Su Tiau
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Le rose e le rouge
- Episodio 2: Jean
- Episodio 3: Tattoo
- Episodio 4: Il professore
- Episodio 5: Carletto
- Episodio 6: Il Cinese
- Episodio 7: Il giornalista
- Episodio 8: Clara
- Episodio 9: Le jacarande
- Episodio 10: Carmelo
- Episodio 1: Da Biagio
- Episodio 2: Rosso rubino
- Episodio 3: La signorina Bellini Sforza Contìni
- Episodio 4: Il maresciallo Ercole Lo Piccolo
- Episodio 5: Colpa d’Albino
- Episodio 6: Rosa furiosa
- Episodio 7: E strunz
- Episodio 8: Pierre de Ronsard
- Episodio 9: A tavola senza cadaveri
- Episodio 10: Il signor Marino
- Episodio 1: In fuga da Pietro
- Episodio 2: Il buono, il cattivo e il maresciallo
- Episodio 3: François Dubois
- Episodio 4: Laura
- Episodio 5: Viola Testa
- Episodio 6: Calogiuri
- Episodio 7: I vecchi
- Episodio 8: Elia Boidu
- Episodio 9: La bestia
- Episodio 10: La festa
- Episodio 1: Il fantasma del bar
- Episodio 2: Uccel di bosco
- Episodio 3: Una notte spettrale
- Episodio 4: Ciccino
- Episodio 5: Mitza Manna
- Episodio 6: Su Tiau
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
STAGIONE 4
Le foto incriminate avevano tutte lo stesso volto della ragazza distesa sul letto, col seno nudo, turgido e acerbo di un’adolescente. Sulla testa aveva un cappello nero, da uomo, un papillon al collo e un sigaro in mano. Sul pacchetto – posato sopra il comodino di fianco al letto – il marchio era ben visibile: lo stesso dei toscanelli blu anice che il professor Bellu fumava ancora, quando insegnava, durante l’ora della ricreazione, nel piazzale sul retro della scuola.
La ragazza era la figlia, unica e intoccabile, del professor Dante De Magistris, preside dell’ Istituto Magistrale Maraini. Quando il dirigente della scuola aveva visto le foto aveva rischiato un infarto, per uno sbalzo brusco dell’ipertensione arteriosa di cui soffriva da anni. Da quando sua moglie aveva scelto di vagabondare, in giro per l’Europa, con uno che strimpellava la chitarra, cantava come una rana e diceva di essere un artista, lui e sua figlia vivevano soli, spesso distanti e sperduti in una casa su tre livelli, di trecento metri quadri. La signora delle pulizie iniziava a rassettare le stanze il lunedì mattina e finiva il venerdì pomeriggio, con le camere buie che venivano arieggiate solo per evitare la muffa. Era stata lei, l’unica donna di fiducia che gli fosse rimasta, ad avergli consegnato le foto della figlia, trovate sotto un libro, sopra la scrivania della cameretta, mentre stava spolverando.
La ragazza si era giustificata raccontando al padre di essere stata costretta. Diceva di essersi lasciata convincere ad andare al mare, in cerca di immagini per un concorso fotografico importante, sul tema dell’ambiente. Giurò che avesse cercato di rifiutarsi, quando il prof le avrebbe imposto di spogliarsi. E mentre cercava di fuggire, lui l’avrebbe spaventata a morte, con un frustino, facendolo schioccare in aria, per minacciarla.
Il preside, dopo aver trascorso alcune notti in bianco, aveva convocato quel docente del suo istituto, tra i più stimati fra i colleghi, che attraverso sua figlia aveva mostrato il suo lato più oscuro e perverso. Dopo aver fatto a pezzi quelle foto, aveva dato fuoco con un accendino. Poi, con poche parole e un tono che non ammetteva repliche, l’aveva costretto a lasciare l’istituto seduta stante. Gli avrebbe risparmiato una denuncia, purché rinunciasse all’insegnamento di qualsiasi materia, nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, ad mortem. Una decisione, a lungo ponderata, dovuta alla paura di uno scandalo che avrebbe travolto sia lui che sua figlia.
Il tentativo di discolparsi, di negare e supplicare il dirigente non erano valsi a nulla. La carriera scolastica del professor Bellu terminava lì, per sempre, dopo dieci anni di insegnamento da precario e altri dieci di ruolo, di cui otto da pendolare, viaggiando persino in autostop, o sul dorso di un mulo, per arrivare alle sedi più impervie dell’isola.
***
Gli scossoni del vecchio Fiorino con gli ammortizzatori un po’ scarichi, di tanto in tanto, facevano sobbalzare le due donne, lungo la strada campestre che, dal canile, conduceva fino alla strada statale. Dai finestrini semi aperti entrava un levantino leggero che trasportava i profumi delle piante selvatiche sparse nei terreni intorno. Aromi che, a tratti, diventavano più intensi, dove i cespugli di viburno e caprifoglio intrecciato ai rami dei ligustri, crescevano più folti, fioriti e odorosi, lungo il canale di scolo, sul ciglio della strada.
Dopo qualche minuto di riflessione, Valentina aveva rotto il silenzio. «Ma Cicci, o Ciccino – come lo chiamano – ha confessato?»
«Ha confermato di essere andato da Pietro, il giorno in cui è morto. Non poteva negare. La scatola nera, il dispositivo satellitare installato nella sua macchina per motivi di sicurezza e ritrovamento in caso di furto, aveva permesso alle forze dell’ordine di tracciare i percorsi fatti in quello sciagurato venerdì 17 luglio.»
«Ha confermato il motivo per cui lo ricattava?»
«Ha confermato che Pietro era in possesso di altre foto identiche a quelle bruciate dal preside davanti ai suoi occhi. Poi, però, ha continuato a negare che fosse lui l’artefice di quegli scatti. Si è dichiarato innocente sia della morte di Pietro che del reato di Rivince Porno, come lo chiama il maresciallo. In pratica per esecuzione, appropriazione e diffusione di foto osé, senza il consenso della ragazza.»
«Tu cosa pensi?»
«Non so, Vale. La fruttivendola, quella della bancarella in piazza Figu ‘éra, molto tempo fa mi disse di aver saputo dalla madre di una compagna di scuola della ragazza in pose sexy, che quella lì volesse vendicarsi per la bocciatura dell’anno precedente e che ne temesse anche un’altra. Si era sparsa la voce che volesse ricattare il professore e la situazione le fosse sfuggita di mano. Nessuno faceva nomi del suo possibile complice. “Forse un’amica”, dicevano.»
«Un’amica che poi l’ha tradita, vendendo le foto a Pietro?»
«Boh?! Che ne so. Ammettendo che quella lì avesse voluto architettare un piano per vendicarsi, non dimentichiamo che esisteva pure l’autoscatto. Un borsalino nero come quello che aveva lei sulla testa, pare glielo avessero rubato in classe; anche se, inizialmente, lui credeva di averlo perso chissà dove.»
«Ma quali sono le prove che hanno trovato in casa sua?»
«Il maresciallo è stato un po’ vago: quel poco che la ragazza indossava in quelle pose scabrose, era tutto ben conservato in casa sua. Quindi credo abbiano trovato il cappello, il papillon uguale e forse anche qualche pacchetto di toscanelli della stessa marca.»
«E il frustino?» aveva aggiunto con un sorrisetto malizioso.
Clara, aveva sorriso a sua volta, prima di scuotere la testa, perplessa, non conoscendo la risposta.
«Da chi ha saputo, Lo Piccolo, la storia delle foto?»
«Quando iniziarono a indagare per la morte di Pietro, furono in tanti a essere convocati in caserma. Molti subirono un interrogatorio in piena regola. Qualcuno di questi, forse gli ha messo la pulce nell’orecchio, insinuando o riferendo ciò che aveva sentito sul conto del cugino Francesco Bellu. Anche per fugare i sospetti che pendevano su di loro, non avendo un alibi ma più di un motivo per far fuori Su Tiau, come lo chiamavano i suoi compari di merende. Testimoni oculari del delitto o disgrazia che fosse, a quanto pare, non ne sono emersi, né allora, né oggi.»
Serie: Le rose e le rouge
- Episodio 1: Il fantasma del bar
- Episodio 2: Uccel di bosco
- Episodio 3: Una notte spettrale
- Episodio 4: Ciccino
- Episodio 5: Mitza Manna
- Episodio 6: Su Tiau
Cara Maria Luisa, tu riesci sempre, in maniera elegante e delicata, quasi in punta di piedi, a riequilibrare ogni situazione, anche la più complicata. Sai far tornare in perfetto equilibrio i piatti della cosiddetta bilancia.
La violenza è un flagello che colpisce in maniera trasversale. Non le importa nulla del genere e non fa sconti a nessuno.
Non è il primo caso in cui un uomo viene screditato o peggio, la sua vita rovinata per accuse infondate. Casi di uomini cui vengono ingiustamente sottratti i figli, casi in cui vengono accusati di violenza che non hanno commesso e vedono la propria vita rovinata. Tu non prendi le parti di nessuno, bensì ti limiti ai fatti e lasci che sia il lettore a farsi una sua idea, in attesa di altri elementi.
La tua storia ‘lavora’ a 365 gradi, come se tu le girassi attorno e noi con te. Mi sembra quasi di essere in una sorta di percorso a spirale che, piano piano, ci conduce verso il centro.
Ciao Cristiana, ti sono davvero grata per queste tue parole che, ancora una volta, colgono esattamente ció che che ho cercato e – confesso – non senza difficoltà, di comunicare con questo ed altri episodi della serie. La mia indole e la mia formazione mi porterebbe (per sorellanza), a mettere in evidenza la questione delle vittime di violenza di genere, che sono per lo piú donne, Non a caso oggi é la giornata internazionale dedicata a combattere il continuo ripetersi di questi reati. Non posso ignorare, peró, quelli che, in certi casi, vengono accusati, processati e persino condannati pur essendo innocenti, forse perché… la giustizia non é uguale per tutti?
“Dai finestrini semi aperti entrava un levantino leggero che trasportava i profumi delle piante selvatiche sparse nei terreni intorno”
Che meraviglia ❤️
Questa frase – giuro – l’ ho scritta pensando a te. Nel commentare l’ episodio precedente mi avevi fatto notare che in questa serie non ho inserito alcuna descrizione sulle caratteristiche della nostra isola. Anche qui non ho descritto granché, a parte questa piccola nota sugli aromi dovuti ad una minima parte della vegetazione diffusa in varie zone della Sardegna, che ancora si salva dai roghi estivi. Ti ringrazio per averla notata e messa in evidenza.
💜
Wow, episodio davvero interessante! E rimane aperto l’interrogativo: cosa sarà successo realmente? Sono molto curiosa di scoprirlo.
Grazie Arianna. Presto, molto presto, altre rivelazioni, qualche sorpresa e un rimedio inaspettato per…
Allora, inizialmente mi mancavano dei pezzi. Poi ho letto gli altri commenti e ora so che questo racconto fa parte di una serie. Bene, adesso già torna tutto di più.
Eppure, anche se fruìto come lettura a sé, riesce ad avere un suo senso compiuto.
Ad appassionare e a instillare dubbi.
Un bel racconto giallo, pensato e ben costruito. Brava.
Grazie Simone, leggere la parola giallo nel tuo commento conferma i miei propositi e mi rallegra. É la tinta che speravo di far prevalere in questa serie, nonostante un tocco di rosa e di rosso che compaiono anche nel titolo. Ci ho messo anche una spruzzata di verde che non puó mancare, di qualche prato, fiore o cespuglio. Manca il blu del mare, quello del cielo si puó immaginare. Ho trascurato il viola, a parte il nome della sorella di Rosa; quindi non so ancora quanto sia riuscita ad avvicinarmi al genere “arcobaleno” a cui aspiro.
Sei comunque nella giusta direzione, mi pare. Buon lavoro 😉
Grazie Simone; buon lavoro anche a te.
Ciao Maria Luisa, stai continuando a confondere le acque e ti riesce molto bene. Mi ero immaginata il professore in modo totalmente diversa e tu continui a lasciare il dubbio che la verità non sia ancora emersa.
Bravissima!
Ciao Melania. Povero professore, personaggio simbolico che doveva rappresentare l’ importanza dello studio, della conoscenza e della letteratura. L’ unico al di sopra di ogni sospetto che poteva spiazzare, sembrando colpevole di un omicidio volontario o involontario. Sinceramente, peró, ti confesso che distruggere una figura che rappresenta ció che ha contribuito a dare un senso alla mia vita, non so se riuscirei a sopportarlo.
Questo episodio è costruito benissimo, mi associo al commento di Tiziana. Sei riuscita a darci dettagli e indizi, senza però fornirci nessuna certezza su quella che può essere la verità. Possiamo soltanto provare a riscostruire, formulare ipotesi, proprio come stanno facendo i personaggi della tua storia. Tra l’altro, sollevi anche una questione di cosa e dove stia la vera natura delle persone. Pietro non era certo un santo, eppure mi sono chiesta: meritava la fine che ha fatto? E la ragazza, che inizialmente mi pareva una vittima, sul finale, con il dubbio dell’ipotesi vendetta, mi è addirittura a apparsa come “carnefice”…insomma, per quanto ci sforziamo, per quanto tendiamo a giudicare o etichettare le persone in modo univoco, i punti di vista sono sempre parecchi e la verità non sembra mai essere una.
(Nota tecnica: non so se è un problema soltanto mio, ma vedo questo episodio come racconto singolo e separato dal resto della serie…)
Ciao Irene, grazie di cuore per le tue parole che mi rassicurano sullo scopo che speravo di raggiungere, evitando verdetti facili e certezze molto difficili da trovare. E soprattutto grazie per la vicinanza che continuo a sentire, malgrado la lontananza fisica, geografica e… diciamo pure anagrafica.
Per quanto riguarda il mancato inserimento dell’ ultimo episodio credo sia un piccolo problema tecnico che in qualche modo si risolverà.
Ciao Maria Luisa, mi piace molto questo episodio per come controlli il punto di vista. Una focalizzazione limitata. Non conosciamo la verità. Vediamo tutto attraverso le percezioni dei personaggi: l’orrore del preside, le giustificazioni della figlia, la disperazione del professore, i pettegolezzi del paese. La scrittura ti immerge in queste soggettività contrastanti, costringendoti a dubitare e a interrogarti, proprio come fanno Valentina e Clara. Voglio credere che il professore sia innocente.
Grazie Tiziana, le tue parole sono di gran conforto. Questi ultimi episodi della serie mi stanno facendo tribolare piú che mai. Sono molto combattuta sul modo di far apparire i personaggi e la loro vera natura. Le notizie di cronaca ci informano quotidianamente sulla disumanità dilagante. Sappiamo bene che la dualità esiste, anche in ciascuno di noi, ma ció che prevale non puó essere – e di fatto non é – sempre il lato peggiore dell’ individuo, uomo o donna che sia.
Condivido la sua visione, che verifico ogni giorno lavorando nell’ambito della Giustizia, un contesto che mi porta a incrociare il lato più oscuro della società. Eppure, è proprio lì che a volte si compie il miracolo più umano: la presa di coscienza. Assisto a processi interiori faticosi, in cui le persone non si limitano a riconoscere il male compiuto, ma iniziano a scavarsi dentro per capirne le radici e, dove possibile, porvi rimedio. Non è un perdono facile né una giustificazione, ma un duro lavoro su se stessi. È questo che mi porta a credere che la vera natura umana non stia semplicemente, nell’essere buoni o cattivi, ma nella capacità di scegliere da che parte stare, anche dopo aver sbagliato.
Grata e onorata per queste tue parole che vanno oltre i nostri soliti commenti stringati. Le tue considerazioni infondono speranza, confermandomi che il mondo é ancora ricco di risorse umane per andare avanti. Grazie a persone come te, capaci di profonda empatia, che hanno una mente e un’ anima che non si é persa nel buio di un’ epoca che sembra precipitare ogni giorno di piú nel vuoto o nelle tenebre mentali e spirituali.