
Stanchezza
“Sono le sette, anche stamani mi sono svegliato alla stessa ora senza sveglia” borbottó Gianni. La
flebile luce che attraversava la finestra lo spinse ad alzarsi. Viveva solo da cinque anni nella casa
ereditata alla madre. Conduceva una esistenza placida barcamenandosi tra un lavoro che non lo
interessava e la frequentazione di qualche amico di lunga data. Ormai era scisso in due: la parte
esteriore di se visibile a tutti, perennemente imbronciata con un’ aria assonnata che lo
accompagnava dovunque ed una parte interiore più avventurosa nel pensiero che peró si scontrava
con la realtà di tutti i giorni. Anche oggi era stanco apparentemente senza motivo. Una brioche
regalatagli dal suo vicino di casa rendeva più dolce la mattinata. Non riusciva a liberarsi da una
fastidiosa ecolalia che si manifestava quando era solo in casa; questo disco verbale contribuiva a
creare quella spossatezza che poi era la causa di tante rinunce. “Anche oggi eccomi qui” sussurró
allo specchio. Erano le quasi le nove quando una telefonata lo destó dal torpore casalingo: “Sono
Maurizio.” “Si lo vedo” mormoró Gianni. Dopo qualche secondo la voce di Maurizio proseguì:
“Ciao mi potresti portare da Marco verso le due oggi?” “Va bene” rispose Gianni, e spense il
cellulare. Maurizio aveva qualche problema di salute che gli impediva di essere pienamente
autonomo e così talvolta chiamava Gianni per un aiuto. “Forse mi merito di più“ pensó Gianni
relativamente al suo lavoro, quando era in macchina per andarci. La solitudine casalinga in cui si
era ritrovato si stava prolungando: questo non gli pesava, diceva lui, quando gli altri gli chiedevano
come stava; la verità era un’altra. “Buondì.” “Ciao.” Erano i soliti saluti che sancivano l’incontro
con i suoi colleghi. Si ripeteva una routine fatta di file excel da riempire e studiacchiare, di
scannerizzazioni da completare, di calcoli mentali da svolgere velocemente; non è che tutto ció non
gli piacesse ma pensava che le mansioni che gli avevano assegnato non rispecchiassero le sue reali
capacità. “Ciao a domani” disse Gianni, con le consuete parole con cui si congedava la sera prima
di uscire dall’ufficio. Tra i vari tarli che lo assediavano c’era la assoluta mancanza di attività fisica,
Gianni pensava spesso di iniziare un programma di esercizi da svolgere quotidianamente ma non
riusciva mai di fatto ad iniziare. Insomma una vita tranquilla rotolava a velocità costante giorno
dopo giorno.
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