Ricordi, Ri-incontri

Serie: Amara Luna


Parla e parla e parla… e tutti la guardano senza staccarle gli occhi di dosso. Ci è riuscita. L’ascoltano tutti. Aveva un’urgenza di fama, fame di gloria, forse anche più di me. E ce l’ha fatta e si, forse anche più di me.       E si muove, si muove… non è stata mai di una raffinatezza impostata, più di un’eleganza inebriante, naturale e ingenua, spontanea ma seducente. Gli occhi però, impenetrabili, furbi e manipolatori a me dicevano altro. Non era naturale né spontanea, soprattutto non era ingenua. Giocava con le persone, le stordiva con i suoi incantesimi.

Io pensavo di essere immune alla sua magia e invece ero la sua vittima perfetta.

Quante volte la vita ci aveva messi sulla stessa strada, quante volte il caso si era fatto prepotente e aveva deviato i nostri passi fino a farli incrociare, eppure sembrava non essere mai il momento giusto: in che modo possono essere sbagliati i calcoli di un attento pianificatore come il destino?

O forse era proprio questo il piano malefico del nostro sadico fato: ci saremmo sfiorati fino a graffiarci la pelle, pugnalati i cuori con sguardi violenti, avremmo visto svanire i nostri desideri, svuotare la mente di tutti i sogni, tagliarci le guance con lame salate, senza incastrarci le ossa, senza scambiarci troppo a lungo i respiri, ma legandoci le anime con un filo di fiato per sempre.

C’è una perversione che attanaglia le menti di quelli come noi, una perversione masochista che ci costringe a sguazzare nella tempesta perché la calma non ci soddisfa a sufficienza. E tanto più cerchiamo di indagare sulle origini di questa perversione per estirparcela da dentro, per pulirci le anime, sporcare col bianco tutto quel nero, dare spazio finalmente al sereno, più ci rendiamo conto di non essere fatti per la quiete, di essere noi stessi un temporale e che non c’è spazio per il sole in mezzo a tutte le nuvole che ci portiamo dietro.           Lei era il mio sole e la mia tempesta ed io per lei lo stesso, un momento estate e poi l’inverno: piovevo su di lei e lei provava a rischiare il nostro cielo, le offrivo un mio raggio e lei mi scaricava addosso fulmini, e se c’era caldo, tanto caldo, poi all’improvviso arrivava sempre, maledettamente, il gelo.

«Di cosa volevi parlarmi?»

«Hai fatto tutta questa strada per sentirti dire cose che già sai?»

«Le so. Lo sai. Ti leggo dentro.»

«Che presuntuoso» interrompe

«Voglio sentirtele dire.»

«Sono stanca Ranieri.»

«Sei stanca Maria lo so. Hai questa tua strana fantasia dell’amore che reprimi e nascondi. Tu lo vuoi l’amore Maria, il tuo cinismo è un debole scudo, ferisce gli altri ma non ti protegge.»

«E allora Ranieri, se l’amore che voglio è l’amore normale, vuol dire che sono banale? La mia vita è tutta strana, posso desiderare almeno la tranquillità di un amore normale?»

«Non sei banale, per nulla. Sei straordinaria e meriti un amore straordinario. Non ho gli strumenti io, per dartelo, l’amore che dovresti desiderare.»

E così la riaccompagnai a casa, giurandole di fidarsi di me. Scese dall’auto, portandosi via tutta la luce, che per quanto fosse abbagliante, mi aveva reso cieco.             

 “Sarai mio per sempre” disse e scomparì, quel 25 Ottobre del 2020.

Quel giorno, non so dire ancora, se sono morto o se invece sono rinato.

Ero stato cieco, da quel giorno però vidi benissimo e vidi benissimo tutto quello che avevo perso.                                                  

“Sarò tua per sempre, tu mio invece non sarai mai. Ho sbagliato le parole. Tu non sei mai stato mio, non lo sei, non lo sarai e non sarai mai di nessuno. Molte, come me, ti apparterranno, tu invece non apparterrai a nessuno se non a te stesso.”                            

  Era il 24 Dicembre, diceva così il regalo più bello che avessi mai ricevuto nella mia vita, una lettera, con la sua calligrafia e il foglio con qualche goccia amara dei suoi occhi.

“Tu, non come tutti gli altri, sai mentire perfino con gli occhi. Così neri, densi, impenetrabili. Ma c’è una cosa che ti tradisce Ranieri: il tuo sorriso. Forse perché non sorridi mai.”

Amava coi piccoli gesti Maria e questo suo particolare e potente modo d’amare mi aveva sempre incuriosito. La guardavo amare gli altri e amare me, con una cura paziente, attenta, costante ma mai invadente, prepotente o eclatante. Era bizzarra nell’amare, così discreta e dolce che quando amava sembrava essere un’altra. Perché poi nella vita invece era per nulla discreta, era prepotente eccome. E se amare gli riusciva bene in silenzio, vivere lo faceva urlando.                                                          

Odiava le sorprese, un maniacale bisogno di controllo non le permetteva di godersele. Amava farle agli altri però, amava far sentire gli altri amati. E ci riusciva. Si chiedeva però perché non riusciva a farsi amare da me.

È di fronte a me. Non voglio mi veda, non voglio che rintracci il mio sguardo per caso tra tutta questa gente, non voglio che nulla accada più per caso. Non vorrei neanche tutte queste persone intorno, tutto questo rumore di niente, tutto questo frastuono che mi distrae da lei. Eppure sembra un faro, una luce potentissima e a poco poco tutto scompare, le voci, le luci, i volti, il tetto, la paura. Devo solo fare qualche passo, raggiungere la sua schiena, dirle che sono salito sul treno del destino, tenderle la mano e far salire anche lei.

«Maria»

«Ranieri?»

Serie: Amara Luna


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa, Amore

Discussioni

  1. “C’è una perversione che attanaglia le menti di quelli come noi, una perversione masochista che ci costringe a sguazzare nella tempesta perché la calma non ci soddisfa a sufficienza. “
    Questo passaggio mi è piaciuto