Ricordi

Serie: Adiacentia


    STAGIONE 1

  • Episodio 1: I passaggi
  • Episodio 2: Ricordi

Io e Lui rimanemmo lì ancora un po’. Quello era in assoluto il luogo che preferivo, iniziavo quasi a stare meglio. Ma non potevo fare a meno di pensare ad un fatto curioso: non ricordavo di essere stata scortata al mio arrivo. Anzi, ero sicura di essere arrivata lì da sola.

«Posso farti una domanda? Anche se hai già detto di aver dimenticato molte cose, ricordi il giorno in cui sei arrivato qui?»

«Ah quello lo ricordo bene! Sono precipitato dall’alto. Ma non so dirti cosa stessi facendo lassù e come mai fossi caduto. Però ricordo chiaramente la caduta, come al rallentatore: il vuoto, la paura, la disperazione. Ricordo le immagini che mi scorrevano davanti: dapprima le finestre del palazzo, una dopo l’altra. Poi ho iniziato a vedere scene della mia vita, come fotografie. Non ricordo lo schianto. È stato come se io fossi uscito dal corpo prima ancora che toccasse terra. Ero lì, in piedi, e vedevo me stesso senza vita sul marciapiede. Ho sentito la gente urlare, ho visto arrivare i soccorsi, insomma ho osservato tutto, ogni dettaglio. Poi, alla mia destra è comparsa una sfera luminosa che si avvicinava lentamente verso di me. Ho sentito per la prima volta questo strano profumo dolciastro e, non so perché, ho capito di dover entrare nella sfera.»

«Quindi, non c’era nessuno ad accoglierti, ad indicarti la strada.»

«No, ero solo.»

«Anch’io ero sola! Ma non capisco perché alcuni vengano scortati e altri no. Non mi sembra giusto.»

«Vuoi presentare un reclamo?» disse, prendendomi in giro.

«Dai, scherzo. In realtà tutto ha una spiegazione. Ma dimmi di te, come è successo? Racconta.»

«È stato un incidente. Era buio e stavo camminando per strada. Ero distratta: mentre camminavo verso casa, inviavo dei messaggi, quindi avevo gli occhi fissi sul telefono.»

«Ah quei maledetti cosi, ai miei tempi non c’erano. Sono stato fortunato.»

«Fortunato, non direi! Sei comunque precipitato da un palazzo.»

«Voi, nuove generazioni… Comunque, continua: poi cosa è successo?»

«Ho attraversato la strada e una macchina è arrivata dal nulla a tutta velocità e mi ha travolta. È stato un attimo e, proprio come te, anch’io ho avuto la sensazione di ritrovarmi fuori dal corpo poco prima dell’urto. All’improvviso ero già lì, in piedi ad osservare la scena. Mi ci è voluto un po’ per rendermi conto della situazione. E, adesso ti faccio ridere, sai a cosa pensavo? Al mio telefono. Non avevo avuto il tempo di inviare l’ultimo messaggio, così, mentre il mio corpo giaceva senza vita sull’asfalto, il mio unico pensiero era quello di trovare un modo per inviarlo.»

«Generazione bruciata.»

«Era un messaggio importante: stavo litigando con la mia migliore amica.»

«Ma quanti anni avevi?»

«Quattordici.»

«Povera fanciulla.»

«Fanciulla? Ma come parli?»

Non riuscivo a smettere di ridere, proprio come quando a scuola gli insegnanti pretendevano che facessimo silenzio, ma noi ridevamo ancora più forte.

Lui era simpatico, lo immaginavo come un vecchietto d’altri tempi: vestito elegante, con un berretto in testa e magari anche il bastone da passeggio in mano. La sua presenza rendeva quel luogo meno squallido, mi stavo affezionando.

«Volevo dire che eri molto giovane. Sicuramente sarà stato difficile per la tua famiglia.»

«Da quando sono qui, non ho fatto altro che pensare a loro. A mia mamma, in particolare. Mi piacerebbe tanto vederli.»

Lo dissi supplicandolo con lo sguardo: ormai avevo capito che attraverso i passaggi avrei potuto vedere le persone dall’altra parte e speravo che Lui mi accontentasse.

«E va bene. Non ci è permesso attraversare i passaggi, ma nulla ci impedisce di dare una sbirciatina. Dai, avvicinati e metti una mano sulla sfera.»

Ero così emozionata! Toccai la sfera: era simile a vetro trasparente, fredda e liscia.

«Adesso pensa a un luogo, oppure immagina la persona che vuoi vedere, così che la tua mente possa inviare il segnale per collegarti.»

Pensai alla mamma.

Al centro della sfera iniziò a materializzarsi l’interno di una casa: la mia casa! Era la cucina e la mamma era seduta su una sedia, con una tazzina di caffè in mano. Era in pigiama (allora forse si era appena svegliata). Stava parlando con qualcuno.

«Quello è mio fratello, guarda! Si chiama Niko. Sai, studia all’università.»

«Sembra un bravo ragazzo.»

«Sì, lui è forte.»

«Che c’è, non sei felice di vederlo?»

«Sì, è che l’ultima volta che abbiamo parlato sono stata un po’ dura: ho detto delle cose poco carine sulla sua ragazza. Cioè, in realtà lui sa che scherzo, solo che avrei voluto dirgli qualcosa di più gentile, se solo avessi saputo che non lo avrei mai più rivisto.»

«Ma no, ti stai preoccupando per niente. Lui sicuramente non avrà dato peso alle tue parole. L’hai detto anche tu: sa che scherzavi.»

«Oh guarda, quello è il mio cane: Otto. Vorrei tanto accarezzarlo. A te piacciono i cani?»

«Preferivo i gatti, ne avevo due. Strano il funzionamento della memoria: non ricordo il mio nome, la mia città, i membri della mia famiglia. Eppure, ricordo benissimo di aver avuto due meravigliosi gatti persiani.»

«Io verrò spesso qui a guardare la mia famiglia, così non correrò il rischio di dimenticare.»

«Ma devi lasciar andare i ricordi, fa parte del processo di guarigione.»

«Da cosa dovrei guarire?»

«Ti sarai accorta delle differenze tra noi e i Beati. Tu stessa hai affermato di avere la nausea e di non sopportare questo luogo.»

«E allora? Non è colpa mia se qui i colori sono così intensi da far venire l’emicrania.»

«È proprio questo il punto: non dovresti avere l’emicrania, dato che non hai più nemmeno il tuo vecchio corpo. Questo luogo è stato pensato come il naturale compimento di ciò che siamo stati. Ma il fatto che per noi non sia così “naturale”, significa che qualcosa non funziona come dovrebbe.»

«Quindi, per guarire dobbiamo dimenticare?»

«Sì, fa parte del processo.»

Serie: Adiacentia


Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. “Quindi, per guarire dobbiamo dimenticare?»«Sì, fa parte del processo.»”
    Bellissima, molto vera. Mi piace l’idea in sottofondo…che la guarigione continui in qualche modo anche dopo.

  2. Questo capitolo è stupendo ti fa riflettere. “Per guarire bisogna dimenticare” se non fosse così non potremmo lasciare le persone che amiamo. Scritto benissimo, il testo è fluido e ricco di suggestioni.👏👏👏

  3. È da pelle d’oca questa tua nuova serie. In generale, la morte mi spaventa, soprattutto quella dei miei cari e sono sempre molto attirata dagli aneddoti che la riguardano. Come si dice? Ciò che non conosciamo ci incute timore e ci attira allo stesso tempo. L’immagine della donna che, in punto di morte, vede i beati e rivolge a loro il proprio sguardo è davvero molto intensa. La tua scrittura è sempre pulita e scorrevole, hai quella capacità di prendere per mano i tuoi lettori e portarli, scivolando, fino alla fine.

    1. Ciao Cristiana, grazie ❤️ Sai, per anni anch’io ho avuto un rapporto davvero difficile con la morte (non che adesso non mi faccia paura, ma almeno riesco ad essere più serena). E proprio come te ho sempre avuto un’attrazione per gli aneddoti che la riguardano.

  4. Lettura scorrevole e coinvolgente. Dimenticare i ricordi per diventate beati é una teoria che mi sorprende e mi spinge a riflettere; forse in seguito ci dirai qualcosa di più per comprendere meglio questo punto.
    A presto. Un abbraccio.

  5. Sempre più interessante. Il concetto del vedersi appena l’anima lascia il corpo è abbastanza diffuso, chissà non corrisponda alla realtà. Poi per il dopo tutto è possibile. Avanti Arianna, stupiscimi!🌹

  6. Eh sì, chi si trova nell’aldilà per essere beato non deve preoccuparsi di quello che succede nella vita terrena e non deve avere nostalgie. Bello il passaggio in cui Lui dice che gli scorrevano nella mente episodi della sua vita velocemente; molti dicono che avvenga proprio così. Brava, brava, brava.👏👏👏