Piccole persone

Serie: Un pessimo desiderio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Affrontare un esame è sempre una fonte di ansia e di tensione. La verifica cui è sottoposta la signorina Costantini, fortunatamente, è diversa dal solito e con un'attenzione particolare all'estetica di movimenti eleganti e studiati. Riuscirà a trovare il giusto equilibrio tra grazia e sapienza?

Per Dalila poteva essere tutto un grosso scherzo molto, molto elaborato.

I suoi occhi ricercavano freneticamente un qualcosa che potesse rivelarle la finzione, magari dei muri di cartone tipici dei set cinematografici.

Invece stava respirando un’atmosfera fin troppo seria e reale, anche se assurda.

Si girò verso il padre che intanto s’impegnava in una bella inquadratura con panoramica verticale del corpo della figlia, lo sentì sussurrare: «Dai, mostra loro di che pasta sei fatta.»

Così iniziò aprendo i due bottoni della giacca blu, nella sua testa si affollavano pensieri di pagine e pagine di testi di autori latini e greci che aveva quasi imparato a memoria, ma adesso questa novità inattesa del dover esibire il proprio corpo in pubblico la prendeva alla sprovvista, confondendo quelle pagine e gettando all’aria tutto lo schema mentale preparato con dedizione.

Sfilò la giacca cercando di fare dei movimenti eleganti, la afferrò con indice e pollice di entrambe le mani dalle spalle e la poggiò, infilandola delicatamente sullo schienale della sedia.
Stava decidendo se le convenisse prima sfilare i pantaloni o continuare sbottonando la camicetta bianca.

«NO!» Urlò il commissario esterno belloccio, dall’aspetto simile ad un Michael Bublè smunto, seduto accanto alla professoressa Sapuppo.
La sua disapprovazione fece trasalire l’esaminanda in maniche di camicia che emise un pigolio stridulo.
Da dietro la sedia della presidente si sollevò una bizzarra figura piccola e minuta vestita integralmente con una calzamaglia nera, indossava una grossa maschera bianca con un volto grottesco dall’espressione irata e impugnava una fionda professionale dotata di supporto per il braccio, armò il doppio elastico tirandolo con forza.

«La giacca andava piegata con cura e poggiata con il colletto rivolto verso lo schienale. Questo è un errore signorina.» Il professore crooner, fece un cenno con la testa alla presidente che, senza cambiare espressione sollevò la mano e abbassò il polso repentinamente.

L’elastico rilasciato emise uno schiocco gommoso.

Il dolore esplose feroce come una fiammata che divorava la mano destra di Dalila. La ragazza urlò sorpresa tenendosi il polso: il dito medio era decisamente fratturato e piegato con un angolo innaturale all’indietro.

«Continui pure signorina Costantini. Continui pure.»

«Ma che cazzo! CHE CAZZO! Mi ha rotto un dito. Quel nano di merda mascherato mi ha rotto un dito!» Dalila stava piangendo per lo sconcerto e i lampi acuti e lancinanti che le mandava il dito lesionato, cercava di far leva per raddrizzarlo mentre si gonfiava a vista d’occhio, il male però era violento e spietato.

«La prego signorina Costantini, non perda altro tempo. Altrimenti saremo costretti a segnalare un secondo errore.»

Dalila si girò in lacrime verso i genitori, sicura di vederli allarmati o preoccupati, pronti a sottrarla con veemenza a quella tortura camuffata da esame. Invece il padre stava inquadrando, con il prezioso cellulare color lilla, le sottili pieghe che i pantaloni disegnavano sui glutei della figlia.

Muoveva la mano libera in un cenno che voleva significare che non era successo niente di grave e che doveva andare avanti mettendoci più sentimento.
Lo sguardo era fisso sul display da sei pollici, quasi sette, di quel telefonino all’avanguardia che poteva addirittura riprendere filmati in quattro cappa senza alcuno sforzo.

Cercò il sostegno della madre, seduta in prima fila con il suo vestito grigio perla indossato solo per le occasioni speciali.

Anche il suo sguardo non si staccava dal display di un cellulare meno evoluto, ma pur sempre valido: stava cercando una buona inquadratura che mettesse in risalto le curve dei seni celati dalla leggera camicetta bianca di seta e da un reggiseno anch’esso bianco decorato da una fine fantasia in macramè.

Dalila venne presa dallo sconforto, le persone del pubblico che impietosamente la puntavano filmandola e scattando foto non proprio artistiche di quella situazione grottesca, erano aumentate esponenzialmente: una trentina di rettangoli neri, cromati o colorati stavano immortalando la disperazione di una maturanda confusa e atterrita.

«La prego signorina, riprendiamo il discorso da dove ci siamo interrotti.» La presidente sollevò nuovamente la mano in quella sua posa calma, ma carica di minaccia. L’ometto vestito di nero integrale e nascosto da una maschera di Papposileno, tirò il doppio laccio elastico.
Dalila notò qualcosa brillare all’interno della toppa di cuoio, un brivido l’attraversò lungo tutta la spina dorsale: era un grosso bullone d’acciaio, spigoloso, tagliente e pesante. Altro che falange fratturata, un proiettile del genere le avrebbe fatto saltare di netto l’intero dito. Con mani tremanti iniziò a sbottonare la camicia, il dolore che le trasmetteva il dito medio mentre armeggiava con le asole era straziante e i singhiozzi di un pianto disperato stavano prendendo il sopravvento sul brusio della sala.

«Signorina Costantini, potrebbe rispondere ad una nostra infantile curiosità?» Babbo Natale culturista accennò un sorriso cortese subito dopo la sua strana richiesta.

«Eh? C-cosa? Sì, sì certo, ma non colpitemi più, dite al nanetto mascherato di non farmi male… va bene?»

«Cosa ha provato quando ha letto sul giornale, quasi un mese fa, di Manuela?» I quattro commissari si sporsero all’unisono in avanti.

«Non so a cosa… Manuela? Non capisco.» Aveva sfilato la camicia, restando in reggiseno. Stava aiutandosi con la sedia per richiudere i bottoni e piegare l’indumento a dovere.

«Manuela Raciti. La ragazzina di prima C dell’anno scorso. Ricorda?»

Il dito di Dalila era diventato gonfio e lucido, sembrava più corto e il dolore acuto le impediva di pensare lucidamente, avvertiva anche una specie di scricchiolio ogni volta che tentava di muovere la mano o afferrare i piccoli bottoni. Continuava a piangere, tirando su con il naso con un ritmo regolare quasi musicale.
La sua mente visualizzò una ragazzina dai capelli corti biondo fieno, un ridicolo taglio a caschetto e degli occhiali con una montatura importante per delle lenti davvero spesse.

«Mi, mi ricordo che era andata via, che aveva avuto dei problemi in famiglia.»
Con la coda dell’occhio vide 
suo padre e altri due sconosciuti che tentavano di inquadrarle il capezzolo del seno destro sollevando i cellulari sopra la sua spalla.
Finì di piegare la camicia e girò il colletto in modo che puntasse allo schienale della seggiola.

«Ricorda anche il trattamento che lei e le sue colleghe le avete riservato per il breve periodo che è rimasta in questo istituto?» La professoressa Sapuppo parlava mentre prendeva degli appunti su una scheda suddivisa in caselle, con allegata sull’angolo a sinistra una vecchia foto di Dalila fatta durante il primo anno.

«No, nessun… A cosa si riferisce professoressa? Non capisco cosa c’entri ques—»

«NON FACCIA LA FINTA TONTA!» Il commissario somigliante ad un Bublè emaciato, batté una mano sulla cattedra con violenza, facendo sussultare la ragazza per lo spavento.

Continua...

Serie: Un pessimo desiderio


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

  1. Che incubo! Talmente reale che mi ha messo i brividi, un’inversione di ruoli riuscita ala perfezione. leggerlo ha fatto venire la pelle d’oca, e credo che anche scriverlo non sia stato per nulla facile, sei stato bravissimo! Ho avuto lo stesso pensiero che ha fatto Mary: Dalila ora cambierà? Eppoi, sono andata anche un poco più in là con le riflessioni. Mi è venuto in mente Alex de Large, in una specie di riflesso in questo meccanismo di azioni/punizioni…la violenza dei bulli è malvagia e inutile, ed ora he la bulletta è vittima, anche la violenza di chi dovrebbe farla riflettere ci appare malvagia. Utile? inutile? non sempre è facile capire quando e come si debba intervenire. Anzi. È un bel casino. Sono responsabilità mica da ridere. Bravissimo Emi stai scrivendo davvero una bella serie che fa pensare ❤️❤️❤️❤️

    1. Aw! ❤️❤️❤️ Mi piace quando mi scrivi tu perché posso rubarti i cuoricini! 😀 Ciao Irene! Hai centrato esattamente il punto! Parlo per mia esperienza personale: la mentalità da bullo, se radicata, non la cambi neanche con le bombe. È anche totalmente inutile cercare di intavolare una discussione costruttiva, se ti dicono che la Terra è piatta e tu li porti nello spazio per mostrare loro che hanno torto, ti diranno che quello che hanno visto non è reale, che è frutto di un gioco di luci, o di una sostanza psicotropa che hanno respirato o frutto di una realtà virtuale fasulla… L’unica via è quella di riuscire ad intervenire fisicamente (grazie ad un genio vendicativo nel nostro caso) e scambiare i fili dedicati alla creazione dei pensieri, della morale e del rispetto per gli altri. Valle a ripescare però un bel po’ di bottiglie di rum con dentro un genio!

  2. Mi domando se Dalila, dopo quest’incubo, cambierà. Oppure rimarrà la solita bulletta: prendere coscienza di poter essere vulnerabile tanto quanto gli altri, potrebbe incattivirla ancor di più pur di difendersi.
    Comunque sia, non sono certa di provare empatia nei suoi confronti dopo tutto quello che ha fatto.

    1. Ciao Mary! ♥ Più che empatia, è la curiosità di sapere se una tale condizione di stress psicologico riuscirà a modificare la sua linea di pensiero. Beh, non per fare spoiler, ma io direi che probabilmente potrà utilizzare solo un vecchio Nokia 3100. 😀

    1. Ciao Tiziana! ♥ Ma grazie mille! Adoro provare a descrivere delle cose che sai bene essere impossibili, assurde e fuori dalla realtà, ma in genere quando le vivi, che sia un bel sogno o un terribile incubo, sono perfettamente credibili e il bello è che nella tua testa ti crei anche la “lore” di quello che sta succedendo. I sogni, che siano brutti o belli, sono spettacolari! ♥

  3. Questo episodio mi ha tenuta incollata allo schermo, in un crescendo di violenza e sgomento. Si tratta di un sogno, ma è così vero che sembra di viverlo.
    I gesti lenti e sofferti della ragazza si alternano a quelli sincopati e sconsiderati delle persone che le stanno accanto, sopra tutti i suoi genitori.
    Mi sono chiesta ” È possibile provare pena per una persona che non ne ha mai avuta nei confronti degli altri?”

    1. ♥ Sempre la solita! ♥ Ciao Cristiana! Ogni volta che leggo i tuoi commenti vengo sopraffatto dai “brividi emozionali”. Perché riesci a scrivere quello che vorrei leggere! La mia idea, mentre immaginavo le punizioni delle bulle persecutrici della protagonista, era proprio quella di impartire loro una lezione abbastanza cruenta da stimolare una reazione di quasi pena nel lettore. E sapere di aver raggiunto lo scopo, mi regala quella gioia e quel sorriso che mi fa sentire soddisfatto!
      Cristiana, se potessi abbracciarti poi ti toccherebbe staccarmi via con la forza! Ti voglio un fracasso e anche uno sconquasso di bene. ♥