandosi.

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