
Storia di un mendicante
C’era una volta un mendicante che viaggiava per tutti i paesi chiedendo l’elemosina e portava sempre con sé una borsa. Un giorno, arrivato in un paesino, vide, in un vicolo, un’asse su cui erano stati messi a seccare dei ceci. Nella casa c’era una donna e il mendicante chiese se poteva dargli qualche cecio, ma la signora disse di no.
«Che possa arrivare un colpo di vento e buttarli tutti a terra!», disse il mendicante.
Neanche aveva finito di parlare che si alzò per un attimo un vento così forte che buttò inesorabilmente a terra tutti i ceci. Il mendicante tentò di raccoglierli, ma, per quanto si sforzasse, in mano gliene restava sempre e solo uno. Così decise di prendere quel solo cecio e di metterlo nella bisaccia e si avviò verso il bosco dove dormiva, prima di raggiungere il paese successivo sulla strada all’alba.
La mattina seguente, giunto nell’altro paese, chiese a una donna che abitava la prima casa di poter lasciare la borsa e che lui sarebbe tornato la sera, dopo aver chiesto l’elemosina. La signora fu d’accordo e il mendicante lasciò la bisaccia nella rimessa.
Tornato la sera vide dentro la borsa ma non trovò più il cecio.
«Signora, in questa borsa avevo un cecio ma ora non c’è più».
«Mi dispiace, ecco perché il gallo si aggirava lì vicino, l’avrà mangiato».
Il mendicante non volle sentir ragioni.
«O mi dai il mio cecetto o mi dai il tuo galletto».
La signora, non sapendo cosa rispondere, accontentò il mendicante e gli diede il gallo. Il poverello se lo mise nella borsa e si avviò per dormire di nuovo nel bosco.
La mattina seguente si trovò in un altro paese ancora e fece la stessa cosa del giorno prima lasciando la bisaccia con il gallo in una delle prime case del paese. Chiese l’elemosina tutto il giorno. Intanto il gallo riuscì a uscire dalla borsa e si avventurò nelle vicinanze della casa, finché non si avvicinò troppo ai maiali e uno di questi gli diede un morso e il gallo morì. A mezzogiorno la proprietaria della casa lo spennò e lo cucinò per mangiarselo. Arrivata la sera, il mendicante tornò e prese la bisaccia, ma la trovò di nuovo vuota.
«Signora, in questa bisaccia avevo un gallo e ora è vuota».
«Mi dispiace, ma il gallo è riuscito a scappare, si è avvicinato troppo al maiale che l’ha ucciso e oggi lo abbiamo mangiato».
«O mi dai il mio galletto o mi dai il tuo maialetto».
La signora era dispiaciuta e, non sapendo cosa dire, regalò al vecchio un maialino. Il mendicante lo mise nella borsa e si avviò verso il bosco.
Il giorno dopo la storia si ripeté. Lasciò la borsa da una signora, ma il maialino riuscii ad uscire e si avvicinò troppo al cavallo che, infastidito, gli sferrò un calcio con lo zoccolo e il maialino ci restò secco. Come l’altra volta lo cucinarono e se lo mangiarono. La sera il mendicante tornò e trovò la borsa vuota.
«Dentro questa borsa avevo un maialino ma ora non c’è più».
«Oh, mi dispiace, ma il maialino è uscito e avvicinandosi troppo al cavallo questo gli ha tirato un calcio ed è morto, oggi lo abbiamo mangiato».
«O mi dai il mio maialino, o mi dai il tuo cavallino».
Il mendicante fu accontentato e questa volta fece la strada a cavallo.
La mattina dopo si trovò in una città e, come sempre, lasciò il cavallo in una delle prime case, lo mise nella stalla e andò a chiedere l’elemosina. Destino volle che in quella casa ci fosse una bambina che stava morendo e da due o tre giorni piangeva perché moriva senza aver assaggiato una bistecca di cavallo. I suoi genitori erano poveri e non potevano permettersi quel lusso quindi, quando arrivò il mendicante a cavallo, lo videro come un segno dal cielo e lo scannarono e si abbuffarono di carne di cavallo.
Quando, la sera, il mendicante tornò e non trovò il suo cavallo chiese cosa fosse successo. I genitori della bambina gli dissero la verità e che la loro bambina, dopo aver mangiato la carne, era guarita e si era alzata dal letto. Il mendicante non volle sentire ragioni.
«O mi dai il mio cavalletto o mi dai la tua bimbetta».
«Come la mia bimbetta? Non posso mica lasciar venire la mia bambina con te».
«O mi dai il mio cavalletto o mi dai la tua bimbetta», continuava a ripetere il mendicante.
I genitori non sapevano cosa fare e cominciarono a piangere. Gli chiesero di restare un po’ per abituarsi all’idea.
«No, a mezzanotte devo andare via».
«Allora resta con noi stasera, dormirai sulla paglia e io ti sveglierò a mezzanotte».
Il povero contadino architettò un piano. Mise in un sacco un cane più o meno dello stesso peso della bimba e anche una brocca d’acqua tappata.
A mezzanotte andò a svegliare il mendicante e, a malincuore e piangendo, gli consegnò il sacco con dentro il cane e l’acqua. Il mendicante non sospettò nulla e si avviò per la salita. Mentre camminava, il cane cominciava ad agitarsi e grattava il sacco, intanto il tappo si svitò e cominciò a gocciolare un po’ d’acqua addosso al mendicante.
«Non fare la pipì ora bimbetta, aspetta che arriviamo in cima».
Il cane si agitava sempre di più e l’acqua cadeva sempre, ma il mendicante non si fermava ripetendo sempre le stesse parole. Finché il cane non riuscì a fare un buco abbastanza largo, saltò fuori, morse il mendicante al naso staccandoglielo e corse via.
Il mendicante allora disperato diceva:
«Ciucc qua, te’ pan e cas e dammi il mio nas», (Vieni qua, tieni pane e cacio e dammi il mio naso).
Continuava a ripeterlo, ma il cane era già lontano.
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Non conoscevo questa storia, però mi ha riportato alla mente le favole che mi raccontava mia nonna. Scritto benissimo, complimenti 👏
Funziona molto bene nella sua spirale di incantamento, tipica delle tradizioni orali, dei racconti narrati accanto al fuoco dagli anziani ai bambini, quando fuori fa buio. Quale sia la fonte, conta molto la modalità di trasmissione, e quindi di organizzazione del congegno, che in questo caso sospende mirabilmente l’incredulità, come personalmente mi è accaduto, avendola letta con la sensazione di ascoltarla, palpandone la voce bassa, le sospensioni, i silenzi, fino al crepitio delle fiamme.
Si, proprio come me le raccontava mia nonna da bambino. Ricordo il buio della campagna che, nelle notti estive, ci regalava lo spettacolo più meraviglioso: il cielo stellato che con la sua magia rendeva quelle storie ancora più entusiasmanti.
Ho letto che è una rivisitazione. In ogni caso è ben riuscita. Mi ha fatto tornare in mente, fra l’altro, “Alla fiera dell’est” che proviene a sua volta da una tradizione popolare e si bassa anch’essa sulla reiterazione di una stessa cellula narrativa iniziale.
Grazie per il tuo commento, non sapevo questa cosa.
Questa storia mi è molto familiare. Ricordo di averla vista, con una volpe la posto del mendicante, in un video YouTube con storie Ungheresi. Molto carina nel complesso, ma credo sia possibile aggiungere qualcosa in più per renderla più originale.
Grazie, a me l’hanno raccontata e l’ho riportata come la ricordavo. Grazie per il suggerimento
Ho divorato anche questa favola, veramente bella e scorrevole.
Grazie
Racconto delizioso, mi ha riportato a tanti anni fa quando il mio maestro delle elementari verso fine lezione ci faceva sedere per terra intorno a lui e ci raccontava favole come questa.
A me, invece, le raccontava mia nonna davanti al camino nelle notti invernali. Momenti indimenticabili. Grazie
Di favole n’ESOPOco. Forse il caciocavallo deriva da questa storiella, chissà. E tu cosa nascondi nel sacco? Lo scopriremo solo vivendo.
Mi piacciono i tuoi giochi di parole. Non porto sacchi con me, ma ogni tanto ne riempio uno con le risate. Poi ho qualche scheletro nell’armadio e qualche sogno nel cassetto. Vedremo
Ho letto in un commento ad una favola precedente che si trattava della rielaborazione di una storia antica che si narra dalle tue parti. Lo è anche questa? Il pensiero che con un singolo cecio il mendicante avesse migliorato via via la sua vita mi aveva rallegrata, fino al punto finale in cui l’uomo, preso dall’egoismo e dall’avarizia, pretende l’impossibile: la punizione è meritata.
Si, anche questa è una favola della mia regione. Non ho inserito la morale, ma mi sembra chiara come hai detto tu. Grazie
Molto divertente questo librick!
Grazie per averlo letto