
Orizzonti
Serie: Di ombre e luce
- Episodio 1: Prologo
- Episodio 2: Premonizioni
- Episodio 3: L’addio a Milano
- Episodio 4: Dall’Europa all’America
- Episodio 5: Anahí, tra sogni e tradizione
- Episodio 6: Una bambina sotto la luna
- Episodio 7: Dove finisce il mare
- Episodio 8: Straniero tra fratelli
- Episodio 9: Quando il vento cambia
- Episodio 10: Il battito della città nuova
- Episodio 1: Una parte di me resta qui
- Episodio 2: Tra le righe del massacro (parte prima)
- Episodio 3: Tra le righe del massacro (parte seconda)
- Episodio 4: Orizzonti
STAGIONE 1
STAGIONE 2
Prima di lasciare l’alloggio di La Boca, Pietro si fermò sulla soglia e fissò Diego negli occhi. Provava una gratitudine immensa perché senza di lui non avrebbe superato i giorni più difficili. Rimase immobile, le braccia incrociate, lo sguardo velato da un’ombra di inquietudine. Non riusciva a trovare le parole per il giusto commiato.
Fu Diego a rompere il silenzio. «Pietro, sei davvero convinto di voler commettere questa follia?» chiese con voce tesa. «Una volta partito non potrai tornare indietro. Là fuori non c’è nulla di ciò che conosci.»
Pietro abbassò lo sguardo. In cuor suo sapeva che quello non sarebbe stato un viaggio, ma un addio. Non aveva scelta. Ancora una volta si sentiva braccato, e l’unica via era fuggire.
«Non posso restare, Diego. Non ora» rispose con fermezza. «Se rimango, mi troveranno. Ho ancora troppo da vivere e non voglio morire qui.» Un nodo gli serrò la gola. «Grazie» sussurrò infine. «Non dimenticherò ciò che hai fatto per me.»
Diego lo strinse in un abbraccio forte, come aveva fatto la prima notte in cui Pietro era arrivato. Non dissero altro. Poi Pietro si voltò e, senza più esitazioni, si incamminò verso la stazione di Retiro, lasciandosi alle spalle il suo rifugio sicuro e andando incontro all’ignoto.

Alla stazione si confuse tra i viaggiatori, quindi salì sul vagone di terza classe gremito di gente semplice e di contadini e braccianti diretti alle campagne. Riuscì a conquistare un posto accanto al finestrino e si sedette sulla panca di legno, la valigia stretta sulle ginocchia. Attese la partenza con il respiro corto, finché il treno non si mosse tra sbuffi di vapore, stridii metallici e cigolii delle assi.
Attorno a lui la gente parlava animatamente, rideva e si scambiava storie di vita. Un uomo robusto, con lunghi capelli grigi e un’aria bonaria, gli si sedette accanto e gli tese la mano. «Santiago» disse. «Vai anche tu verso le montagne?» Poi si chinò per sistemare un fagotto ai piedi. Pietro si sorprese a pensare alle poche cose possedute dall’uomo e racchiuse in un semplice panno.
«Vado a nord» rispose. «Cerco un posto dove ricominciare.»
«La città è fatta per chi vive di illusioni» ribatté Santiago, estraendo dalla tasca un pizzico di tabacco. «Fuori, invece, è la terra a comandare. Fumi?»
Pietro accettò. «E tu? Qual è la tua storia?» domandò, mentre il treno continuava la sua corsa.
«Io e i miei compagni torniamo dalle famiglie. Siamo stagionali. Ognuno si arrangia come può.» L’uomo fece un cenno con la mano verso alcuni uomini seduti poco più in là. «Vedi? La vita nei campi è dura, ma almeno lì abbiamo il cielo a farci compagnia e la terra a sostenerci.»
«Forse è proprio questo che rende la vita più vera» osservò Pietro.
Santiago non rispose e seguitò a fumare, perso nei pensieri.
Intanto Buenos Aires si allontanava, svanendo come un ricordo e lasciando spazio alle vaste pianure della Pampa. Il paesaggio si trasformò in un mare verde, punteggiato da alberi solitari e dalle sagome dei gauchos a cavallo che guidavano le mandrie.

Per qualche ora Pietro ascoltò i racconti dei compagni di viaggio e si sentì parte di quella comunità itinerante. Ma il vuoto dentro di lui non si colmava. Non sapeva ancora a chi appartenesse davvero, né dove avrebbe trovato il suo posto nel mondo. Ogni tanto il pensiero correva a sua madre.
Quando il treno cominciò a inerpicarsi tra le colline, la marcia rallentò, come se la locomotiva dovesse prendere fiato. L’aria si fece più fresca, la vegetazione più fitta. Ogni curva, affrontata con fatica, sembrava una danza lenta e irregolare e costringeva i passeggeri ad aggrapparsi alle panche di legno.
Lungo la strada il convoglio si fermò in piccole stazioni di località sorte attorno alla ferrovia. I venditori offrivano cibo caldo, mentre orchestrine vivaci intonavano melodie tradizionali per rallegrare i viaggiatori.
Nonostante la scomodità e il dolore alla schiena che lo costringeva ad alzarsi spesso, Pietro trovò nel lungo viaggio il tempo per riflettere sulla propria condizione precaria. Era giovane, ma già troppe volte aveva deviato il suo cammino. Sentiva il bisogno urgente di trovarne uno suo.
Dopo una notte insonne, che per Pietro era sembrata infinita, il treno raggiunse la valle di Punilla. L’aria fresca entrava dai vetri rotti, portando con sé l’odore di terra bagnata. La locomotiva rallentò per affrontare la discesa dolce verso Cosquín.

La vallata si apriva davanti ai suoi occhi, costellata di morbide colline e attraversata da fiumi dalle acque tranquille, mentre sullo sfondo si ergevano solenni le Sierras Grandes.
La stazione apparve nella penombra del mattino, vivace e caotica.
Pietro scese, tra odori di carbone e olio bruciato mescolati al profumo di pane appena sfornato.
I viaggiatori si abbracciavano, stringendo fagotti e borse, scrutando tra la calca alla ricerca dei loro familiari.
Santiago gli si avvicinò un’ultima volta: «Compagno, è stato un piacere viaggiare con te» disse, posandogli una mano sulla spalla e aprendosi in un sorriso sereno. Poi, indicò un giovane alto e robusto. «Mio figlio è venuto a prendermi, lo vedi? È quel bel ragazzo laggiù» aggiunse, sbracciandosi nella direzione del giovane. «Se mai dovessi smarrirti, vai alla piazza principale e chiedi di me. Troverai qualcuno pronto a darti una mano.»
Pietro annuì, cercando di nascondere la paura. Abbassò lo sguardo e lisciò distrattamente il bordo del cappello, poi seguì con gli occhi Santiago finché non si perse tra la gente.
Si guardò intorno, incerto sul da farsi. Doveva raggiungere la località di Santa Maria de Punilla, e lo avrebbe fatto a piedi, trascinando con sé la valigia. Le scarpe gli facevano male e si sentiva molto stanco, eppure trovò la forza di muoversi. Comprò dei churros caldi e, dopo averli mangiati, si sedette all’ombra di un albero.
Chiuse gli occhi, ma il sonno non arrivò subito. Continuava a percepire il viavai della gente, finché tra i volti indaffarati scorse una coppia che si teneva per mano e sorrideva. Solo allora si lasciò andare e si addormentò, portando con sé quell’immagine come fosse la carezza di sua madre.

Serie: Di ombre e luce
- Episodio 1: Una parte di me resta qui
- Episodio 2: Tra le righe del massacro (parte prima)
- Episodio 3: Tra le righe del massacro (parte seconda)
- Episodio 4: Orizzonti
Ho la sensazione che Pietro sia intrappolato in un loop da cui non riesce ad uscire, un continuo scappare e ricominciare. Quante volte ancora dovrà combattere per realizzare ciò in cui crede? La perseveranza e il coraggio di quest’uomo sono ammirevoli.
La scena del treno mi ha ricordato quella sulla nave ad inizio serie: una narrazione di vite tanto diverse che per un breve momento s’intersecano. Per quanto brevi questi incontri, voglio pensare che lascino una traccia, un insegnamento o un piacevole ricordo di un momento.
In tutto ciò, il primo pensiero è andato alla mamma di Pietro: chissà quanto sarà in pena per suo figlio e se un giorno lo riabbraccerà in tempi migliori.
Bentornata cara Cristiana. ❤️
Ciao Cristiana! Finalmente è ripresa questa bellissima serie!👏🏻 Il Viaggio è uno dei tuoi temi caratteristici, e questo episodio è esemplare del tuo stile limpido e sensoriale. C’è un’immersione nei profumi, nelle forme, nei suoni, e questa tua scrittura che indirizza ogni passo, come una guida sicura🤗
Ciao Nicholas. È vero, da lettrice amo la letteratura di viaggio e da scrittrice tento di trasmettere le emozioni raccolte nelle mie esperienze personali. La serie va un po’ a rilento, ma già sapevo che avrei dovuto avere pazienza. Grazie e un abbraccio.
Ciao Cristiana, le descrizioni dall’interno del treno rendono vivide le immagini dentro e fuori, sia del paesaggio che dei personaggi.
Santiago mi ha dato l’ idea di un bravuomo, uno dei tanti che Pietro incontraungo il suo faticoso e insidioso viaggio. Sembra quasi che un bravo giovane come lui, ovunque vada, sia destinato a incontrare sempre qualcuno disposto a dargli una mano. Credo che anche nella realtà, nulla succede per caso e la fiducia che riponiamo nel prossimo venga corrisposta con incontri che in qualche modo ci salvano, oppure contribuiscono a spianarci la strada o ad alleviarci un tratto del cammino.
Ciao Maria Luisa. Personalmente, e mi ritengo fortunata, nella mia valigia ci sono tanti incontri positivi e pochissimi inciampi. Ho desiderato anche per Pietro un bagaglio fatto di incontri favorevoli. Come dici tu, sono convinta che la fiducia nel prossimo venga, la maggior parte delle volte, ripagata con il bene.
Grazie per essere fedele lettrice di questa serie. Un abbraccio 🙂
Ciao Cristiana, hai creato un’atmosfera densa di malinconia e poesia. L’attenzione ai sensi e ai gesti semplici è una delle caratteristiche che ti contraddistinguono. Questo episodio parla di fuga, ma anche di resilienza, e lascia nel lettore una sensazione di quieta speranza. Mi ha fatto un immenso piacere riprendere la lettura di questa storia.
Credo che se volessimo trovare termini che spiegano la sensazione che un paese come l’Argentina ti lascia dentro, ‘malinconia’ sia uno dei più appropriati. Non è facile da spiegare, però bisognerebbe provare almeno una volta.
Grazie 🙂
“Quando il treno cominciò a inerpicarsi tra le colline, la marcia rallentò, come se la locomotiva dovesse prendere fiato. L’aria si fece più fresca, la vegetazione più fitta. Ogni curva, affrontata con fatica, sembrava una danza lenta e irregolare e costringeva i passeggeri ad aggrapparsi alle panche di legno” . Questo passaggio mi ha colpito per la sua intensità evocativa e per la capacità di trasformare la semplice descrizione di viaggio in un’esperienza sensoriale e quasi simbolica. Crea un’atmosfera immersiva attraverso immagini che coinvolgono più sensi: l’aria che si fa “più fresca”, la “vegetazione più fitta”, il cigolio delle curve affrontate “con fatica”. Tutto contribuisce a trasmettere la sensazione di un viaggio che non è solo fisico, ma anche interiore, come se il paesaggio rispecchiasse lo stato d’animo di Pietro.
Ciao Tiziana. Sono felice che tu abbia percepito questo viaggio di Pietro come un viaggio dell’anima. Perché lo è a tutti gli effetti.
Egli compì realmente questo tragitto, ma a me piace pensarlo anche come fosse una metafora della vita.
Grazie 🙂
Leggere questo nuovo capitolo, alle 5:30 del mattino (sì, faccio colazione alle 5😅) mi ha fatto sognare a occhi aperti e mi sono tornati in mente alcuni ricordi. In circostanze completamente diverse, anch’io come Pietro ho affrontato lunghi viaggi da sola (io in autobus, non in treno) e come lui pensavo alla mia vita e al futuro. Sei riuscita, come sempre, ad emozionarmi. Bravissima ❤
La frase finale mi ha fatto pensare che forse l’unico posto al quale apparteniamo davvero è quello da dove veniamo. La madre, la prima “casa”, quella che lasciamo per inseguire il nostro destino ma che alla fine, nel bene e nel male, non ci lascia mai. Pietro la pensa spesso, si addormenta soltanto con il suo ricordo. Eppure questo nuovo viaggio lascia intendere che la sua strada è un’altra e probabilmente in Italia non tornerà mai. Sono curiosa di sapere dove arriverà. Se riuscirà a trovarsi, oltre che trovare la sua strada. Mi mancava questa seria, bentornata Cristiana.
Credo proprio che tu abbia ragione e che in Italia, forse, non tornerà mai.
Per quanto riguarda il concetto di casa, sono parecchio scettica. È possibile vivere una vita sentendosi perennemente ‘ospite’ in un luogo che non ti appartiene? È possibile sentire ‘casa’ un luogo sul quale non cammini? Forse è per questo che Pietro non torna…
Grazie Irene che mi tiri fuori cose che non bisognerebbe dire. Un abbraccio forte 🙂
“Non sapeva ancora a chi appartenesse davvero, né dove avrebbe trovato il suo posto nel mondo.”
Quanto destino raccolto in questa frase. Mi fa pensare che ci sono vite intere che scorrono alla ricerca di una risposta, e non sempre arriva. Pietro ha fame, di quella fame che ti fa ingoiare ogni esperienza vissuta sulla tua pelle. Chissà se il suo destino è trovare un posto, o semplicemente bramare.
Ciao Irene e buon sabato 🙂
Mi piace immaginare che il suo destino sia ‘bramare’ (bellissimo questo verbo che hai usato e al quale non avevo pensato). So che non ha avuto una vita semplice proprio per questa sua particolare semplicità e bramosia di tutto ciò che gli è ancora sconosciuto. Per ora, si muove cauto, ma il mio desiderio è quello di aiutarlo a formarsi con un carattere inquieto. Quella inquietudine che ti fa avere sempre fame. Vero? 🙂
Questo viaggio in treno mi è piaciuto molto. I dialoghi sono veramente ben fatti. Un momento di sospensione e riflessione dove Pietro si aggrappa alle storie dei viaggiatori per sentirsi forse un pò meno solo. Vedremo cosa succederà a Cosquín!
Grazie Gianluca per la tua lettura e per aver lasciato il segno al passaggio:)
Questo capitolo vuole essere davvero di passaggio, come un ponte che traghetta, ancora una volta, il protagonista da un luogo a un altro. Come dire ‘a una nuova vita’.
Eccolo qua un viaggiatore solitario, di quelli che piacciono a me, in un tempo in cui le difficoltà erano difficoltà vere ma altrettanto vere potevano essere le persone incontrate e sulle quali contare. Sono contento che questa storia abbia ricevuto un nuovo capitolo.
Ciao Roberto. Non ricordo se è stato con te che abbiamo parlato della bellezza del viaggio ‘in solitario’. Pietro ha paura, e d’altronde è comprensibile anche per la sua giovane età. Tuttavia, muoversi lo aiuta a formarsi. Esattamente come succede a ciascuno di noi. Grazie 🙂
Ciao Cristiana, abile narratrice.. mi associo ai complimenti già fatti e vorrei solo aggiungere che questo Pietro mi ricorda i personaggi dei Malavoglia, perennemente maltrattati dal Destino.. spero che lui si riscatti
Amo la letteratura che hai citato, ma ricordo che già da ragazzina, leggendo questi testi, pensavo che forse il Destino è una beffa creata per ‘ingabbiarci’ dentro a un sistema che apparentemente ci protegge. Ho sempre visto i personaggi del Verga come uomini incompleti, alla ricerca di qualcosa che non trovano perché non sanno guardare nella giusta direzione. Diciamo che il ‘pozzo’ ti dà acqua per sopravvivere, ma da lì non esci.
Questa lunga divagazione per dirti che forse Pietro avrà proprio una storia difficile, ma non perché il Destino lo perseguiti, quanto piuttosto perché la sua ‘fame’ non si sazia mai e la continua ricerca lo mette inevitabilmente nei guai che però fanno parte della sua formazione.
L’orgoglio più grande sarebbe, alla fine di tutto, sentirmi dire che mi somiglia, come succede con Isabel.
Grazie di cuore Furio per questo spunto di riflessione.
Cara Cristiana, il Verga li chiama “vinti”.. quindi vuol dire che hanno combattuto, ma contro un nemico troppo forte. Se ci pensi anche quasi tutti gli “eroi” di Hemingway sono degli sconfitti, malgrado la loro lotta nei confronti della Vita.. quindi, forse, Pietro è in buona compagnia 🙂
Mi sa che hai ragione. E comunque direi, un’ottima compagnia ☺️
Grazie per il viaggio, Cristiana. Attraverso le tue parole mi sono trovato a bordo di quel treno, sulla carrozza di terza classe, e al contempo ho rivissuto i pensieri di chi si trova a viaggiare da solo in luoghi che non gli appartengono, sebbene di grande bellezza, ma intuisce pure che le persone (specie quelle più semplici) sono in grado di offrire un legame, con le loro emozioni e i loro sentimenti. Come sempre, una piacevolissima lettura.
Sono io che ringrazio te che fai su e giù dai treni con il nostro Pietro 🙂
Adesso, è ora di ripescare Anahì, prima che si senta troppo trascurata 🙂
Grazie Paolo, di cuore.
Ciao Cristiana, che bello ritrovare la tua storia, l’aspettavo da tanto!
Bellissime le immagini del viaggio, il mare di verde, l’aria fresca, l’odore di carbone e pane sfornato. Trasmetti sensazioni vivide e, come era già accaduto durante il viaggio in mare, mi è sembrato di essere con Pietro.
Che meraviglia l’incontro con Santiago, spero di rivederlo. Per fortuna, in mezzo a incertezze e paure, Pietro trova sempre persone disposte ad aiutarlo.
Bravissima!
Ciao Melania, in effetti questa serie l’avevo messa un po’ a riposare…Ma io l’estate divento pigra 🙂
Ti ringrazio per continuare a seguirla e aspetto sempre le tue parole. Si accetta tutto, anche i suggerimenti per proseguire! 🙂
🌞 un lujo como siempre.. agradecido de todo esto.. Pietro un incansable “guerrero de la luz” y Anahí una prueba fiel de la belleza natural del mundo.. el amor es la fuerza mas sublime del universo.. fuerza guerreros 🌞
Esa increíble historia es tuya y mi tarea es escribirla lo mejor que puedo. Así que soy yo que te agradezco por toda tu confianza 💜
Mi mancavano Pietro e Anahí e sono felice del loro ritorno. I complimenti non te li faccio perché te ne ha fatti a sufficienza Fabius ;D. Tanto so che lo sai che sono sempre meravigliato dal tuo tocco leggero nello scrivere. Ti amo per aver citato Kurt Gustav Wilckens, personaggio complesso e interessante come lo erano Sante Caserio, Giovanni Passannante e Gaetano Bresci attentatori anarchici e come Sacco e Vanzetti anarchici pacifisti. Li accomuna tutti, colpevoli e innocenti la condanna a morte.
«La città è fatta per chi vive di illusioni. Fuori, invece, è la terra a comandare»
«La vita nei campi è dura, ma almeno lì abbiamo il cielo a farci compagnia e la terra a sostenerci.»
Due perle di saggezza, due mondi contrapposti: la città con le sue effimere illusioni e la campagna con la dura realtà della fatica nei campi, vissuta però con gioia tra un cielo amico e una terra su cui contare. Si può essere felici con poco e paradossalmente scontenti con tanto. Grazie Cristiana per queste righe, come sempre sei irraggiungibile.
Grazie Fabius. Sto cercando di ‘mostrare’ le due facce di questo Paese immenso e meraviglioso, raccontando i suoi contrasti interni, così evidenti. Come se passato e presente, tradizione e innovazione, camminassero a braccetto.