
SOLO 3 PAROLE PER Mr. MUSKOLO
“Un momento di silenzio, prego! Su amici, facciamo un brindisi!” In casa Elgatt è un pomeriggio di festa. John Elgatt, da non confondere con John Elkann, è un uomo di umili origini. Ha invitato i suoi amici più intimi in quella fredda, brrrr, domenica d’autunno. A San Francisco le foglie cadono senza far rumore: è per non disturbare – do not disturb siamo negli States -. Le foglie chiassose non esistono in natura, fanno eccezione quelle di Chiasso, un comune del Canton Ticino: non ne potevano più del pacifico, quieto e silenzioso tran tran svizzero. Ritornando alle nostre foglie “francescane” le si vedeva ondeggiare leggere e leggiadre stando davanti alla grande vetrata nel salone della villa che si affacciava sulla grande baia. John l’aveva pagata qualche milionata, non la vetrata, la villa: 360 metri quadrati su tre livelli, senza un passaggio a livello. Non mancava una grande piscina e una dependance. Tutto intorno uno splendido giardino, ora vestito con i colori dell’autunno. In mezzo al verde un grande albero dalla folta chioma; sotto, le radici erano coperte dal muschio, tanto muschio verde, soffice, morbido. Les feuilles mortes cadevano a mucchi ricoprendolo.
John osservava quello spettacolo della natura assorto nei suoi pensieri. La sua rapida ascesa ai vertici della compagnia aveva dell’incredibile. Ma negli States tutto è possibile. Il capo, o meglio il boss, lo aveva chiamato a ricoprire quell’incarico prestigioso.

“I want You” erano le tre parole, come quelle famose del manifesto dello zio Tom, a cui John non aveva saputo dire di no. Ora era un uomo arrivato. Stare al vertice non è una posizione comoda, è instabile oltreché dolorosa; per questo bisogna stringere i denti, ma il culo è più indicato.

Wendy, sua moglie, una modella bellissima per gli standard americani, curvodotata e dai dossi pericolosi, era con le sue amiche a bordo del loro Yacht alle Maldive. Nel grande salone della loro casa, arredata con gusto ma anche con tanti dollari, più con tanti dollari che con gusto, John stava coronando un sogno. Anni addietro, quando ancora non era un manager rampante ma solo un signor nessuno, si era impegnato con i colleghi in una promessa: “Se mai dovessi arrivare ai vertici della compagnia, vi inviterò ad una festa hollywoodiana!” Ora il momento era arrivato, erano tutti lì, davanti a lui nella sua casa.
John: “Un momento di attenzione, per favore! Vi ricordate cosa vi dissi tanti anni fa?”
“Che non ti saresti mai sposato?” è Mike, il responsabile della privacy all’interno dell’azienda.
“Che non bacerei mai un uomo?” è Greg, un altro collega, un dirigente suo sottoposto in linea gerarchica.
“Che non guiderai mai una Tesla perché non è un’auto, è un PC con le ruote e invece eccoti con una Tesla model S?” è Jason, il responsabile dell’ufficio legale.
“Bravi, bravi! Grazie Mike, Greg e Jason, e anche tutti voi altri. Vi vedo curiosi e caldi” ribatte John.
“Dai continua prima che ci raffreddiamo!” un amico in fondo.
“Hai ragione, vi ho chiamati perché mi sentivo in debito con voi. Come sapete, quest’anno è stato per me un anno davvero eccezionale. Sono stato catapultato dove mai me lo sarei immaginato. Ora è giusto che mantenga la mia promessa. Eccoci qua allora, e la festa abbia inizio!”
“Hip Hip Hurrà!” una voce dal fondo della sala “Hip Hip Hurrà!” tutti in coro e ancora “Hip Hip Hurrà!”
John: “Ho per voi un regalo. Quanti siamo? In venti direi”. Prendendo un telecomando in mano John, con un semplice click, apre una grande porta scorrevole lasciando sbalorditi tutti gli amici “Ecco cosa ho pensato per voi, ho pensato a venti conigliette; una per ognuno di voi. Siete pronti per la caccia?”
Greg: “Ecco perché dovevamo venire da soli”.
Jason: “John puoi spegnere anche il caminetto, tanto sappiamo come riscaldarci!”
Un applauso entusiasta accoglie le venti ragazze.
Le conigliette, per buona pace degli animalisti, non erano dei conigli femmina; pericolo scampato anche per i vegani, non erano in umido con le patate. Erano comunque appetitose tranne che per Mark, un amico d’infanzia di John, che preferiva pietanze diverse. Non aveva ancora fatto coming out, non aveva il coraggio necessario, Annie, sua moglie, non avrebbe capito.
Erano tutte modelle bellissime, professioniste ben pagate, e non come quelle modelle anoressiche che vediamo sfilare nelle passerella dell’alta moda che nessun uomo vorrebbe mai incontrare per paura di toccarle, tanto fragili appaiono.
Erano sì provocanti, senza però essere volgari. Ometto invece di riferire i commenti volgari che le menti di venti maschi arrapati possono elaborare. Erano merce alla mercè di uomini senza scrupoli, specialmente quando soli, senza mogli o compagne al loro fianco. Averle lì sarebbero state una spina nel fianco.
Le Bunny Girl erano vestite, o meglio svestite, con la loro caratteristica “mise” distintiva: due lunghe orecchie nere pelose, un pon pon morbido bianco sul fondo schiena, un corpetto ben stretto con reggiseno a balconcino per esaltarne le forme, gambe e braccia nude, tacchi 12 e per finire un tocco di classe: polsini e colletto bianchi come Hugh Hefner docet.
I maschietti che mi leggono sono sicuramente informati; Playboy è stato il principale libro di testo dove poter aggiornarsi da autodidatti.
Femminuccie, inutile che fate finta di non conoscerle, perché chissà quante di voi si sono prestate al gioco per compiacere nell’intimità un marito voglioso o per ravvivare la fiamma del desiderio. Se tutto resta nel privato e nessuna foto o filmato viene postato in rete, non c’è niente di male, me lo ha detto anche un prete, uno ben informato sui fatti, perché i peccati, quelli degli altri, lui non li andava a cercare, li doveva ascoltare nel segreto del confessionale. Ne aveva sentite di cotte e crude accumulando una grande esperienza, e forse per mettere in pratica la teoria che aveva appeso l’abito talare. Lasciamo perdere i preti, spretiamoci per così dire, avranno molto da lavorare con tutte quelle anime smarrite, e ritorniamo alla festa. Tutto si consumava alla luce di tante candele accese per dare all’ambiente un’impronta privé. Ci mancava solo il Bunga Bunga ma ormai è solo un ricordo passato d’oltreoceano, anche se è diventato un marchio italiano nel mondo come la Nutella e la Ferrari, ma di cui non c’è da essere orgogliosi.
“Senti John, cosa ne pensi che farà Mr. Muskolo adesso che si è comprato l’azienda?” I woofer nelle casse audio Bang & Olufsen sparavano nell’ambiente decibel a manetta, mantenendolo sempre surriscaldato. “Non ti sento, cos’hai detto Greg di Mr. Muskolo?”
“Ho detto quale sarà la sua prima mossa?”
“È un imprenditore illuminato” risponde John“ anche se un po’ megalomane, ne vedremo sicuramente delle belle ma penso che le acque si calmeranno presto; probabilmente taglierà sul personale per riportare l’azienda al profitto. Sicuramente avremo molto da lavorare!”
Jason: “Sapete come Mr. Muskolo ha chiamato sua figlia?”
John: “Io sapevo solo di XÆ A-Xii, suo figlio”.
Jason: “L’ha chiamata Exa Dark Sideræl detta “Y”, in casa li chiama X e Y, peggio dei deportati che almeno avevano un numero marchiato sul braccio. Adesso sono sicuro che quella mente eclettica, per completare l’opera terminerà la triade chiamando il terzogenito Z-Log base13 The End”.
John: “Non farmi ridere. Pensa piuttosto a questi tre poveretti, saranno anche i figli dell’uomo più ricco del mondo, ma queste sigle rimarranno loro appiccicate per sempre, come una palla al piede”.
Jason: “Sai quanta gente si farebbe adottare da lui, nonostante quella palla!”
Poi, cambiando discorso, John: “Con questa confusione ho spento lo smartphone, tanto non si sente niente qua dentro”.
“Anche noi” ribattono Greg, Jason e Mike abbiamo avuto la stessa idea, tanto cosa vuoi che succeda in queste poche ore!”
“Che scoppi una bomba atomica!” la battuta di John.
Poi prende la parola Greg: “Tu sei arrivato al vertice e noi, parlo al plurale, ti dobbiamo tutto perché ci hai trainato al seguito. Non ce lo dimenticheremo mai”.
La festa proseguiva nella villa. Era come in un film già visto: il solito sesso (Max Gazzè), droga e Rock’n roll, ma non mancava l’alcol; i 4 vizi che stimolano le radici neurochimiche del piacere, lo ha detto Piero, Alberto e Angela, i tre divulgatori scientifici di riferimento. Da poco sono rimasti solo in due: Alberto Angela.
John: “Devo sentire mia moglie, vado un attimo di sopra che c’è meno confusione”. Poi pensando tra sé “Ma dove ho messo lo smartphone? Ora ricordo, sopra la cassettiera in camera da letto”.
Fatte le scale in velocità, percorso un lungo corridoio la grande stanza matrimoniale si presentava in fondo.
“Questa casa è troppo grande, faccio maratone senza uscire di casa.”
Aperta la porta si dirige verso la cassettiera, un settimino intarsiato artigianalmente che valeva una cifra, fate voi.
Acceso lo smartphone una scarica di notifiche lo investe.
“Vediamo, le solite cazzate.” Poi, skrollando il video un mittente lo allerta; ha l’icona verde muschio: è un messaggio di Mr. Muskolo:

La bomba atomica era scoppiata con solo tre parole, mentre altre tre le possiamo solo che immaginare:
“Sei un bastardo!”
Altri tre messaggi analoghi aspettavano di essere letti ma non voglio rovinare la festa a Greg, Jason e Mike. Lasciamoli divertire ancora per un po’.
Mentre scrivevo questa storia la radio suonava una vecchia canzone di Valeria Rossi: “Dammi tre parole, sole cuore amore………….” la mia preferita.
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Bellissimo racconto Fabius, sempre spassoso sarcastico ed ironico. Bravo!
Grazie Carlo, siamo una coppia affiatata: io con la mascherina e tu di schiena.
Bello e altrettanti irriverente questo racconto. Irriverente come la realtà. In più ci regali anche qualcuno dei tuoi giri di parole e doppi sensi. L’ho letto molto volentieri. Penso, fin’ora sia quello che più mi è piaciuto
Grazie Cristana! Se hai letto tutti gli altri 55 librick ti meriti un premio: 🏆la coppa di Fabius P. Sono stato abbastanza irriverente?
Molto! E se poi io accettassi la sfida e ritirassi la coppa?
Divertente questo librick! Poi le conigliette…
Ma sono 6 parole Kenji: 3 + 3! Sono contento che ti sia piaciuto. Non ho trovato foto delle conigliette gratis, erano tutte a pagamento per via del copyright, ovviamente. Mi dispiace, e ne ho perso di tempo a sfogliare pagine e pagine web! Ma è stata una ricerca appagante anche se infruttuosa.
Ah, be’, io poi apprezzo moltissimo le anglosassoni…