
Pareti levigate
Serie: Un pessimo desiderio
- Episodio 1: Colpevolezza
- Episodio 2: Aspirine
- Episodio 3: Pareti levigate
- Episodio 4: Lavaggio Speciale Sport – 52 minuti
- Episodio 5: Incrostazioni
STAGIONE 1
NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Per Martina le amicizie non hanno neanche la forma sfocata di un ricordo. Non ha mai avuto il tempo di crearne, coltivarle e assaggiarne i frutti. È così che la sua anima ha assunto le proprietà di una goccia del principe Rupert.
Martina sorrise timidamente, era una rarità trovare qualcuno che si schierasse apertamente dalla sua parte.
– Il dolore lo conosco bene e non mi spaventa, gli insulti hanno perso di significato ormai… soprattutto se provengono da persone tanto insulse. Non deve preoccuparsi per me prof! – Disse Martina seguendo il percorso delle fughe tra le piastrelle bianche rettangolari. Aveva solo voglia di ritornare nel suo anonimato e nel silenzio dei suoi pensieri scritti tra le circonvoluzioni cerebrali.
– Devo chiamare tuo padre per informarlo dell’increscioso incid— –
– NO, la prego! Non dica niente a mio padre! Penserò io ad inventarmi qualcosa… La scongiuro, non lo disturbi mentre lavora, non lo sopporta! – La ragazzina stringeva con la mano libera il bordo della cattedra, la sua espressione aveva la paura scolpita su ogni piega della fronte.
La professoressa la guardò nell’occhio scoperto qualche secondo in più del dovuto, poi sospirò affranta.
– Fammi rientrare in classe, va! Altrimenti mi metto ad urlare per la rabbia! –
Iniziò a rimettere a posto l’infermeria, chiuse l’armadietto dei farmaci e accompagnò la ragazzina fuori con una mano poggiata sulla schiena.
Richiuse a chiave la porta e senza girarsi, sospirò ancora una volta.
– Signorina Marini – parlò con lo sguardo sul pomello. – se… se avesse bisogno di qualcuno con cui parlare o semplicemente di una spalla su cui poggiare la testa, io sono qui! Non si faccia scrupoli. –
Martina restò interdetta per un lunghissimo istante, poi l’occhio buono assunse una lucentezza liquida cui non era più abituato da tempo.
– S-sì! Grazie prof. –
Ritornarono in una classe che poco prima di aprire la porta aveva il suono di un campo di battaglia.
***
Iniziarono davvero rumorosamente i primi giorni di prigionia.
Le urla del condannato Agni erano colme di una frustrazione violenta e rabbiosa. I pugni scagliati contro il muro della cella con la furia di chi era certo di consumarsi e morire rinchiuso senza la speranza di rivedere la luce del sole, facevano un rumore ovattato di una campana di vetro e della carne battuta. La stanza era stata riempita per metà di un liquido ambrato dall’odore caratteristico: rum caraibici, caramello, miele, melassa e scorza d’arancia. Il sapore era delizioso, ma non gli dava alcun conforto, neanche l’ebbrezza e lo stordimento di una ubriacatura forzata per scordare anche solo per breve tempo la sua condizione di isolamento completo.
Continuò ad urlare a lungo, insultando divinità, spiriti ancestrali, singole persone incontrate nell’arco di una vita e soprattutto se stesso. Urlava e sbraitava, colpiva e beveva, di tanto in tanto intonava una sorta di nenia triste e cadenzata che riecheggiava in quell’ambiente piccolo e circolare.
Il liquore poteva essere bevuto all’infinito: il livello rimaneva sempre quello. Sbraitò per anni, ad intervalli regolari, col tempo smise di colpire quelle pareti grigio scuro levigate e infrangibili e impiegò quei momenti interminabili per creare nuovi canti carchi di mestizia e rimpianti. Si dilettava oltretutto ad inventare nuovi insulti, che coinvolgevano il creato, i creatori, gli escrementi secchi di animali estinti e le loro madri colpevoli di rapinare gli organi genitali maschili di ignari passanti.
Ad un certo punto iniziò a interagire e a discutere con quel liquore che mandava dei riflessi sghembi e forse venati di una sottile ironia sulla condizione al limite della follia del bagnante che sguazzava al suo interno.
Quell’ambiente monocromatico, con una bella miscela equilibrata di giallo e arancio tendente al bronzeo, aiutava decisamente la discesa dei pensieri in luoghi poco raccomandabili ed ogni increspatura della superficie era un ghigno offensivo e provocatorio.
– È colpa loro! Se muoiono, vuol dire che sono deboli, che cosa c’entro io! La loro fragilità… quello sguardo colmo di terrore e di vuotezza, non è che mi diverta, ma mi infastidisce, lo capisci questo no? –
Un riflesso d’assenso balenò per un breve istante confortando Agni sulla correttezza del suo ragionamento.
– Proprio quello che intendo! Non meritano tutta questa attenzione e tutto questo accanimento su chi li considera poco più di animaletti morbidi da compagnia e poi, siamo NOI ad essere stati pensati prima di loro… Per carità, sono simpatici con tutte le loro preghiere e le loro richieste: ricchezza, amori, salute, una buona morte… Tsk! Tutto solo ed esclusivamente per il loro deretano. L’unica soluzione contro questo deprecabile comportamento è la purificazione attraverso il fuoco. – Agni rise di gusto alla sua stessa affermazione e vide che anche le onde capillari ridevano assieme a lui.
– Non pensavo potessimo mai andare d’accordo! – Diede una pacca amichevole al liquore e intonò una canzoncina di scherno dove descriveva la morte di ogni savio attraverso variegati e fantasiosi strumenti di tortura, riservando in ultimo la strofa sulla sua carnefice che prediligeva il tavolo di stiramento che con le sue forti e potenti corde e un ingegnoso sistema di pulegge, riusciva a disarticolare ogni singolo arto, trasformando infine il dolore in piacere, per terminare con una sorta di estasi mistica.
Passavano i giorni, i mesi e gli anni in un modo che Agni non riusciva a quantificare o verificare in nessun modo. Spesso entrava in uno stato di dormiveglia dove i suoi pensieri prendevano direzioni inaspettate, assimilabili solo ad una strana dimensione onirica quasi cosciente. Di quando in quando riprendeva a canticchiare insulti ai savi, alla Luce creatrice di una realtà putrida e liberticida, ma preferiva sempre di più passare il tempo in quello stato catatonico dove le sue immagini mentali prendevano una sorta di vita spontanea e che lo intrattenevano senza fargli perdere troppo il senno.
Era diventato un amico schietto e sincero del liquore che lo ricopriva fin sopra al ginocchio. Ogni tanto tirava su una gamba per controllare il grado di frollatura della sua pelle, ma non notava differenze, né tanto meno l’arto appariva bagnato o umido.
– Non mi hai fatto mai del male. Le tue erano solo provocazioni una specie di esame… vero? –
Serie: Un pessimo desiderio
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- Episodio 2: Aspirine
- Episodio 3: Pareti levigate
- Episodio 4: Lavaggio Speciale Sport – 52 minuti
- Episodio 5: Incrostazioni
Mi conforta che almeno la professoressa sia dalla parte di Martina. Purtroppo la maggior parte delle volte anche i professori chiudono gli occhi davanti al bullismo, anche se le scene sono davanti ai loro occhi. Forse perché è la via più facile o forse perché non sarebbero in grado di gestire la situazione. Questo, purtroppo, spiega ma non giustifica…
Ma tornando al racconto… il tuo punto forte, per quanto mi riguarda, sono le descrizioni e nella seconda parte del capitolo hai dato il meglio di te: non si tratta solo di quelle di luoghi e azioni, ma di come hai gestito e descritto la caduta nella spirale della “pazzia” di Agni. è stata la parte che più mi ha colpita! 😼
Povero Agnuccio! La sua prigionia potrebbe essere paragonata alla pratica della tortura del bianco o della stanza bianca… una sorta di deprivazione sensoriale che lo dovrebbe portare alla completa depersonalizzazione e perdita del senso di sé. Fortuna che a lui hanno lasciato la cella riempita a metà di un buon rum. Se vuoi, ti dico anche il nome del rum: Pyrat, in caso tu volessi comprartene una bottiglia! 😀
Come al solito il tuo commento è un toccasana, tipo una bottiglia di birra rossa pregiata nascosta nel frigo che riappare dopo una salatissima pizza allo speck! Grazie di cuore Mary!
Mi piace questo parallelo tra la storia di Martina e quella di Agni. Mi appaiono complementari, facce opposte di un unica medaglia. Lei capace di rispondere alla cattiveria con la bontà, e lui preda di una rabbia che sembra lo stia consumando (io sotto ci intuisco un qualcosa di fragile, che sta per spezzarsi, e pur di non farlo ringhia ancora di più…ma staremo a vedere)
Chissà chissà dove ci porti. aspetto il seguito! ♥♥♥
Aw! ♥ La smetti di commentare con parole che mi fanno sorridere come un deficiente? No, perché i colleghi mi guardano preoccupati…
Il ringhio di Agni è una conseguenza di una condanna per lui ingiusta. Passali tu un milione e duecento mila anni chiuso in una cella riempita per metà di un ottimo rum caraibico… Beh, io morirei praticamente subito per il coma etilico, ma a quanto pare Agni non la pensa allo stesso modo.
Martina invece non credo che sia così buona, più che altro penso abbia un carico di rottura decisamente elevato. Chissà se la spingeranno fin lì.
Grazie mille Dea! ♥♥♥
Martina è un ricettacolo di emozioni! Bravo hai catterizzato bene il personaggio. La seconda parte dell’episodio è una storia a se? Non è collegata alla vicenda di Martina?
Ciao Tiziana! Grazie infinite ♥ Martina è un personaggio che piace anche a me, soprattutto perché è un’accumulatrice di forti emozioni, soprattutto negative, almeno per ora.
Invece ti direi che la seconda parte è separata solo perché si svolge in un posto e in un tempo differenti.
Non farmi anticipare niente! 😀
🫡🫡 Capito, devo aspettare!
Ciao Emiliano, episodio denso e interessante, più scorrevole del precedente. Ci sono ancora tante domande senza risposta, sono molto curiosa di proseguire la lettura!
Ciao Melania! Grazie mille per aver assaggiato un goccio di rum che, tra parentesi, è anche il mio liquore preferito! Faccio addirittura lo spot al marchio che adoro, chissà magari me ne mandano un paio di bottiglie in omaggio: Pyrat XO Reserve 😀
Man mano i personaggi ti risponderanno volentieri! In fin dei conti la storiella è abbastanza lineare, anche se mi piace far venire qualche dubbio al lettore sul genere di racconto in cui si sta immergendo, con tanto di maschera e di boccaglio. ♥