Pris

Serie: Un pessimo desiderio


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Cinque minuti passano in fretta. Ma se ci si ritrova all'interno di una mente particolarmente attiva, quel tempo si allunga e i cinque minuti diventano ore interminabili... come quando si sogna.

Mentre auscultava i battiti impazziti del cuore del suo nuovo amichetto, Martina trasse due profondi respiri, come ad assaporare ogni molecola dell’aroma di un ragazzino confuso e impaurito.

– Mi piace la tua giacca di pelle, ha un buon odore. Ed è anche di un bel bordeaux sangue rappreso, lo sai? –
– Ma che minchia sta succedendo qui? – Michele si girò di scatto con una furia dettata dal disagio messole addosso da quella ragazza, 

afferrandola per le spalle e scuotendola come una lattina di birra Corolla, la sua preferita.

– Che mi hai fatto? – La bocca era una smorfia lucida che lasciava scoperti i denti non proprio perfetti.
Martina si dissolse come una scultura fatta di finissimo zucchero a velo sorridente multicolore, formando un cumulo di sabbia da clessidra ai piedi del ragazzo con gli orribili jeans skinny fit neri.
Michele iniziò ad urlare, anzi, il suo era un misto tra un ringhio collerico e un grido isterico.
– Mostrami ciò che non hai mai confessato neanche a te stesso, mostrami quello che temi più di ogni altra cosa. – Martina lo sussurrò dolcemente all’orecchio destro del ragazzo, carezzandogli il collo con le sue unghie nere affilate come rasoi, tre linee verticali, sottili come capelli, spillarono goccioline scarlatte che unendosi formarono una goccia più pesante impregnando il colletto della maglietta di cotone candido.
– Oh! Ma guarda che carino che sei. Non pensavo fossi un sostenitore della causa animalista… – il sorriso di Martina somigliava ad un ghigno ferino adesso. Un sorriso maligno luminoso nella più totale oscurità.

Michele posò le chiavi del suo scooter nel posacenere poggiato sulla cassettiera vicino la porta d’ingresso di casa, che si chiuse con uno scatto secco.
– Pippo? Sei tu Pippo? – la domanda fu seguita da colpi di una tosse convulsa, cronica e inguaribile provenienti dalla cucina. Suo padre lo chiamava Pippo in onore dello zio, morto in una faida tra bande.
– Sì Pà! Sono tornato per mangiare una cosa e poi esco con Melo e Nico. –
Il salotto era un casino. Pacchetti di salatini, patatine, noccioline e pistacchi, avevano distribuito il loro contenuto su tutto il pavimento.
– Pà! Ma qua è un bordello. Non puoi mangiare roba salata, lo sai. –
Ogni passo era uno scrocchiare e un rotolare di gusci, di cioccolatini glassati, di semi tostati.
– Che cazzo di casino… – si disse calciando una grossa busta di Chetoos piccanti.
– Hai visto chi è tornata oggi? – Altri colpi di tosse, conditi da rantoli fischiati e suoni liquidi fangosi.
– Tutto bene pà? –
– Sì, sì… devo aver preso un colpo d’aria… – Si schiarì la voce, il respiro catarroso si sentiva a distanza.
– Chi hai detto che è passata a trovarti? – Michele cambiò faccia in un attimo: sul tappeto al centro del salotto, proprio tra il divano logoro e sporco usato dal padre e la TV da quarantatré pollici, capeggiava un enorme escremento. Il ragazzotto aggrottò la fronte per elaborare che ciò che stava guardando fosse davvero quello che il cervello aveva già etichettato: – Che cazzo… Pà! Ma hai cagato sul tappeto? –
– N-no! Michè, non sono stata io! – La voce non era più quella di suo padre, era quella della sorellina minore, Ada, venuta a mancare l’anno prima in uno strano incidente domestico. Michele si girò a guardare verso la porta della cucina con un’espressione di puro terrore.
– Pà? – chiamò con un tono interrogativo e tremante.
– Ma era… la voce di Ada? – Si alzò di scatto guardando sempre l’uscio aperto, potenti brividi gli attraversavano la schiena come una marea fatta di onde di vetro tagliente.
Una forma nera apparve urtando contro lo stipite, pareva un grosso sacco di patate lanciato con forza.
– Che caz…? – Michele sobbalzò per la sorpresa. Quella massa informe si mosse contorcendosi malamente, era come un grosso animale ancora vivo chiuso in una busta grande per l’immondizia, il controluce impediva di distinguerne i particolari… Michele non riusciva a capire cosa stesse guardando.
Una testa si sollevò piano guardando in direzione del ragazzo. Non era una testa umana.
– Ciao Pippo. Ti ricordi di me? – Disse una voce femminile distorta dal suono di una frequenza più bassa, come quando abbassi la velocità di rotazione di un vecchio giradischi: proveniva proprio da quel cranio canino dal pelo corto e nero con il muso rossiccio. La bocca di Michele subì un crollo strutturale, trasformandosi in una maschera di puro panico.
– Pris? Che cazzo… Priscilla? – singhiozzò piano. Il sedere del ragazzo divenne improvvisamente pesantissimo e con un rumoroso tonfo sordo cedette alla forza di gravità. Aveva le labbra che tremavano incontrollate, mentre gli occhi non trattenevano più le lacrime.
– Ah! Allora ti ricordi. Mi hai rotto quasi tutte le ossa, mentre ancora scodinzolavo per la gioia di averti vicino. Non ti vedevo da una settimana, non mangiavo da giorni ed ero super felice che fosse arrivato il mio amato padrone a salvarmi. –
Michele non riusciva più a parlare, stava piangendo con una mano infilata in bocca, la saliva formava un filo che scendeva a terra e che luccicava seguendo i singhiozzi. Avrebbe voluto fuggire via, ma il suo cervello sembrava bloccato, ingolfato dai ricordi di una rottweiler che l’aveva amato davvero, fino a quando lui e il padre avevano deciso di disfarsene eliminandola fisicamente. Le aveva rotto le zampe con un lungo tubo in acciaio galvanizzato utilizzato per l’acqua potabile.
– Non riuscivo a capire quale fosse stata la mia colpa, perché mai mi meritassi quella punizione, cercai di ripararmi dietro al mio divano preferito. Magari se stavo buona e zitta, mi avresti perdonata. Ricordi anche come facevo? – Pris inizio a guaire disperata per un tempo infinito.
– Ma tu niente… – Emise due brevi fischi di sofferenza canina.
– Mi hai massacrata di colpi. Hai continuato a colpire anche se avevo smesso di muovermi. – rise la cagna con quella voce irreale. – Poi papà Cosimo mi ha finita con il suo coltellaccio da caccia, infilandomelo nella nuca senza la minima esitazione. – Il cane si leccò il naso con un rumore liquido.

Serie: Un pessimo desiderio


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Young Adult

Discussioni

    1. Ciao Tiziana! ❤️ Grazie mille! Quando ho iniziato a scrivere avevo in mente qualcosa di cupo, rispetto a come scrivo di solito, ma non mi sarei mai aspettato di sconfinare in questa specie di slasher al contrario. Speriamo di non perdermi per strada! 😀