Sam e Bill

Serie: Lo spettro della foresta di Khoun


Nella foresta di Khuon si cela un’anima inquieta, legata a un amore spezzato e a una vendetta mai compiuta. C’è chi non crede alle storie, che ride delle superstizioni, proprio come il conte di San’Aten, ma scoprirà che amore e maledizione sono spesso la stessa cosa.

  

Bill e Sam se ne stavano seduti, come ogni pomeriggio, sotto il portico del Cluricaun. Sorseggiavano una birra, persi nei loro pensieri. La partita a carte era saltata e fissavano un punto indefinito nel vuoto, stremati dal caldo opprimente di una domenica di mezza estate.

Il Cluricaun si era trasformato nel loro rifugio perfetto: accogliente, intimo, con l’aria impregnata dal profumo di legno e birra. Con le sue pareti in legno scuro, il bancone di mogano lucido e i cimeli alle pareti, deteneva il titolo di locale con più carattere di Glanghery. Ma per Sam e Bill, la birra di Joe era la vera specialità, rinomata in tutta la regione e perfetta per i loro pomeriggi di contemplazione. Dal portico si godeva anche una vista privilegiata sulla città.

All’improvviso la porta del locale si spalancò, cogliendo i due amici di sorpresa. Una donna uscì come un fulmine, senza degnarli di uno sguardo. Trasudava collera e i pochi presenti percepirono subito la tensione che l’accompagnava. Si voltarono a osservare la scena, curiosi.

I lunghi capelli castani ondeggiavano ad ogni passo. Gli occhi verdi brillavano di rabbia e le guance arrossate tradivano l’emozione. Indossava una giacca di pelle nera sopra una maglietta bianca e i jeans attillati esaltavano le gambe snelle.

Poi la porta si aprì di nuovo.

Un uomo emerse con passo più cauto. Portava un elegante completo grigio. I capelli scuri, tirati indietro con cura, non bastavano a mascherare l’ansia che gli segnava il volto. Gli occhi si posarono su di lei per un istante, tradendo esitazione e frustrazione.

Il modo in cui si scrutavano, lei con la mascella serrata, lui con un respiro trattenuto, lasciava intendere che tra loro c’era qualcosa di irrisolto.

«Aspetta, Lisa! È tutto un equivoco.»

Lei si voltò di scatto, puntandogli contro un dito. «Come hai potuto?» La sua voce tremava. «Tu, essere insignificante, scherzo della natura. Come ho fatto a non accorgermene prima?»

Jason fece un passo avanti e alzò la mano verso di lei, senza trovare il coraggio di sfiorarla.

«Stai dando troppa importanza a qualcosa che non la merita. Sei l’unica donna che abbia mai amato, non conta nulla per me. I miei genitori mi hanno chiesto di essere gentile con lei, tutto qui. La sua famiglia è molto influente e mio padre spera di entrare in affari con loro.»

«Non hai mai avuto il coraggio di parlargli di me.»

«I miei genitori sono all’antica. Non c’è stata occasione. Alcuni argomenti vanno affrontati al momento giusto.»

Lisa rise, una risata amara e spezzata. «Arrivista, ipocrita, bugiardo!» La voce si incrinò per un istante, poi tornò tagliente. «Per mesi ho creduto alle tue storie, ma ora è tutto chiaro. Mi usavi solo per i tuoi capricci. Puntavi ad altro.»

«Non mi ascolti.»

«So tutto» insistette lei. «A Glanghery non si parla d’altro.»

Jason non rispose.

«Domani andrai a casa della dolce Sally a chiederle la mano. Lo neghi? Sta preparando la festa di fidanzamento: vestito scelto, appuntamento dal parrucchiere, ristorante prenotato.»

Lisa scattò in avanti, afferrò un sasso e, dopo un attimo d’esitazione, lo scagliò contro il parabrezza di un’auto. Il vetro esplose in una pioggia di schegge e un boato secco fece trasalire i presenti.

Jason corse verso la macchina con il volto contratto dall’ira mentre Lisa lo sfissava senza nascondere una certa soddisfazione. «Questo è solo l’inizio.»

Bill e Sam osservarono la scena in silenzio. Poi Bill sollevò il bicchiere vuoto con un gesto lento, quasi distratto. Sam capì e si alzò senza fretta. Tornò subito dopo con due birre fresche, posandole sul tavolo con un tonfo leggero.

Dei due amanti non c’era più traccia.

«Mai affrontare una donna arrabbiata se non si vogliono avere brutte sorprese» esordì Bill scuotendo il capo.

Sam sorrise, poi sollevò il bicchiere. «Rimpiangerà per qualche giorno il focoso amante, ma ne troverà uno più adatto in poco tempo.»

«Se la fortuna è dalla sua. Se no… è spacciato.»

Sam rise di gusto. «Esagerato.»

Bill tacque per qualche istante, in cerca delle parole. Poi si sporse in avanti e abbassò il tono della voce.

«Questa scena mi ha riportato alla mente una vecchia avventura.» Tacque qualche secondo per creare un attimo di suspence. «Una vicenda che mio nonno non ha vissuto in prima persona, ma molti la conoscevano e hanno preferito tacere.»

Sam trattenne il fiato.

«Era uno dei pochi che potevano raccogliere la legna migliore della foresta di Khuon e tornare a casa illeso. Amava quel labirinto di alberi! Di giorno lo descriveva come un santuario di ombre fresche e profumi di resina. Ma al calare del sole… tutto cambiava.»

Sam si sporse verso Bill, catturato dal tono ipnotico dell’amico.

«Di notte, si risvegliava una pericolosa creatura.» Si interruppe di nuovo e scrutò Sam. Poi, riprese con voce ancora più bassa. «Mi raccomandava sempre di non vagare di notte nella foresta. Diceva: “Mai rispondere alle domande di sconosciuti!”. Sapeva che dietro un quesito innocente poteva celarsi un tranello insidioso. Per questo visse una vita lunga e felice. Un privilegio che molti suoi concittadini non poterono vantare.»

Gli occhi di Sam brillavano di curiosità. «Che tipo di creatura?»

Bill si accigliò. Sospirò appena. «Era un fantasma, l’anima tormentata di una donna. Aveva un volto pallido come la morte stessa, incorniciato da lunghi capelli neri. Nei suoi occhi, tristi e senza speranza, brillava un bagliore sinistro. I pochi che avevano la sfortuna di incrociare il suo sguardo… scomparivano. Puff… Spariti. Nel nulla!»

Sam si allontanò di riflesso, senza interrompere il contatto visivo. «Incredibile!»

Bill annuì con aria grave e iniziò il suo racconto…

Continua...

Serie: Lo spettro della foresta di Khoun


Avete messo Mi Piace10 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Ho notato che Silvio ha già parlato dell’uso ripetuto di certe cose, quindi non ne parlerò anche io. Posso solo dire che sono certo che se ti allontani un po’ dallo scritto, e lo rileggessi con calma e maggior distacco ti accorgeresti tu stessa di tante cose. La tua scrittura comunque mi piace, anche se la percepisco ancora timida. Quasi vincolata da un rigore, che talvolta diventa eccessivo. Rompi un po’ gli schemi, hai tanto ancora da tirare fuori! E son sicuro che questo racconto è interessante, il tema mi piace molto. La forma invece, faccio fatica a mandarla bene giù

    1. Ciao Loris, grazie per i suggerimenti. Come ho spiegato a Silvio durante un nostro confronto, riprenderò in mano l’episodio e altre parti di questa storia appena avrò concluso un passaggio importante dell’altra serie che sto scrivendo, così da evitare il blocco che spesso ci colpisce quando rivediamo i testi. Migliorerò la forma. Spero che, dopo, la lettura risulti più piacevole.

  2. Ciao. Cosa dire, se non brava. Scrivi bene. Padroneggi i dialoghi e il tuo punto di forza sono i le descrizioni e la caratterizzazione dei personaggi. Tuttavia, se tu evitassi di inserire i gerundi, ne ho contati 15 e sono davvero troppi in un testo di solo mille parole. E non solo a volte ho notato qualche virgola di troppo che rallenta la lettura e in un caso mancava prima del ma. Inoltro ho notato l’uso eccessivo del verbo era/erano, ne hai inseriti la bellezza di 12 volte, ma in alcuni casi sono inutili e ti scrivo in privato per dartene una visione concreta. Con queste migliorie direi che il tutto rasenterebbe la perfezione. Spero di esserti stato utile. Ah, non è che io sia perfetto e lo vedrai quando capirò come funziona la pubblicazione in quanto non ho compreso la storia del capitolo stagione episodio. Di fatto è stata pubblicata la mia storia e, nell’accorgermi che non aveva il titolo, l’ho modificata con il rendermi conto che ho sbagliato di nuovo e quindi mi sa che dovrò rimodificarla ancora una volta. Insomma. il titolo della serie è I Dormienti e il capitolo primo da inserire è Alejandro… Come dovrei impostare il tutto?

  3. Ciao Tiziana! Come già detto da Melania, l’espediente del litigio per introdurre la vera storia è molto acuto: rende benissimo la dimensione dialogica del racconto, intrattenendo e dando il senso di essere seduti con i due personaggi, pronti per ascoltare la storia👏🏻

  4. Il primo episodio di questa serie mi stuzzica. La forma é levigata al punto giusto per essere fluida anche nei dialoghi. E poi dove ci sono Sally e Lisa non posso sottrarmi. Spero sia una combinazione fortunata per te, così come mi auguro possa esserlo per me, nella storia che andrò in giro a raccontare di un’altra Lisa e di un’altra Sally.

    1. Grazie mille! Spero di poter leggere la tua storia su Sally e Lisa. In questa hanno un ruolo marginale, è come se intonassero il primo “Fa” di una melodia, dando il via a una narrazione più articolata. Sperò che ti piacia anche il resto

  5. “Sam si allontanò di riflesso, senza interrompere il contatto visivo. «Incredibile!»”
    Hai una grande capacità di focalizzare l’attenzione di chi ti legge. Ci sono, nel racconto, tre cambi di scena perfettamente riusciti con un intermezzo davvero piacevole. Ho quasi pensato che la serie possa giostrarsi giocando con l’ingresso di vari avventori osservati dagli occhietti vispi dei due protagonisti. Poi, però, c’è stato l’inserimento, interessante, della leggenda che conferisce un alone di mistero. La frase che ho sottolineato è davvero spassosa perché, quei due, pare proprio di vederli! Mi piace molto l’idea e ti seguirò volentieri.

  6. Cara Tiziana, questo primo racconto mantiene alta l’attenzione del lettore. I dialoghi, le vicende di Lisa e Jason, il racconto di Bill e le descrizioni sono ben riusciti e molto belle. Complimenti!!!!

    1. Grazie, Alfredo! Il tuo commento è davvero incoraggiante. È la prima volta che strutturo una storia in episodi e non sono molto sicura del taglio che ho deciso di dare. Ho eliminato molte descrizioni e ridotto i dialoghi per rientrare nelle mille battute, e temevo di renderlo troppo piatto.