
Salita
Serie: Renata
- Episodio 1: Salita
- Episodio 2: Discesa (fine)
STAGIONE 1
Il sole era ancora dietro le cime innevate quando Andrea si incamminò tra le vie medievali di Rovereto. Attraversava i banchi in allestimento del mercatino di un sabato mattina primaverile con una mela in bocca e gli occhi sorridenti. Svoltato in Piazza delle Erbe, su un tavolino da picnic, alcuni reperti della Grande Guerra lo incuriosirono per qualche secondo prima di dirigersi verso il Castello. Attraversò il ponte sul Leno guardando le acque limpide e assaporando il rumore del fiume, poi si sistemò lo zaino bene sulle spalle e imboccò la salita verso Castel Dante con il tonfo degli scarponi che interrompevano il pacifico silenzio.
«Serve una staffetta» esordì il sergente Capuozzo con il suo accento napoletano.
I soldati si guardarono nervosamente e con gli occhi stanchi.
«Sergente, tra qualche ora avremo il cambio…non possono occuparsene quelli del Nono?»
«Baldi, ordini urgenti, bisogna portare un dispaccio al Trincerone»
Nel silenzio pesante rimbombavano i colpi d’artiglieria delle postazioni austriache. Tutti guardavano a terra, pregando silenziosamente di non essere scelti per quella missione.
«Vado io sergente.»
«Bravo Ceola.»
Mario si alzò e prese un profondo respiro.
«La conosco bene questa zona, farò più in fretta di altri»
«Ottimo, seguimi in baracca che ti consegno il dispaccio, poi parti subito.»
Mario raccolse il suo zaino, il fucile e mise l’elmetto in testa. Diede qualche colpo con gli scarponi pesanti e scomodi per levare il fango e uscì dalla postazione scavata tra le rocce.
«Sono tutti matti questi volontari trentini…» mormorò Baldi.
Dopo aver superato Castel Dante, Andrea si incamminò lungo la Strada degli Artiglieri e dopo qualche minuto si inerpicò su un sentiero in mezzo al bosco. Ben presto il sentiero divenne roccioso e i rami ancora spogli dalla stagione invernale lasciarono filtrare il sole caldo. Il giovane iniziò ad avanzare con l’affanno e a soffrire il caldo, si fermò per togliere la giacca leggera e restare con solo una maglietta a mezze maniche. Non si accorse di quanta strada aveva fatto, era salito di molto verso est e aveva una visuale dall’alto verso sud, sul pacifico sobborgo di Lizzana, la cima innevata del monte Baldo fino ad ovest, sulla cupola bianca dell’Ossario di Castel Dante. Chiuse per un attimo gli occhi e respirò a fondo. Quando li riaprì, la pace di quei luoghi lo riempì di energia e proseguì il suo cammino. C’era qualcosa in quei monti, in quella città , che lo facevano sentire a casa, nonostante si fosse trasferito da poche settimane. Aveva sì origini trentini, ma non aveva mai vissuto in quella regione e non l’aveva mai percepita come la sua terra. La vita lo aveva riportato nella casa dei suoi avi, come se qualcuno vegliasse su di lui e lo avesse guidato in quel cambiamento repentino della sua vita.
Mentre Mario si inerpicava per i sentieri, nascosto dal sottobosco e dai tronchi degli alberi abbattuti dall’artiglieria, la pioggia fine ma fitta divenne un nevischio che trasformò il sentiero fangoso in una pericolosa lastra di fango ghiacciata mista a neve. Mario ringraziò di essersi portato i suoi stivali da montagna, resistenti e chiodati, durante la fuga in Italia nel 1914. Mentre si arrampicava a zig zag nella terra di nessuno, sul monte conteso da italiani e austriaci, sentiva l’artiglieria diventare sempre più forte. Avrebbe voluto cantare qualche canzone per farsi coraggio, ma doveva lottare contro il ghiaccio silenziosamente. Nella sua mente cantò qualche strofa di un canto di montagna che aveva imparato a scuola. Erano passati pochi anni in fin dei conti, ma la guerra faceva sembrare tutto come lontano, confuso e disperso. Come se quelle persone fossero estranee. Il bagliore di una granata squarciò il buio della notte per una frazione di secondo e Mario fu scaraventato contro una roccia. Sentì dapprima caldo, poi un forte colpo, e infine il buio.
La salita finì, e Andrea iniziò a camminare nella pace della foresta. Il sottobosco era in fiore, con tantissimi insetti che dopo l’attesa invernale sfrecciavano di fiore in fiore fuggendo gli uccellini affamati. Un rumore più intenso catturò l’attenzione di Andrea e tra la vegetazione vide saltellare una cerva. La seguì rapito con lo sguardo tra gli alberi, salire su una roccia. Sorrise a quella visione ma dopo qualche passo si fermò. Tornò indietro e vide meglio la roccia che aveva saltato la cerva. Non era una roccia, bensì un muretto. Una certa inquietudine lo colse. Tolse la cartina topografica dallo zaino, la aprì e cercò dove era. Si guardò attorno e frugò nei ricordi di scuola le cartine del fronte della Grande Guerra.
«Possibile che sia una trincea?»
Continuò ad avanzare e iniziò a guardare quel sentiero con occhi diversi. Le rocce nascondevano postazioni di artiglieria, il sentiero non era altro che una vecchia mulattiera militare per collegare le diverse linee di trincee. Quando risalì la cima di una postazione fortificata, vide in lontananza le sagome degli edifici di Rovereto e, mischiato ai rumori del bosco, il suono della sirena che annunciava a tutta la valle che era mezzogiorno.
Le sirene dell’antiaerea destarono Mario dal suo torpore. Faticò a rialzarsi, con movimenti rigidi perché i muscoli stavano iniziando a soffrire il gelo. Sulla tempia destra il sangue caldo era quasi un sollievo. Le sirene continuavano a suonare e presto sentì i motori dei bombardieri Caproni che dagli aeroporti del Veneto facevano incursioni per bombardare le linee austriache e la città . Dalla cima di una roccia, Mario vide le esplosioni su Rovereto e le luci dell’alba mostravano la devastazione. Pensò alla sua famiglia, agli amici e conoscenti. Aveva saltuariamente notizie attraverso la Croce Rossa, sapeva che i civili in prossimità del fronte sarebbero stati evacuati dalle autorità austriache, ma dove? Nelle trincee circolavano notizie su campi di prigionia per i civili trentini allestiti in tutto l’Impero. Pensò alla sua Gina. Prima di partire avevano passato la notte insieme e lei le aveva scritto che dal frutto del loro amore aspettava un figlio. Erano passati mesi ma non aveva più avuto notizie. Raccolse il fucile e continuò determinato la sua missione. Doveva combattere, doveva rendere suo figlio italiano.
Serie: Renata
- Episodio 1: Salita
- Episodio 2: Discesa (fine)
Ciao caro Carlo e ben tornato qui su Open dove mancavi ed è sempre bello leggerti. Le tue storie non possono mai prescindere dai luoghi in cui si svolgono perché l’amore che provi per le tue terre diventa quasi il vero protagonista. I personaggi sembrano funzionali pur nella loro veridicità e fascino: essi servono da occhi perché il lettore si senta immerso in quella natura.
Non so perché, ma non riesco a leggere il secondo episodio. Spero sia solamente un problema momentaneo. Un abbraccio
Semplicemente perchè era nelle bozze ahahah
E meno male, allora, che me ne sono accorta 😅
Ciao Cristiana! Diciamo che mi sono preso una lunga pausa, ho bisogno di fare esperienza, vivere, e non solo immaginare le mie storie 😉 Di tanto in tanto però cercherò di essere più presente e di riprendere a leggere le vostre storie!
Da roveretano non posso che apprezzare il tuo racconto, cita luoghi che conosco molto bene e che ho frequentato fino a pochi anni fa: la salita al Zugna da Costa Violina passando da Malga Tof e poi su fino al Trincerone. A Lizzana ci ho abitato qualche anno, da giovane. Il racconto mi suscita commozione e nostalgia della mia città che, ormai, frequento poche volte all’anno pur non essendone lontanissimo. Credo che il racconto si svolga su due linee temporali: la prima di ricordi del tempo di guerra e la seconda di un’escursione fatta anni dopo ma, se non lo hai svelato in questa prima parte, avrai i tuoi motivi che ci svelerai nella seconda. Scrivi bene, resto in attesa di leggerti ancora. Se ti può interessare troverai tra i miei librick un racconto di fantasia che parla della Casa dei Turchi in Santa Maria. Un abbraccio.
Ciao Giuseppe! Che piacere e che sorpresa. Effettivamente la storia prende spunto dal mio vissuto, ho origini trentine, tra Rovereto e Riva del Garda, pur non avendoci mai vissuto ma avendolo visitato annualmente per trovare i vari parenti. La vita mi ha riportato proprio in questi luoghi che sto riscoprendo con occhi nuovi e quindi questa semplice storia è frutto delle riflessioni che ho fatto in un’escursione in solitaria nei sentieri dietro la Malga Tof. Sono veramente felice di averti fatto emozionare, leggerò volentieri il tuo racconto. A presto!
Bella questa storia tra passato e presente e molto riuscite le descrizioni. Sono curiosa di leggere il seguito, bravo!
Ciao Melania, grazie! Spero di non deluderti, onestamente è una semplice storia che ho pensato mentre effettivamente giravo per quei luoghi
Non sono mai stato nei luoghi che descrivi, ma mi hai fatto ricordare che a mio padre piace la montagna; invece a me risulta indifferente
Gusti
Ciao!👋 Prima di tutto, bentornato. Ritrovarti con una nuova serie, stamattina, é stata una meravigliosa sorpresa che dá luce a questa domenica iniziata con il cielo un po’ grigio.
La storia é interessante, molto realistica e credibile, come se fosse tratta da una vera storia famigliare.
Ho visto il video del bosco su Instagram: le immagini sono suggestive, penso abbiano attinenza con questo racconto, e mi chiedevo se il giovane fossi tu.
Aspetto i prossimi episodi – spero tanti – per tante nuove stagioni.
Un abbraccio.
Ciao Maria Luisa! In realtà è un semplice racconto diviso in due episodi, non una serie vera e propria. Ho dovuto tagliarla perché non raggiungevo il limite di parole. E sì, ho preso spunto dalla storia della mia famiglia, proprio ieri mentre passeggiavo come hai visto nel video 😅 Un abbraccio!