
QUELL’ULTIMO VIAGGIO VERSO LA CONOSCENZA
Serie: Storie pompeiane
- Episodio 1: QUELL’ULTIMO VIAGGIO VERSO LA CONOSCENZA
- Episodio 2: L’arrivo a Stabia
STAGIONE 1
Era il 79 d.C. quando Livio, liberto di Plinio il Vecchio, con fare preoccupato si accostò al suo padrone per consigliargli di allontanarsi al più presto da Capo Miseno. Plinio da giorni si trovava nella baia con la flotta di cui era il comandante in attesa di riportare le navi nei loro porti di provenienza, ma stava temporeggiando perché molto interessato a quei fenomeni tellurici che stavano sconvolgendo i paesi vesuviani. Quel trasferimento con la flotta era l’ultimo suo impegno assegnatogli dai poteri di Roma, poi sarebbe ritornato agli amati studi. Già da tempo, per i suoi interessi di uomo di lettere e di scienziato, si era sottratto a molti uffici pubblici e non vedeva l’ora di dedicarsi completamente a ciò che più gli premeva: concludere quell’enciclopedia scientifica che stava realizzando come sua ultima missione per il progresso del mondo. Ora, stando a Capo Miseno, voleva assolutamente studiare più a fondo quelle eruzioni che da più giorni stavano interessando tutto il versante campano. In tutto quel mese il monte Vesuvio si era comportato in maniera strana; da giorni dalla sua bocca usciva un pennacchio di fumo alto e denso che non prometteva nulla di buono. Ogni giorno le terre circostanti erano scosse a più riprese da sommovimenti del terreno e da fiotti di fumo che spaventavano la gente e ponevano tutti gli abitanti dei paesi circostanti in uno stato di perenne ansia. Tutti questi strani fenomeni erano diventati per Gaio Plinio Secondo, motivo di grande interesse scientifico. Poco si sapeva allora di eruzioni e di terremoti, perciò, l’uomo, da quando era giunto a Miseno, non faceva altro che parlare di quelle sconosciute manifestazioni che ormai si susseguivano quasi senza interruzione. Ora lo scrittore stava aspettando il momento più propizio per recarsi sui luoghi dell’eruzione e studiare in maniera più approfondita tutto quello che stava succedendo intorno a quel monte misterioso. E quando questo accadde, partì alla volta di Stabia munito d’inchiostro e papiri per poter appuntare anche il più piccolo dettaglio di quello straordinario avvenimento. Plinio assegnò proprio al suo fidato Livio il compito di redigere un rapporto dettagliato di tutto quello che avrebbero visto lungo il viaggio e di custodire quel prezioso bagaglio. La sete di sapere, in effetti, in quei momenti gli impediva di percepire il pericolo. Il buon Livio, invece, pur rassegnato a seguire il suo padrone in ogni sua peripezia, si rendeva conto che, quel giorno, le condizioni del tempo erano davvero pessime per mettersi in viaggio. Livio era entrato nella casa di quell’uomo famoso nella primavera del 75, dopo un viaggio avventuroso che lo aveva portato dalla Siria fin sulle coste di Ostia. In quei momenti, mentre la nave di Plinio stava iniziando la sua rotta per Stabia, Livio ricordava in maniera lucida tutte quelle peregrinazioni che lo avevano portato, alla fine, nella casa della scienziato di Roma. Già venduto ad un senatore di Roma, già più volte sballottolato di qua e di là, alla fine era diventato un dono prezioso per l’uomo di lettere regalatogli da quel senatore Claudio che aveva inteso così, sdebitarsi dei tanti favori ricevuti dall’amico per la sua ascesa politica. Livio, siriano convertito al cristianesimo, era entrato ben presto nei favori di Plinio, diventando, dopo poco tempo, il suo uomo di fiducia e suo segretario personale. Il giovane, infatti, aveva potuto avvalersi in quel frangente di quegli studi che aveva seguito presso la sinagoga del suo paese. Divenuto poi cristiano si era dovuto allontanare di lì e sfuggire a quelle prime persecuzioni iniziate ai danni degli adepti di quella nuova dottrina che allora era vista come una setta pericolosa. A Plinio tutto questo suo passato non aveva mai destato particolari interessi, apprezzando di lui solo la sua limpidezza spirituale e le sue capacità culturali. Con quelle Livio era riuscito a guadagnarsi i favori dello scrittore, tanto che un giorno questi gli aveva promesso di affrancarlo dalla schiavitù. «Preparati perché domani dobbiamo andare a Roma!» Così gli aveva detto quel giorno e a quella notizia egli esultò. Livio si preparava per la prima volta ad entrare nella città eterna: Roma! L’Urbe era un mito, una leggenda che racchiudeva in sé tutti i sentimenti e le espressioni del vivere civile. Ed ora, per la prima volta, stava per entrare in quei confini odiati che avevano alimentato i pensieri più funesti ed ostili del suo animo fanciullo. Ricordava che, in un primo momento, mentre Plinio lo conduceva sulla sua carrozza personale per le periferiche strade della città, aveva avuto un sobbalzo. Una popolazione chiassosa e miserevole si presentava ai suoi occhi, una plebe dimessa e grossolana circondava il convoglio con fare volgare e sguaiato, solo intenta a sperare qualche elemosina o qualche agognata offerta. Da quello spettacolo Livio rimase profondamente deluso, come stordito, per quella insulsa calca che si fregiava del titolo di romano. Poi, più avanti, improvvisamente la scena cambiò, incominciarono ad apparire i fori, gli anfiteatri, le fontane, le statue. Grandiosi edifici incominciarono ad affiorare dalle parti del Colosseo, statue, parchi, ville. Qui i volti, le fogge, il portamento degli uomini era assolutamente diverso. Livio ne rimase stupito, ed estasiato si voltava intorno per scrutare meglio quel mondo che gli si presentava davanti, quasi a scoprirne i segreti e le forze nascoste. Plinio di sott’occhio lo osservava in silenzio, ma con una certa fierezza. Il giorno dopo, questi l’avrebbe portato davanti al magistrato per affrancarlo dalla schiavitù. Era diventato un uomo libero, Livio, grazie alla generosità e all’umanità dello scrittore.
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