Scostamenti del cuore
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Tobia
- Episodio 2: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
- Episodio 9: Scostamenti del cuore
- Episodio 10: Un’altra notte sulla città
STAGIONE 1
Torniamo ai nostri due spasimanti quasi tradizionali. Come accennavo, Isotta aspettava quella sera, con una certa ansia, la chiamata di Tobia, che l’aveva lasciata in attesa all’appuntamento sotto la tramontana. Ma giunta l’ora in cui generalmente la scatola di bachelite emetteva il suo trillo caratteristico, questa restò muta.
«Ma come? Non chiami, razza di bastardo…» esplose Isotta, contrariata nel costatare che, oltre al nome da cane, l’uomo di cui si era innamorata aveva pure un cuore da coniglio.
Cos’era successo? chiederete voi.
Ve lo dico io perché non ci arrivereste mai: il telefono di Tobia era guasto.
Capitava, sapete? Ai vecchi apparecchi fissi, a seguito di rovesci e temporali, talvolta, in interi quartieri cittadini, mancava la linea.
Come prima istanza, Tobia aveva pensato di chiedere alla sua vicina di casa la cortesia di una telefonata, ma poi aveva cambiato idea, l’anziana signora aveva ancora un antidiluviano apparecchio a muro, posto proprio accanto alla sua poltrona: impossibile avere un po’ di privacy; in oltre la telefonata avrebbe potuto andare per le lunghe… meglio di no. Senza contare che sicuramente il guasto interessava tutto il caseggiato.
Dunque, si decise per andare a cercare una cabina pubblica in strada. E fu dura perché aveva appena finito di riportare la temperatura corporea ad una condizione accettabile, dopo essersi congelato in moto sotto il diluvio, ma c’era anche un altro problema: gli servivano i gettoni.
Che roba sono i gettoni, vi chiederete?
Bene, quando i cellulari erano usati solo dal comandante Koenig sulla Base Lunare Alpha, per la strada c’erano le cabine telefoniche, di cui oggi ancora si possono vedere antiche vestigia, queste erano dotate di apparecchi che funzionavano con una sorta di moneta in lega di rame, sagomata con due scanalature su un lato e una scanalatura sull’altro: i gettoni telefonici, appunto. Solo diversi anni dopo, quei telefoni sarebbero stati sostituiti con nuovi apparecchi in grado di digerire anche le monete correnti, ma questo a Tobia interessava il giusto.
Iniziò una ricerca per tutta la casa dragando i cassetti, rovistando sulle mensole, persino nei barattoli dove gli capitava di mettere le cianfrusaglie che reperiva svuotando le tasche, finché Tobia s’illuminò, aveva ricordato di averne usato uno per pareggiare una gamba del tavolo.
«Torna a dondolare, amico» disse, estraendo il prezioso tondino di metallo.
Scese in strada, e cominciò la rassegna delle cabine, alla disperata ricerca di un telefono che fosse sano; sì perché, quasi fossero veri emblemi dell’ordine costituito, questi erano presi di mira dal vandalismo giovanile… Ci volle un po’ di tempo, ma riuscì a trovarne uno a un paio di isolati. Sicché, con un notevole ritardo, compose il numero che ormai aveva mandato a memoria.
Torniamo però a casa di Isotta, ché fuori è freddo e umido.
L’avevamo lasciata che si stava domandando per quale motivo il Tobia non chiamasse. Era già trascorsa un’ora e, sforzandosi di vincere la resistenza opposta dal suo orgoglio, aveva deciso di chiamarlo lei; preoccupata in parte, ma in fondo sperando che potesse essergli successo qualcosa… Il telefono di Tobia non dava alcun segnale, era isolato.
«Ecco, che stronzo, non solo non chiama, ha pure staccato l’apparecchio» esclamò, infuriata come una belva per essersi da sola riaperta la sua ferita.
Ma mentre Isotta, per placare la carogna, si stava versando una camomilla…
Che poi, avete mai provato ad essere incazzati neri e cercare di calmarvi con una camomilla? Credetemi, non funziona.
Dicevamo, mentre l’Isotta tentava invano di sedarsi con l’infuso floreale, il telefono squillò.
Era lui, l’uomo col nome da cane.
Fu presa alla sprovvista, oramai s’era data pace sulla telefonata mancata ed era già passata alla fase “come gliela faccio pagare”. Pertanto, lì per lì, il suo “pronto” fu il suono più ambiguo che riuscisse a emettere; e ne fu fiera.
L’interpretazione di lei valse a poco, Tobia sentiva malissimo. La postazione telefonica era semi-vandalizzata: la cornetta c’era ancora, ma il cavo era stato messo a dura prova.
«Pronto… Pronto…» Abbaiò l’uomo-cane.
«Tobia, Cristo Santo, sei tu?» Strillò Isotta che stava perdendo le staffe.
«Il mio telefono è guasto! Sono in strada… Porca puttana, Isotta: mi spiace un casino per oggi! So che è difficile da credere, ma… ho bucato con la moto! Ho preso tutta l’acqua di sto cazzo di mondo fottuto, ma sono arrivato fino all’edicola lo stesso; Isotta, ero assiderato, col sacco nero a brandelli e le mani blu. Poi un vigile voleva multarmi perché avevo un pezzo di plastica nera in faccia…»
Isotta, che era riuscita a restare seria fino a lì, sull’ultima battuta si era arresa e aveva cominciato a ridere; non poteva farci niente: se lo era immaginato seduto sulla moto, vestito col sacco di cellophane nero sbrindellato e (pur non capendo perché) con un pezzo dello stesso in faccia… Be’, certo, lei non sapeva del berretto da baseball impermeabilizzato.
«Pronto, pronto, Cristo! Non sento un cazzo, telefono di merda!» Gridava Tobia, ma Isotta non aveva detto nulla, aveva solo riso: allontanando dal volto la cornetta.
«Come stai?» Chiese poi lei, teneramente.
«Eh…! Hai parlato?» Chiese Tobia a sua volta.
«Tobia, ma dai… voglio sapere se stai bene» ripeté Isotta.
«Ehm, grazie… oh cazzo, anch’io ti voglio bene!» rispose Tobia.
No, non potete chiedermi se davvero Tobia avesse udito male, non ve lo direi. Ma una cosa ve la dico: Isotta sentì benissimo e, forse solo perché inattesa, o forse perché quella frase le faceva davvero piacere: non tentò di spiegare che aveva detto un’altra cosa. Che poi lui chissà cosa avrebbe capito, nuovamente…
«Sentiamoci domani, ok?» Propose Isotta.
«Allora: buona notte» rispose Tobia.
Serie: Un giorno, il succedersi degli eventi, ritenuto preordinato, necessario e indipendente dalle finalità umane
- Episodio 1: Tobia
- Episodio 2: Freud e l’invenzione del telefono
- Episodio 3: Il numero galeotto
- Episodio 4: La notte porta un coniglio
- Episodio 5: Il primo appuntamento
- Episodio 6: Il primo appuntamento, come va a finire
- Episodio 7: Un fato vigliacco e fellone
- Episodio 8: Il dubbio, dopo la burrasca
- Episodio 9: Scostamenti del cuore
- Episodio 10: Un’altra notte sulla città
Mi associo a cristiana, pur essendo vintage questa storia è davvero attuale!
Isotta mi piace sempre più. Nonostante le peripezie, si preoccupa di chiedere a Tobia, stai bene, che è la domanda per eccellenza di chi ama davvero. e non lo corregge su quel ti voglio bene…Insomma, non si sono ancora incontrati, a io lo so, già l’amore è sbocciato!
Ciao Irene e grazie per il tuo commento. Spero tanto che il finale non sia deludente, dopo tutta ‘sta panna montata… ma non vorrei anticipare nulla ora, che ci si avvia verso la conclusione dove, è inutile dire: che avrete licenza di lanciare ortaggi, se non a me almeno alla voce narrante! A presto
Ciao Paolo 🙂
Stai raccontando una storia ‘vintage’ che poi, in realtà è modernissima! Innanzitutto parla di una relazione a distanza o comunque telefonica che non si allontana di molto dalla maggior parte delle relazioni odierne. Quei colpi di fulmine che scattano sui social e che restano sospesi e attaccati al filo delle promesse e delle scuse che chissà poi se sono vere.
Inutile dirti che leggendoti mi diverto tantissimo e che la tua storia è molto fantozziana. Lui è davvero improbabile e improponibile, ma lei sembra affascinata proprio da questo lato naif di Tobia. E, più lui ne combina, più lei si intenerisce.
Molto ben riuscita la figura del narratore narrante e onnisciente che sembra quasi diventare egli stesso protagonista della storia.
Scritto molto bene, come ci hai abituati e con dialoghi frizzanti e rivelatori delle caratteristiche dei personaggi. Vediamo ora come prosegue e se ci sarà o meno questo fatidico incontro fra i due.
Ciao Cristiana, grazie molte di aver recuperato questa storiella un po’ squinternata. Una cosuccia che avevo nel cassetto e che ho rispolverato e dove la voce narrante senziente rappresenta un esperimento sul quale più proseguo e più ho dubbi… salvo raccogliere apprezzamenti come il tuo, che mi stimolano a proseguire, verso le battute finali. A presto
Mi sembra i ritornare indietro nel tempo…. tutto paradossale ma reale. Forza Tobia!
Ciao TIziana, grazie e ben ritovata!
Mi sa che Tobia, adesso che è stato promosso a caniglia (ovvero una creatura ibrida tra cane e coniglio molto veloce), ce la farà a incontrare Isotta. Comunque, a Tobia, con un pezzo di cellophane nero sulla faccia, è andata bene: poteva finire in manette. Grazie, Paolo, per questi minuti che ci regali in compagnia di questi maldestri innamorati🙂
Grazie a te per Concetta per leggere e commentare questa storia senza pretese. Tra l’altro “caniglia” è assonante con “canaglia”, che sia un caso…? Riferito a Tobia, magari, ma a qualcun altro forse no. grazie ancora e a presto
Sembra passato un secolo, roba da baby boomers, quando si viaggiava senza smartphone, senza Google maps, ma con un sacchetto pieno di gettoni. La tua serie mi ricorda gli anni della gioventù, un “Amarcord” misto di nostalgia che hai saputo rendere piacevole con la giusta dose di umorismo. Grazie Paolo, per questi cinque minuti passati in compagnia del “tenero Tobia”.
Ciao Fabio e grazie a te per dedicare tempo al raccontino dell’uomo col nome da cane… A proposito di tenero Tobia, grande il tuo riferimento al “Tenero Giacomo” che, ai nostri tempi, impazzava sulla Settimana Enigmistica, ormai estinto anche lui, insieme ai dinosauri…
No, anche il telefono guasto🤦🏻♀️ però alla fine sono riusciti a parlare, che teneri ❤️ Chissà, magari riusciranno anche a vedersi, prima o poi!
Ciao Arianna, se dichiarassi che molte delle situazioni raccontate in questa sotria sono realmente accadute, temo non ci crederebbe nessuno, eppure… Grazie mille per il tuo tempo, a presto